Romanzi, film e fumetti sugli zombie: è tempo di rispondere a due domande

Igor Zanchelli cerca risposte a due interrogativi che ogni amante di narrativa e cinematografia zombesca si è posto...

Romanzi, film e fumetti sugli zombie: è tempo di rispondere a due domande Scrivere un articolo sugli zombie, dopo che il tema è stato trattato da innumerevoli e bravi autori, non vi nascondo che mi mette in difficoltà. La paura di essere banale e ripetitivo, si fa sentire pesantemente, così come presente è il terrore di scrivere delle (terrbili) cazzate.

Avendo scritto un libro sugli zombie, Sopravvivere agli Zombie, dopo averci studiato un po' su, due domande mi frullano in testa da sempre: cercherò con questo articolo, di darmi delle risposte.

La prima è: perché gli zombie e le loro storie piacciono?

La seconda è: perché nelle storie di "Apocalissi Zombie", ci sono uomini che attaccano, uccidono e depredano altri uomini, nonostante una minaccia comune incombe sullo loro teste?

Cominciamo!


Perché gli zombie e le loro storie piacciono?

Dopo discussioni online con appassionati, letture e approfondimenti vari, mi pare di capire, che lo zombie piace perché, sostanzialmente, ci "spiattella" in faccia in maniera nuda e cruda, alcuni elementi tipici dell’essere umano, che presenti nel nostro DNA, sono oramai, a causa della modernità e della civilizzazione, sopiti nell’angolino più profondo del nostro essere.

Il primo elemento è la piena coscienza della morte.
Lo zombie ci mostra in modo crudo, come diverrà il nostro corpo, dopo il trapasso: qualcosa in lento ma inesorabile deperimento. Il costante marcire delle carni, dove quello che una volta era il "tempio" dello spirito, della coscienza umana, ora non è altro che materiale biologico che costantemente si decompone.

Perché i film e i romanzi con gli zombie piacciono?

Il secondo elemento è il terrore della massificazione.
Il morto vivente non ha identità, non è un soggetto noto e conosciuto, come può essere un amico, un parente, un collega. È semplicemente un essere senza nome, un nemico anonimo che ci da la caccia.
Nel momento in cui un essere umano diventa zombie, cessa di esistere. I defunti, si ricordano, si amano. Seppure non più viventi, restano sempre presenti nelle menti e nei cuori dei loro cari, dei loro amici. Viceversa, se il congiunto diviene uno zombie, questi scompare dal cuore e dalla mente di chiunque lo abbia mai conosciuto.
Nella filmografia e nella letteratura di genere, nessuno zombie ha un nome o una identità distintiva. È parte di una massa enorme e possente, ma indistinta, all’interno della quale un morto vivente è uguale, nei fatti, all’altro. Non un orda fatta da tante singolarità, ma un insieme di molti insignificanti esseri, governati dalla logica della massa. Chi si trova in prima fila è sostanzialmente identico allo zombie che si trova in ultima fila. Usando le parole del mio amico Francesco Squeglia: "Sempre il fenomeno zombie si è avuto in seguito a profonde crisi globali. Alla nascita del fenomeno il pericolo era il comunismo, poi, con l'11 settembre, i terroristi islamici (i kamikaze come veri morti viventi), ora i poveri ed i disperati che minacciano i pochi che ancora un minimo di sussistenza la hanno. Gli Zombie come fenomeno sociale di insofferenza e paura globalizzata".

Il terzo elemento è la paura di essere divorati.
L’uomo si è sempre posto al vertice della catena alimentare, normalmente è lui che mangia altre creature. È lui il cacciatore massimo, e non essere più in tale posizione spaventa. Con gli zombie l’essere umano è preda. Il morto vivente annichilisce migliaia di anni di evoluzione, scalza l’uomo dal suo ruolo di "dŏmĭnus", posizionandolo alcuni gradini più in basso della piramide alimentare.

La copertina del romanzo Sopravvivere agli ZombieIl quarto elemento è la sopravvivenza. In una apocalisse Z, l’uomo costantemente tenta di sopravvivere. Si ingegna, si nasconde, lotta, con un solo unico scopo, sopravvivere. In noi esiste un atavico interruttore "prepper" che lo zombie accende. Il redivivo ci fa ricordare cose che i nostri avi praticavano tutti i giorni, nascondersi, fuggire, lottare. Ci costringe a ingegnarci per trovare soluzioni che ci consentano di vivere un giorno in più.

Il quinto elemento è l’essere “al di là del bene e del male”.
In una apocalisse zombie il concetto di bene e di male che comunemente si intende in questa nostra moderna vita, non ha più senso. Nessuno mai si chiederà se è bene o male uccidere uno zombie, così come nessuno mai avrà la minima esitazione o remora, a uccidere un altro uomo per sopravvivere.
In un certo senso il morto vivente ci rende istintivi, primordiali, liberi da tutte le regole sociali e morali, che l’umanità si è data, nel corso dei secoli, per la pacifica convivenza. In un mondo dove l’unica realtà e il vivere un giorno in più, la questione sé una azione o una decisione è moralmente e socialmente lecita, non ha nessun senso né valore.

Lo Zombie piace perché sostanzialmente mostra, all’uomo, quella che è la sua fine, costringendolo a riscoprire e mettere in pratica tutte quelle conoscenze e strategie, retaggio dei suoi primitivi avi, e a porre in essere azioni che si possano rivelare utili per procrastinare, il più a lungo possibile, il momento della morte.

Inoltre, pone l’essere umano, al di sopra della legge e della morale, elevandolo alla condizione di Dio, nei confronti di altri uomini, azzerando secoli di civilizzazione e sottoponendolo al comando di una unica e immutata legge, quella naturale, ovvero, la legge del più forte.

L'attrazione verso il morto vivente, è il modo più immediato per esorcizzare queste paure, affrontarle e superarle, attraverso estenuanti battaglie tra esseri umani, zombie e demoni interiori.

Un mondo senza civiltà è facile preda degli zombie


Perché gli uomini attaccano gli uomini?

Ora cercheremo di rispondere alla seconda domanda che mi frulla nella testa. Perché nelle storie di apocalissi zombie, ci sono uomini che attaccano, uccidono, depredano altri uomini, nonostante una minaccia comune incombe sullo loro teste?

Per rispondere a questo quesito, dobbiamo disturbare un pochino la psicologia e la sociologia oltre che leggere qualche libro. Nello specifico la trilogia di Manuel Loureiro Apocalisse Z, la trilogia di Bourne J.L. Diario di un Sopravvissuto agli Zombie e Diario di Guerra contro gli Zombie di Nicola Furia.

Zombie, zombie e ancora zombie... ovunque!

Tra le varie definizioni che sono attribuite all’uomo c’è quella di "animale sociale". L’uomo ha necessità di relazionarsi con altri uomini; ha il bisogno di formare delle comunità. Ma questo bisogno altro non è che la definizione, politicamente corretta, del termine "branco". L’essere umano ha necessità di formare un branco.

Altro concetto da fissare è la cosiddetta piramide di Maslow (che qualche lettore di LaTelaNera.com ha già conosciuto parlando di coppie assassine e serial killer). Questa è formata da cinque passi da compiere rigorosamente in ordine, dove non si può passare allo step successivo, se prima non si soddisfano le esigenze di quello precedente.

Questi sono:
a) Bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, ripararsi dalle intemperie, sesso.
b) Bisogni di sicurezza: protezione, tranquillità.
c) Bisogno di appartenenza: sentirsi parte di un gruppo, essere amato e amare, cooperare.
d) Bisogno di stima: sentirsi rispettato, apprezzato approvato, competente e produttivo.
e) Bisogno di autorealizzazione: esigenza di realizzare la propria identità e aspettative, occupare una posizione soddisfacente all’interno del gruppo.

La Piramide di Maslow

Chiaramente i primi due punti sono necessari alla sopravvivenza biologica, quelli successivi alla sopravvivenza psicologica ed emotiva.

Chiariti questi concetti, vediamo cosa succede nelle fasi iniziali di un "Outbreak Zombie".

Compresa la reale minaccia, i sopravvissuti cercheranno di soddisfare i precedenti punti "a" e "b" nell’immediato. Successivamente, appagati i bisogni fisiologici e di sicurezza, passeranno al punto "c".

In questa fase si formeranno i gruppi. I superstiti saranno propensi ad aggregarsi ad altri esseri umani senza particolare difficoltà, poiché la logica del branco, più siamo meglio è, è predominante sulla diffidenza verso lo sconosciuto.

Ovviamente se una famiglia o un gruppo di uomini è riuscita a nascondersi quasi al completo, la disponibilità all’accoglienza sarà minore, poiché un gruppo è già presente. La diffidenza verso gli estranei e la non disponibilità all’accoglienza, cresce proporzionalmente al numero degli elementi del gruppo esistente. Più persone ci sono, meno si è disposti ad ammetterne altri.

I veri problemi nascono quando si andranno a soddisfare i bisogni dei punti "d" ed "e".
Vediamo il perché.

Gli zombie avanzano e non si fermano mai

Dopo che l’apocalisse si è scatenata, come madre natura ci ha insegnato, tendenzialmente sono sopravvissuti solo i più forti o i più intelligenti. Inoltre si può affermare che l’essere umano, è una creatura che tende sempre a superarsi ed a volere sempre di più. Tendenza questa che ci ha permesso il progresso che stiamo vivendo.

Le lotte per tentare di essere predominante sono quotidianamente presenti nella nostra società, anche se per fortuna, essendoci evoluti e civilizzati, non si esplicano attraverso combattimenti fisici ma attraverso carriera, soldi, fama e notorietà.

Dopo che i nostri amati zombie hanno attaccato, la civiltà, come dicevamo nel precedente articolo, si va a farsi benedire e la società, così come oggi la intendiamo, cancellata. Ora come si esplica questa voglia di essere dominante? Semplicemente attraverso la violenza. Laddove non posso esserti superiore attraverso la scalata sociale, cercherò di dominarti attraverso la lotta e lo contro fisico.

Il guaio è che, visto che la maggior parte degli scampati sono quasi tutti dei "maschi alfa", gli scontri non possono che arrivare quasi sempre a esiti fatali.

Se in una società che si definisce civile, la violenza è presente in modo netto e costante, immaginate cosa può esserci in una società dove regole morali e sociali valgono praticamente zero. Basti pensare a cosa accade oggi nei paesi del cosiddetto terzo mondo, quando ci sono degli scontri tribali: cieche violenze vengono commesse, e noi non riusciamo neanche ad immaginare la efferatezza di quello che avviene in questi scontri.

In una apocalisse zombie ci sarà sempre chi vorrà elevarsi al grado più alto del comando, ci sarà sempre chi vorrà soddisfare il proprio bisogno di stima e autorealizzazione attraverso la violenza e la dominanza.

In conclusione possiamo affermare che la risposta alla domanda posta all’inizio è data dalla natura stessa dell’uomo. La violenza è parte integrante del proprio essere, e radicata nel suo DNA e quando la società regredisce, questa violenza esplode in tutta la sua incontrollabile follia.

Comincia l'invasione degli zombie, preparati!

L’essere umano si accontenta dell’immediato, non comprendendo che, magari collaborando, si può fare fronte comune contro una minaccia che potrebbe essere letale per l’umanità stessa.

Usando le parole del personaggio del mio libro si può affermare "come sempre il pericolo maggiore per l’uomo è l’uomo stesso".

Ovviamente, non essendo uno psicologo o un sociologo, non ho la pretesa di affermare la verità su quanto detto.

Un'immagine con zombie affamatiAltresì, ritengo questi pensieri di carattere generale, ma non totali; sicuramente ci saranno uomini o comunità che non rispettano queste considerazioni, le famose eccezioni che confermano la regola. L’uomo è strano è difficilmente comprensibile e suoi comportamenti o reazioni sono difficilmente schematizzabili un regole che valgono per tutti.

Ad ogni modo, per non sapere leggere e scrivere, vi consiglio di cercare di aggregarvi e formare un gruppo nelle immediatezza allo scoppiare di una Apocalisse Zombie.


Romanzi, film e fumetti sugli zombie: è tempo di rispondere a due domande
Articolo scritto da da: Igor Zanchelli
Pubblicato il 11/05/2014

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