Recensione
Il Nome del mio Assassino

Il Nome del mio Assassino: visiona la scheda del film Non so voi, ma io lavoro come dipendente. Di un privato. Mi trovo molto bene ma la regola tacita, che accetto come naturale e giusta, è che se faccio troppe cazzate verrò licenziato. Lasciamo le discussioni se questo sia giusto o sbagliato a sindacalisti, filosofi e nullafacenti vari e teniamo per buono questo semplice causa>effetto: non sai lavorare, lo dimostri per troppe volte > sei licenziato.

Questo è il destino che dovrebbero subire almeno tre persone responsabili di questo immane disastro che è Il nome del mio assassino (I know who killed me).
Licenziati.
Bisognerebbe licenziare Chris Sivertson per essere uno dei registi più inetti dell’universo, un Ed Wood senza consapevolezza, un Uwe Boll senza i muscoli. Osservare la regia di Sivertson è come alzarsi la mattina pieno di energia e bere una tazza di camomilla lasciata a imputridire una decina di giorni sul poggiolo, merda di piccione inclusa.

La seconda persona che bisognerebbe mandare a spalare letame di rinoceronte allo zoo è senza dubbio quel cane ignobile di Jeff Hammond, un ipocrita della peggior specie che non si accontenta di scrivere uno dei più inconsistenti torture-porn di sempre, così affollato di buchi logici e incongruità che il vostro cervello continuerà a domandarsi “perché?” anche fra una ventina d’anni circa. No, non si accontenta di non scrivere, il poveretto. Pretende di buttare dentro a una pellicola girata esclusivamente per far vedere due braccia segate via e qualche scena di seminudo, dicevo, pretende di buttarci dentro riferimenti e considerazioni alte, suggestioni mysteriche e assurdi echi alla Twin Peaks che con la vicenda non c’entrano assolutamente nulla.

Qualche dato? Ok. 3,7 su 10 di media su imdb.com. Pesantissime stroncature su praticamente tutti i quotidiani, settimanali e mensili degli USA, ben 8 premi vinti al Razzie Award (ovvero il festival dei film brutti) e, ciliegina per chi ancora blatera la solita solfa slogamandibola che i critici non contano, vale il pubblico ecc... ecc..., bene, un incasso di soli 7 milioni di dollari a fronte di 12 spesi per girarlo.

Ora, se voi foste un distributore, a fronte di questi dati, cosa fareste? Già, non vi avvicinereste a questo cumulo di merda nemmeno imbracati dentro una tuta per il contenimento del rischio biologico. Invece, ehi, sorpresa, i distributori italiani ne sanno molto più di voi e manderanno in sala questo Katrina di celluloide venerdì primo agosto. Se non riuscite a fare il clic mentale vi aiuto io: i distributori di questo filmaccio pensano che voi siate ancora più ignoranti e rincoglioniti della media dei ragazzini americani. Vedremo se gli incassi daranno loro ragione, anche se a pensare al tipico fan horror che impesta forum e siti in Italia mi viene da pensare che forse questi distributori non hanno poi così torto.

Ah, dimenticavo, la terza persona da licenziare. Lindsay “ho 22 anni ma ne dimostro 45” Lohan.
Potrà trovare facilmente lavoro in un canile. Probabilmente come ospite.
Voglio dire, stiamo parlando di una tizia che non solo non riesce a recitare (orribile persino il tono di voce) o a ballare (appesa al palo dei pub di strip mentre gira sembra davvero un quarto di bue), ma non è nemmeno né più bella né più vacca della media delle starlet hollywoodiane. Per fortuna, almeno in questo caso, le cose possono cambiare in meglio e Lindsay ultimamente è stata licenziata da almeno tre produzioni, in alcuni casi ancor prima di iniziare le riprese: nessuno vuol lavorare con lei, e spesso per motivi non artistici…

Dovendo spendere due parole più precise sul perché questo Il nome del mio assassino faccia desiderare di versarsi litri di acido cloridrico sulle pupille, ci sarebbe da discutere a lungo sull’incapacità del regista di calare progressivamente da un registro “reale” a un clima onirico. Non bastano pochi giochi con i colori o con il montaggio e quando si arriva al solito spiegone da parte dello specialista in avvenimenti paranormali capiamo di essere giunti al livello zero: si spiega invece di mostrare, si urla invece di lasciare che sia il pubblico a capire. Più che un lungometraggio, il film sembra un insano collage di scene prese a caso da qualche archivio di vari film.

Con Il nome del mio assassino siamo sempre alle solite: non puoi semplicemente far cascare dall’altro dei cambiamenti di trama o delle risoluzioni di misteri, non puoi farmi inciampare nelle cose bensì devi narrare, devi motivare, devi condurmi per mano a quelle svolte. Ma a chi può importare sbattersi un po’ nello scrivere e girare quando si può ben più facilmente maltrattare lo spettatore in questo modo?

In verità non riesco a scrivere qualcosa che renda davvero conto del livello di incapacità che serve a girare una pellicola come Il nome del mio assassino, sembra esserci presente, dietro ogni scelta, una mente maligna intenzionata a girare il peggior film possibile, persino negli elementi secondari come la sgradevole colonna sonora, il montaggio sempre troppo lungo e benevolo, i colori acidi e pop che vorrebbero probabilmente essere surreali, le tremende psicologie ( si fa per dire) dei personaggi di contorno.

Gli spettatori USA hanno punito, una volta tanto, chi non sa fare il proprio mestiere. Cercate di fare altrettanto. Guardare un muro in un vicolo male illuminato, quando tutti gli altri sono andati in ferie, è esperienza più interessante e stimolante che cercare di seguire questo Everest di cazzate ipnagogiche.
Statene lontani.


Titolo: Il Nome del mio Assassino
Titolo originale: I Know Who Killed Me
Nazione: USA
Anno: 2007
Regia: Chris Sivertson
Interpreti: Lindsay Lohan, Julia Ormond, Marc Senter, Neil McDonough, Brian Geraghty, Garcelle Beauvais, Spencer Garrett, Clint Johnson

Recensione del film Il Nome del mio Assassino
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 05/06/2008


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