Il Trionfo della Morte: la caducità umana nel XIV secolo

Un tema iconografico medievale ispirato a quel senso di caducità umana diffuso in Europa al termine di secoli di guerre, carestie e pestilenze.

Il Trionfo della Morte: la caducità umana nel XIV secolo Anche il Trionfo della Morte, così come la Danza Macabra, è un tema iconografico medievale ispirato a quel senso di caducità umana diffuso in Europa al termine di secoli di guerre, carestie e pestilenze.

Fu proprio negli anni immediatamente successivi alla Grande Peste del 1348, che Francesco Petrarca aveva realizzato per esempio il suo proprio Trionfo della Morte, parte di un poema allegorico chiamato I Trionfi.

L’apparizione della Morte in Petrarca non è qualcosa di apocalittico o inquietante, ma lirico e malinconico, eppure i successivi affreschi del Trionfi della Morte avranno ben altre caratteristiche, rappresentando piuttosto la fine del mondo, il crollo dei regni degli uomini e l’anticamera del giudizio universale.

Diffuso soprattutto in Italia, Francia e Germania, il Trionfo della Morte si trova spesso abbinato alla Danza Macabra o all’Incontro dei Tre Vivi e dei Tre Morti, ma costituisce comunque un tema pittorico a se stante.

Il suo significato più semplice e il suo messaggio più immediato sono racchiusi in un’opera moderna, la Ballata in fa diesis minore di Angelo Branduardi:

Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell’oscura morte al passo andare.

Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura.


La canzone si rifà a una ballata più antica e in particolare all’iscrizione correlata alla Danza Macabra di San Vigilio a Pinzolo:

Io sonte la Morte
che porto corona
sonte signora
de ognia persona…


Ma, come già detto, qui si tratta di Trionfie non di Danze e le radici di questo tema sono abbastanza diverse da quelle della Danse Macabre.

Originariamente i Trionfi erano processioni festose e dirompenti dedicate a Dioniso, basate su canti, litanie e processioni.

Nel mondo romano, il Trionfo divenne essenzialmente la marcia celebrativa degli imperatori che ritornavano a Roma vittoriosi, assisi su un carro (il carro dei vincitori, appunto) e circondati dai simboli delle loro imprese vincenti: lo scettro e la corona d’alloro, sfilate dei legionari coinvolti nelle campagne militari in questione, prigionieri incatenati, spoglie rubate durante i saccheggi, insegne, trombettieri e sacerdoti.

Basandosi su queste due tradizioni, nell’Italia medievale i Trionfi si trasformarono in processioni laiche e popolari di carri allegorici che si svolgevano durante le feste di carnevale. Come succede ancora oggi, si realizzavano carri imponenti di tema carnascialesco o satirico e li si facevano sfilare per le vie principali delle città,circondati di figuranti mascherati.

Il Trionfo della Morte a Palermo
foto: Il Trionfo della Morte a Palermo.


È in questo contesto quindi che un carro raffigurante il Trionfo della Morte viene descritto da Giorgio Vasari, come una delle attrazioni del carnevale di Firenze del 1511:

Fra questi (Trionfi), che assai furono et ingegnosi mi piace toccare brevemente d’uno, che fu principale invenzione di Piero già maturo di anni, e non come molti piacevole per la sua vaghezza, ma per il contrario per una strana et orribile et inaspettata invenzione (…): questo fu il carro della morte da lui segretissimamente lavorato alla sala del papa, che mai se ne potette spiare cosa alcuna ma fu veduto e saputo in un medesimo punto. Era il trionfo un carro grandissimo tirato da bufoli tutto nero e dipinto di ossa di morti, e di croci bianche, e sopra il carro era una morte grandissima in cima con la falce in mano, et aveva in giro al carro molti sepolcri col coperchio, et in tutti que’ luoghi che il trionfo si fermava a cantare s’aprivano et uscivano alcuni vestiti di tela nera, sopra la quale erano dipinte tutte le ossature di morto nelle braccia, petto, rene e gambe, che il bianco sopra quel nero, et aparendo di lontano alcune di quelle torcie con maschere che pigliavano col teschio di morto il dinanzi e ’l dirieto e parimente la gola, oltra al parere cosa naturalissima era orribile e spaventosa a vedere. E questi morti al suono di certe trombe sorde, e con suon roco e morto, uscivano mezzi di que’ sepolcri, e sedendovi sopra cantavano in musica piena di malenconia quella oggi nobilissima canzone:
(…)
Morti siam come vedete,
così morti vedrem voi. F
ummo già come voi siete,
vo’ sarete come noi...


L’oscura cappa di morte e il senso di caducità medievale avevano avuto la meglio. Non era più Dioniso, non era più l’Imperatore che avanzavano incedendo in pompa magna, ostentando la loro grandezza.
Era la Morte.

Il Trionfo della Morte a Clusone
foto: Il Trionfo della Morte all'Oratorio dei Disciplini di Clusone.


Un esempio perfetto di Trionfo della Morte in pittura è quello dell’Oratorio dei Disciplini di Clusone. La Morte è al centro della scena, con mantello e corona. I cartigli che regge ne sono l’ovvia didascalia e sono molto simili all’iscrizione di Pinzolo:

Gionto per nome chiamata Morte ferischo a chi tocharà la sorte;
non è homo così forte
che da mì non po' schapare (…)
Gionto la Morte piena de equalenza
solo voi voglio e vostra richeza
e digna sono da portar corona
perché signorezi ognia persona


Ai suoi piedi giacciono prostrati ricchi e notabili, il papa e l’imperatore, un vescovo, un re e un cardinale, mentre ai suoi fianchi i suoi scheletri servitori bersagliano gli uomini senza pietà, uno con arco e frecce e l’altro con un archibugio.
Invano i supplici tentano di corrompere la nera signora e i suoi aiutanti, chi con corone, chi con monete, chi con anelli: la Morte Sovrana non si lascia tentare dalle ricchezze terrene e non accetta prebende:

Voij ve volio e non vostra richeza.

Un’altra versione interessante è quella di Palermo, datata al 1446 e conservata oggi a Palazzo Abatellis.
L’autore è sconosciuto ma potrebbe essere catalano o provenzale e l’affresco rappresenta un florido giardino su cui irrompe la Morte in sella a un cavallo scarnificato e terrificante. La Morte ha la falce legata al fianco e sta usando un arco per scagliare frecce sui personaggi intorno.

Una figura dunque che irrompe nel mondo e passa sterminando tutti i viventi, inaugurando il suo Regno in terra e il DiesIrae, il Giorno dell’Ira e del giudizio divino, due elementi che sono centrali anche nei "Trionfi della Morte" di Pieter Bruegel il Vecchio (Madrid, Museo del Prado) e di Buffalmacco nel Camposanto di Pisa.

Il Trionfo della Morte rappresenta il finale compimento della vita dell’uomo in quanto singola persona e, per astrazione o richiamo apocalittico, anche la fine dell’umanità nel Giorno dell’Ira.

La Morte Sovrana porta corona, veste mantello, impugna la sua falce e si erge o passa sul mondo, ponendo fine alla vita di ognuno. Sotto di lei i potenti della terra, i re e i facoltosi cercano di corromperla e spingono avanti le proprie ricchezze per ottenerne il favore, ma oro e gioielli sono ormai inutili e la Morte non se ne cura.

Il Trionfo della Morte di Bruegel
foto: Il Trionfo della Morte di Pieter Bruegel il Vecchio.


Egualitaria, incontrastabile, impersonale e priva di misericordia, la Morte regna sul mondo e trionfa sui viventi e la loro fragilità, oltre che sulla vanità di tutte le cose terrene.


Il Trionfo della Morte: la caducità umana nel XIV secolo
Articolo scritto da da: Mauro Longo
Pubblicato il 09/07/2013

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