Bisogna dare atto ad Alexandre Bustillo e Julien Maury di essere stati tra i pochi registi europei a resistere alla tentazione a stelle e strisce di un blockbuster facile facile, preferendo una propria ricerca stilistica - a un guadagno immorale in terra straniera - per dare alla luce questa loro nuova creatura, Livid (Livide).
I due infatti avrebbero comodamente potuto raggiungere ricchezza e fama dirigendo un Halloween II o un remake di Hellraiser, progetti accantonati e finiti in mani altrui.
Certo, per me i complimenti ai due francesi terribili finiscono qui, ma onore alle loro scelte e, soprattutto, alla capacità di saper cambiare, di evolversi, orientandosi a sorpresa su una fiaba dark dopo aver versato secchiate di sangue con l'ultra-gore Inside (2007).
Raffinata ed elegante, la messinscena di Livid introduce con pacatezza nella storia, accompagnando atmosfere malinconiche ad arpeggi pianistici con una cappa di triste silenzio, sfondo ideale per raccontare della giovane Lucy, neoinfermiera alle prese con i suoi primi pazienti, tra cui una vecchiaccia in fin di vita che vive nello sfarzo polveroso di una magione gigantesca.
Alla violenza inaudita del loro film precedente, i due registi replicano ora con estrema delicatezza, una pulizia e una cura visiva che sembrano quasi prendere per mano lo spettatore, invitandolo con dialoghi concreti e realistici all'interno della vicenda. Vicenda che, però, dopo questi ottimi dieci minuti, tarda fin troppo a iniziare.
La necessità di porre basi solide alla storia, curando i tre protagonisti e i loro intrecci psicologici, rallenta eccessivamente la pellicola, costringendo presto a una sofferta visione aspettando che succeda qualcosa.
Il dialogare tra i personaggi principali - interpretati da Chloé Coulloud, Félix Moati, Jérémy Kapone - e l'emersione progressiva dei loro caratteri non c'entrano il bersaglio come sperato, non c'è trasporto nel presentarli e nel raccontarli, quanto si dicono evapora subito in un soffio di parole inutili e distanti, e si finisce per boccheggiare per tre quarti d'ora, nella speranza che questi tre disgraziati mettano a punto il piano per entrare nel villone della moribonda di cui sopra e rubare cose preziose.
In fondo è solo una vecchia attaccata al respiratore e basterebbe entrare in casa e rubare tutto, e invece loro devono perderci una notte e mollarsi e poi rimettersi insieme e poi attraversare un bosco che fa molto "fiaba dark" e quando finalmente entrano scoprono che dentro ci sono ovviamente cose brutte.
Se nella prima parte la pellicola è fortemente annacquata, nella seconda Livid si abbandona a un totale non-sense, utile più che altro a rievocare atmosfere argentiniane (Suspiria è tacitamente citato ovunque, dalla casa nel bosco alla danza) con un gusto gotico che, ahimè, è sempre fuori fuoco.
Possono piacere alcune parentesi angosciose o immagini di una straordinaria bellezza poetica, ma sono solamente istantanee di irrisoria durata, perché in generale Livid si accartoccia su se stesso nel tentativo di mettere insieme lunghi flashback vintage con improvvisi squarci d'orrore, sporcando quindi la fiaba di tinte belle rosse, dove rivediamo i Maury e Bustillo di un tempo attraverso mascelle strappate e forbici, strumento di morte a cui sembrano particolarmente legati, un po' ovunque.
Ed è ancora lo sbilanciamento a danneggiare il film, una mancanza di equilibrio logico che lo sostenga, perché è difficile trovare legami assennati in quanto succede nella seconda parte – confusa, caotica, inutilmente e gratuitamente brutale, priva di una reale direzione come testimonia la lunghissima coda, che pare trascinare la pellicola quasi volesse raggiungere disperatamente i canonici 90 minuti.
Vengono a mancare i sussulti, gli snodi, qualsiasi tipo di tensione, tutto viene appiattito da un immotivato disordine narrativo che mostra l'incertezza del duo francese, probabilmente un poco a disagio nel dirigere qualcosa che non siano budella strappate a mani nude.
Livid: a questo punto, era meglio girare Halloween II e il remake di Hellrasier.
Recensione originale apparsa il 04/05/2012 su Midian, il blog ufficiale di Simone Corà.
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