Finalmente tocca anche a John Carpenter omaggiare la più classica delle figure horror: il vampiro succhiasangue. Vampiro che in questo Vampires viene rivisto nella sua veste più mostruosa e malefica, lasciando del tutto perdere influenze gotiche e romantiche.
I non-morti di Carpenter sono dei mostri brutti, ignoranti e senza cervello, guidati soltanto dall’istinto primordiale della fame. Solo al Maestro Valek viene data un’atmosfera un attimo più tenebrosa e affascinante (anche se quel giaccone in pelle fa tanto Matrix e poco Texas).
Vampires, però, dispiace ammetterlo, non è un film del tutto riuscito. Anzi, non lo è per niente, a essere franchi. Ma la colpa non è di Carpenter (Essi vivono, Villaggio dei dannati, The Fog), lo metto subito in chiaro, perché la regia d’autore si sente e si nota, eccome. Il problema sta tutto in una sceneggiatura noiosa e monocorde, ma capace almeno di regalarci chicche di involontaria comicità.
Da una parte si può apprezzare la storia di fondo (tratta da un romanzo di Jack Steackley), che, oltre al solito minestrone fatto di inseguimenti, sparatorie, sgozzamenti, paletti di frassino e frattaglie in abbondanza, cerca di andare più in profondità e di complicare un po’ le cose (non tanto, eh) con il reale motivo che spinge Valek a fuoriuscire allo scoperto (ma anche con la storia d’amore sofferta di cui è vittima Montoya).
Dall’altra, però, non si può proprio far finta di niente sui dialoghi tremendi che vengono messi in bocca a un signor attore come James Woods (Videodrome, Killer - Diario di un Assassino, L'Occhio del Gatto) e compari – veramente elementari e privi di nervo – e a certe pecche nella sceneggiatura. È questo che affossa un film che, tutto sommato, in queste vesti di western horror non sarebbe poi così malaccio.
Perché i personaggi dicono esattamente quello che ci si aspetta, e non ci sono piacevoli sorprese o tentativi di dare loro un po’ di spessore. Niente, i dialoghi sono piatti come un’asse da stiro. Senza contare che, in più di qualche occasione, sfiorano il ridicolo, come le battute che fa Jack, veramente imbarazzanti.
Il film, poi, a causa di questo scempio, diventa presto barboso, trasformandosi nella peggiore delle fiere delle banalità. Dalla piega che prende la storia a metà film passando per il colpo di scena poco prima della fine, per terminare con un finale semicomico – con tanto di battutaccia scandalosa, che fa cadere le palle degli occhi – tutto è ampiamente prevedibile con largo anticipo, tanto che anche i pop corn che si stanno mangiando sembrano vecchi.
Cosa si può salvare, allora? Quasi tutto quello che fa contorno al film (come se fosse più importante questo che non la portata principale). Mah…
Gli effetti speciali sono rozzi ma funzionali. Gore e splatter ce n’è finché si vuole (la mano di mr Greg Nicotero si fa sentire).
L’atmosfera texana sudaticcia e polverosa è perfettamente ricreata, la fotografia è magnifica, con colori forti e intensi (capace di pregevoli contrasti di luce e di chiaroscuro) che catturano dal primo istante. Le musiche non sono memorabili, ma che con quel blues sporco e trasandato fanno il loro dovere.
Poi, alcune piacevoli trovate, come i vampiri che dormono sottoterra, o l’ingegnoso modo in cui vengono uccisi, si gustano con interesse.
Ottima la prova di Daniel Baldwin, credibilissimo a interpretare un personaggio ambiguo, spregiudicato e cattivo, ma non così tanto, se si guarda in profondità.
Un po’ più incerto Woods. A fare il duro e spietato cacciatore di vampiri si vede che si trova a suo agio, ma non regala un’espressione facciale che sia una in tutta la pellicola. La sua faccia è sintonizzata sullo scazzato, e così resta dall’inizio alla fine.
Poi, certo, la sceneggiatura gli impone alcuni comportamenti veramente demenziali, e questo non aiuta per niente.
Tim Guinnee (Blade) se la cava egregiamente nella parte di un prete saccente e rompipalle, soprattutto nel finale, dove riesce a dare un bella spinta al proprio personaggio.
C’è pure miss Sheryl "Laura Palmer" Lee (Fuoco cammina con me), ma la sua interpretazione della puttanella vampirizzata non lascia alcun segno.
Incolore la prova di Thomas Ian Griffith nei panni del malvagio Valek. Tutto quello che deve fare è ammazzare gente e mostrare i denti, ma a fare queste cose sono capaci tutti, e quindi il maestro potevo farlo pure io.
A visione terminata ci si chiede veramente se lo scenggiatore, quando ha realizzato lo script, fosse in buona fede o meno, visti i tanti buchi e le terrificanti cadute di tono (volute?) che lo caratterizzano. Vampires doveva essere un western horror condito da tanta ironia e genuino humor nero (come avevano fatto qualche anno prima Robert Rodriguez e Quentin Tarantino col bellissimo Dal tramonto all’alba), ma manca clamorosamente il bersaglio.
Da segnalare un sequel trash, Il cacciatore delle tenebre (Vampires: Los Muertos) che più trash non si può, scritto e diretto da Jack Lee Thompson.
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