Ci voleva il coinvolgimento di Clive Barker e della sua Midnight Picture Show per assicurare un minimo di fondi e interesse per l’intrigante script di Hal Masonberg (coadiuvato dal debuttante Teal Minton) che con questo The Plague mette in scena un ambiguo e imprecis(at)o millennarismo da suburbia statunitense.
Fra personaggi deficitari e laconici, revisione dell’archetipo zombi attraverso angst adolescenziale e sfocate letture bibliche, la pellicola parte immediatamente a razzo a inizio crisi e il corridoio affollato di genitori incapaci di comprendere la natura del male dei propri figli è visione morbosa e di rara efficacia.
Momento forte che permette di sopportare meglio i venti minuti a seguire, avvitati noiosamente intorno alla psicologia di Tom e compagni di sventura: il ritorno a casa dell’ombroso ma in definitiva bravo ragazzo è una complicazione inutile e mal gestita all’interno di un plot lineare che non necessita di sovraccarichi.
Si torna quindi all’azione con il risveglio degli adolescenti che giudicano gli adulti responsabili del marcio in Danimarca e procedono ad eseguire la condanna tramite un assedio carpenteriano/romeriano che si svolge, non a caso, in alcuni luoghi dal valore altamente simbolico: scuola e chiesa.
Il body-count si impenna truculento, con ottimo senso dello splatter-gore (ossa che spuntano da arti, colli ritorti, mandibole fracassate, gente che affoga nel proprio sangue…) e buone intuizioni nei confronti degli esiti (e delle conseguenze) degli scontri fisici.
I ragazzi zombi oscillano fra ispirare genuino terrore e aperte risate causa un make-up talvolta eccessivo e un non sempre adeguato uso dell’illuminazione.
Ottimo lavoro comunque, visto il budget a disposizione, da parte del Paul Jones Effects Studio.
Masonberg opta per l’inesplicabilità dell’evento, salvo poi cambiare idea verso il finale e cercare di motivare il tutto buttandosi sul religioso, ma ottiene solo di confondere le carte in tavola e di lasciare l’amaro in bocca per un finale nettamente inferiore e fuori linea rispetto al resto del lungometraggio.
Ottimo cast con volti noti quali la veterana dell'horror Dee Wallace Stone (Abominable, Le Colline hanno gli Occhi, The Howling), ma è James Van Der Beek ad attirare l’attenzione con l’ennesima buona interpretazione (qui ovviamente più muscolare e meno cattivello rispetto a Le regole dell’attrazione…) volta, speriamo non inutilmente, a far dimenticare al pubblico la sua origine dawsoncreekiana.
The Plague: colonna sonora forse troppo invadente ma di qualità superiore alla media e una scenografia basilare per la resa di larga parte dell’opera aggiungono valore a una pellicola che avrebbe meritato ben altra sorte che finire direttamente nel mercato video.
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