Non contenti di riproporre vecchie pellicole girate molto peggio degli originali, gli onnipotenti e ipointelligenti produttori hollywoodiani hanno trovato con Chiamata da uno sconosciuto (When a Stranger Calls) il modo di sfruttare ancora meglio l’archivio delle decadi precedenti: si prende un film, se ne isolano dieci minuti e si espande quel breve segmento a lungometraggio.
Questa volta è toccata a When a Stranger Calls, una discreta pellicola del 1979, diretta al tempo da Fred Walton: i più attenti ricorderanno l’inquietante gioco gatto-topo fra il killer e la baby sitter, la svolta dettata dalla scoperta dell’ubicazione del maniaco e, dopo l’intervento della polizia, il cambiamento di marcia e tono della pellicola, che si concentrava sull’evasione dell’assassino qualche anno dopo e della sua caccia da parte di un investigatore privato.
Il gimmick iniziale, derivato da quel gioiello tutto da riscoprire e rivalutare che è Black Christmas, funzionava in maniera egregia proprio perché limitato all’incipit. Al contrario l'attore di scarso successo riciclatosi in sceneggiatore di ancor minori mezzi e possibilità Jake Wade Wall (The Hitcher, Amusement) pensa bene di farne il perno unico di Chiamata da uno sconosciuto sfilacciando tensione e interesse per 87 interminabili minuti.
Ecco quindi improbabili quadretti psicosociali (la costruzione del personaggio di Jill, totalmente strumentale per quel che sarà poi il finale, le insipide figurine di amici, parenti e fidanzatini, tutti figli bastardi di un malcostume imperante da Scream in avanti) e lungaggini varie che servono solo a ritardare l’inevitabile confronto ragazza-maniaco che, irrimediabilmente, sarà una copia carbone di un qualsiasi finale del genere abbiate già visto negli ultimi 20 anni.
Simon West (Con Air, La figlia del generale), già colpevole padre dell’orrendo Tomb Raider, torna ad angosciarci accumulando una svogliata compilation di clichè tipici di queste situazioni: il vento fuori dalla casa, le armi risolutive fatte già intravedere nel primo tempo, l’automobile che non parte, l’eroina che sta per soccombere e invece no, il gatto che spunta nei giusti momenti per farci paura…
Non riusciamo a preoccuparci un singolo istante per Jill: vuoi perché è difficile affezionarsi a personaggi dallo spessore cartavelinico, vuoi perché West sembra totalmente incapace di costruire tensione lungo la vicenda.
Né, d’altro canto, riusciamo a fare il tifo per un killer tanto cattivo e temibile quando è dietro la cornetta quanto imbecille e goffo quando si tratta di scendere nell’arena e sporcarsi le mani sul serio.
Annoiati dalla piattezza bituminosa della vicenda, insoddisfatti dall’assenza di sesso e violenza (voglio dire, la protagonista sembra una bambola asessuata persino quando finisce con i vestiti tutti zuppi!), ci rimane solo l’ammirazione di fronte al lavoro svolto da arredatore e scenografo, che mettono insieme una villa stupenda, tanto implausibile quanto capace di diventare in breve tempo la sola protagonista del film.
Ecosfera interna con tanto di canarini e pesci, caminetti azionati tramite telecomando, luce che si accende quando si entra negli ambienti, spazi larghi e bassi, pannelli e tendaggi… L’intera magione diventa unico rifugio per occhio e mente di fronte alla desolante bruttezza di questo remake inutile come pochi altri.
La prossima volta che vi chiama uno sconosciuto portatelo al parco, a fare shopping, al mare, dove volete voi… Ma fateci il piacere di non invitarlo al cinema!
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Titolo: Chiamata da uno sconosciuto
Titolo originale: When a stranger calls
Nazione: USA Anno: 2006 Regia: Simon West Interpreti: Camilla Belle, Tommy Flanagan, Tessa Thompson, Brian Geraghty, Clark Gregg, Derek de Lint, Kate Jennings Grant
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