We Go On è il secondo lungometraggio del duo Jesse Holland e Andy Mitton dopo l’entusiasmante esordio di YellowBrickRoad (2010). Nell’intervallo di tempo trascorso fino a questo nuovo titolo, i due hanno girato anche un segmento dell’antologia Chilling Visions: 5 Senses of Fear (2013), precisamente l’episodio riguardante il senso dell’udito, Listen.
Pur non essendo un cortometraggio di qualità memorabile (ma rimane comunque fra i due salvabili dei cinque proposti), Listen si innesta comunque molto bene nel curriculum di questi autori in quanto rafforza la sensazione di un loro grande interesse e attenzione nei confronti del sonoro e delle musiche, sensazione che era già chiarissima nel debutto e che viene confermata anche in We Go On.
Il soggetto di We Go On è attribuito, come la regia, a entrambi, mentre lo sviluppo della sceneggiatura sembra appartenere più a Mitton.
Jesse Holland nel frattempo ha diretto l’inspiegabilmente brutto e incerto The Crooked Man (2016) mentre Andy Mitton si è occupato della sceneggiatura e regia di The Vermont House (2017), un film appartenente al filone delle case maledette/possedute e fantasmi che le abitano, attualmente in fase di post-produzione.
I due sono versatili e si occupano anche di effetti speciali, montaggio, sonoro e musica, capacità che permettono un maggiore controllo sul prodotto finale e di conseguenza una più completa autorialità e originalità.
C’è vita dopo la morte? Esiste un aldilà?
Difficile immaginare molte altre domande più “importanti” e ripetute, nel corso dei secoli, di queste. Il cinema si è spesso interrogato al riguardo, e il cinema horror, per ovvi motivi, se ne è occupato più di tutti gli altri generi.
Jesse Holland e Andy Mitton utilizzano questi quesiti per intraprendere, per la seconda volta nella loro carriere, un viaggio attraverso percezione e coscienza, tra sensorialità e intuito e il risultato è un film più disciplinato e tradizionale rispetto a YellowBrickRoad, in grado di andare incontro a un pubblico più vasto senza sacrificare troppa inventiva.
Sorta de Il Sesto Senso 2.0, in grado di avventurarsi in molteplici territori (storia di fantasmi, dramma psicologico-intimistico, indagine nel soprannaturale), We Go On è la conferma del talento, della visione personale e dell’originalità di questi due autori, questa volta alle prese con il classico percorso di maturazione del protagonista, colto nel momento in cui la crisi rompe finalmente uno status quo da prigioniero e, sospeso fra sano scetticismo e altrettanto sano i want to believe, sceglie di confrontarsi con i fantasmi, siano essi spettri mentali del passato o ectoplasmi “realmente” esistenti.
“Everything you can imagine is real”, recita un cartellone nella scuola che Miles ha frequentato e che torna a visitare in cerca di risposte: una frase sulla quale sua madre, interpretata da una Annette O'Toole (It, Smallville) in forma strepitosa, avrebbe molto a ridire, così come ha da ridire sul sedicente dottor Ellison, i cui panni sono vestiti da un John Glover (Il Seme della Follia, 1994) anche lui in ottimo stato di salute.
Stretto fra simili performance, Clark Freeman nella parte del protagonista Miles Grissom finisce con il sembrare meno capace di quanto in realtà sia, anche se ha a disposizione una gamma espressiva piuttosto ridotta, che si manifesta spesso in un fin troppo intenso sgranare di occhi.
Jesse Holland e Andy Mitton si prendono tutto il tempo necessario (38 minuti circa) prima di scalare di marcia e il premio per avere la pazienza di scaldare il motore a dovere è quello di farci conoscere meglio Miles e madre, scelta che viene ripagata da un maggiore coinvolgimento emotivo dello spettatore.
Al fatidico minuto 38 si abbandonano (o almeno così pare) i rassicuranti lidi della razionalità per mettere in scena l’inquietante, il soprannaturale, che ci viene presentato grazie all’efficace, intenso e laconico allo stesso tempo, Jay Dunn, che mi auguro possa trovare più spazio in futuro. Il suo Nelson ha un caveat ben chiaro prima che Miles cerchi di sollevare almeno un pochino il velo di Maya: è come calarsi un acido, ti apre delle porte, porte che poi non potranno mai più chiudersi.
La porta che si apre a Miles è la 315 all’interno di un edificio che giace abbandonato appena all’interno del terreno dell’aeroporto, come una interzona interna a una interzona, un non luogo dentro un altro. Dentro quella camera si chiudono i due occhi della ragione e si apre il terzo, vuoi dell’anima vuoi, meglio ancora, di una sensorialità mutata.
Ci sono però due aspetti comuni alla maggior parte della conoscenza: fatica nel raggiungerla e dolore nell’arrivarci. Miles compie sforzi quasi eroici per la persona che è e viene ripagato da consapevolezza e dolore, come vedrete, anche fisico.
We Go On è un’ottima aggiunta al filone delle ghost story, ancora più necessaria in un momento nel quale parecchi fantasmi che sfilano sugli schermi horror sembrano debolucci, già visti o ripiegati su estetiche fin troppo classiche, e non è titolo adatto a chi pretende un picco d’azione ogni tot minuti.
Holland e Mitton si affidano più ad atmosfere e suggestioni che a improvvisi attacchi di terrore, e proprio questi ultimi, quando spuntano, sembrano troppo scontati e banali.
Anche in questa pellicola, sebbene in modo meno pivotale rispetto a YellowBrickRoad, sonoro e musica giocano un ruolo molto importante e, come già accaduto nelle precedenti prove dei due, lo giocano sia diegeticamente che extradiegeticamente.
Altro elemento di forza dell’opera è il saper mettere in scena una interessante, originale e non-morbosa o distruttiva coppia madre-figlio adulto, scelta rara in particolare nella cinematografia horror.
Holland e Mitton portano sullo schermo spettri che sarebbero piaciuti a Fritz Leiber e li fanno muovere in pieno giorno, in una Los Angeles più inquietante e meno conosciuta del solito, che ospita i minuziosi interni allestiti da Yong Ok Lee, puntellando il ritmo lento della narrazione con un consistente numero di twist, più o meno prevedibili.
Con We Go On i due confermano di essere fra gli autori più interessanti all’interno del genere e, vista la loro abilità nel gestire budget non certo esagerati, dovrebbero essere in grado di regalarci parecchi altri titoli di grande qualità.
La pellicola è stata prodotta per Filmed Imagination (Paranormal Whacktivity, 2013) da Logan Brown, Richard W. King e Irina Popov (The Hallow, 2015; The Guest, 2014), con Marius Haugan nelle vesti di produttore esecutivo e Cheryl Myers sul set, per un budget che con ogni probabilità è superiore a quello di YellowBrickRoad.
We Go On ha riscontrato favori di pubblico e critica durante i consueti passaggi nel circuito dei festival di genere, ottenendo il premio del pubblico a Dances With Films e una nomination come migliore pellicola al Molins de Rei Horror Film Festival.
Il titolo è stato quindi acquistato da Shudder, un servizio di streaming online di film horror non (ancora?) disponibile in Italia, con Lightyear Entertainment che si è occupata della distribuzione USA: le edizioni DVD e Blu-Ray sono disponibili dal 4 aprile 2017.
|