Recensione
Willard il Paranoico

Willard il Paranoico: visiona la scheda del film Raro esempio di remake superiore all’originale (Willard e i topi, 1971), questo Willard il Paranoico e il regista Glen Morgan (Black christmas - Un natale rosso sangue) consegnano al pubblico una sommessa vicenda di solitudine, incomunicabilità e disagio mentale che marcia più di quel che possa sembrare lungo la traiettoria stabilita in Psycho, che viene infatti esplicitamente citato nel finale.

Salutato da buona parte della critica come uno dei migliori film di genere degli ultimi anni, in realtà la pellicola vive di alti e bassi che non riescono a farla decollare in modo completo.

Priva di una trama vera e propria, la storia gioca un continuo ping pong fra due soli ambienti: gli interni, scarsamente illuminati dalla fotografia arancione e viscerale del televisivo Robert McLachlan (Cursed - Il maleficio, Final Destination 3), della casa dove Willard ribolle di rabbia e frustrazione e l’ufficio, sede delle vessazioni fin troppo teatrali e urlate da parte del proprietario dell’azienda.

Tutto funziona alla perfezione in alcuni reparti, segnatamente quello della costruzione psicologica grazie a un Crispin Glover (Simon Says - Gioca o muori, The Wizard of Gore, La leggenda di Beowulf, Alice in Wonderland) in stato di grazia che è in grado di reggere gran parte del film sulle sue capacità attoriali e in secondo luogo nella gestione delle scene con gli animali, mirabilmente addestrati dalla Boone’s Animals for Hollywood e supportati da 3 compagnie di animatronic ed effetti speciali.

Meno bene vanno le cose quando si cerca qualche svolta imprevista in un meccanismo che appare persino più prevedibile di un qualsiasi slasher nel dipingere un progressivo sfaldamento di una psiche già debole.

Pollice verso anche nella gestione della tensione e dell’orrore, cui si preferisce una costruzione d’atmosfera che non sempre è sufficiente: pur risultando un notevole passo in avanti rispetto all’originale del 1971, si sente la nostalgia per il terrore destato da alcuni assalti dei topi nel film di Daniel Mann.

A ben riflettere quelli che sono i punti di forza di questo remake diventano nella seconda parte del film anche i limiti più evidenti: Crispin Glover è molto bravo nel dipingere la figura di un ragazzo oppresso da un’infanzia infelice e vinto dalla debolezza, ma, quando poi si tratta di schiacciare sull’acceleratore, sceglie un insieme di tic e sovrarecitazione che dona al personaggio un’aria univocamente sinistra e ci rende impossibile ogni livello di empatizzazione.

Stessa cosa avviene per i topi: addestrati alla perfezione, rendono molto bene nelle scene iniziali quando devono insinuarsi nella vita di Willard e nella nostra visione. Nel momento in cui bisogna dare un tono minaccioso alle loro scorribande, gli animali sembrano troppo puliti, addestrati, addomesticati e inquadrati per provocare alcun tipo di timor panico.

Continui omaggi all’originale, notevole lavoro da parte di scenografi e costumisti, alcuni buoni passaggi musicali e la solita recitazione urlata di R. Lee Ermey (Seven, Solstice, Non aprite quella porta - L'inizio, 2012 - L'avvento del male) completano il quadro di una pellicola sopra la media ma decisamente non per tutti i palati e non all’altezza dell’hype esagerato di cui continua a godere.


Titolo: Willard il Paranoico
Titolo originale: Willard
Nazione: USA
Anno: 2003
Regia: Glen Morgan
Interpreti: Crispin Glover, R. Lee Ermey, Laura Elena Harring, Jackie Burroughs, Kimberly Patton, William S. Taylor, Edward Horn, Gus Lynch, Laara Sadiq, David Parker, Ty Olsson

Recensione del film Willard il Paranoico
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 29/06/2006


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