Alien - La clonazione (Alien Resurrection) è il quarto episodio di una delle saghe più belle dell’intera storia del cinema fantascientifico che riesce ad avvicinarsi all’inarrivabile primo episodio, Alien, diretto nel 1979 da Ridley Scott e implicitamente ispirato al film Terrore nello Spazio di Mario Bava.
In questa pellicola di Jean-Pierre Jeunet (regista francese contattato dopo il rifiuto di Danny Boyle) tutto sembra funzionare a meraviglia a partire da una sceneggiatura, firmata da Joss Whedon (e poi ritoccata dallo stesso Jeunet), che ha il merito, nonché il coraggio, di introdurre molte novità, rispetto ai precedenti episodi della saga, tra le quali la più marcata è quella dell’inserimento della “clonazione”.
Oltre a questo interessante aspetto, per altro ben affrontato (eccellente la sequenza in cui Ripley incendia i cloni incompleti sottolineando la mostruosità di queste pratiche scientifiche), è da evidenziare il simpaticissimo taglio humor voluto dal regista, che così facendo si è intelligentemente distaccato dai precedenti capitoli sapendo anche strappare vari sorrisi con battute iper ironiche senza però sconfinare troppo nel grottesco (ci sono solo un paio di scene forse un po’ eccessive con protagonista il comandante della nave, la più evidente è quella in cui dopo esser stato “infilzato” da un Alien si prende in mano un pezzo del suo cervello con espressione alquanto beffarda).
Presenti anche altre gustose novità (gli Aliens che nuotano, la creazione di una nuova creatura metà alien e metà umana, Ripley che torna sulla terra) tra le quali si segnala anche un certo tocco sensuale che sfocia in alcune sequenze nell’erotico anche se solo accennato (vedasi la scena in cui Ripley affonda in mezzo agli alieni o quelle in cui tocca il Newborn).
Assenti buchi di sceneggiatura e scene troppo inverosimili, a parte quelle subacquee in cui i protagonisti mantengono il respiro per svariati minuti, ma su quest’ultima considerazione si può passare sopra: si tratta infatti di una sequenza visivamente molto bella (anche per i colori e le luci fluorescenti utilizzate).
Per quanto riguarda la regia, Jeunet ha dato dimostrazione di grande talento riuscendo là dove registi (James Cameron e David Fincher) di livello eccelso erano falliti. Il regista transalpino regala tante sequenze memorabili (la più gustosa è quella in cui riprende l’alieno all’interno del corpo di Leland Orser pochi istanti prima della sua fuoriuscita) e condisce il tutto con un discreto utilizzo del gore che raggiunge livelli piuttosto alti (crani scoperchiati, alieni sventrati, cesari, brandelli di cervello ripresi in primo piano, straordinario poi la morte del Newborn che viene risucchiato fuori dall’astronave con sangue che schizza per lo spazio) e dell’ironia.
Affiatati gli attori che forniscono una prova maiuscola tanto che Sigurney Weaver (Alien, Aliens - Scontro finale) non è più la “regina” incontrastata (come era avvenuto nei precedenti capitoli), ma deve dividere il palcoscenico con un Ron Perlman (Hellboy, Stephen King's Desperation, Outlander - L'ultimo Vichingo, The Last Winter) particolarmente ispirato, grazie anche ad un personaggio che in ogni istante regala battute simpaticissime, e con una sempre brava Winona Ryder (Lost Souls - La profezia).
Completano il cast con prove di discreto livello Leland Orser (Seven, Salvate il Soldato Ryan, Resurrection), Brad Dourif (Qualcuno volò sul nido del cuculo, Velluto Blu, L’Esorcista III), Michael Wincott, la sua una presenza forse troppo fugace (Strange Days, Nella Morsa del Ragno) e l’attore feticcio di Jeunet Dominique Pinon. Da segnalare che gli attori hanno dovuto lavorare anche in pessime e in pericolose situazioni (vedi le scene girate in subacquea con gli attori calati senza maschere in un’acqua miscelata con vaste quantità di cloro e di latte, nonché con i liquidi biologici degli operatori costretti a stare immersi per ore) senza mai tirarsi indietro (la Ryder ha vinto pure una sua fobia per l’acqua).
Notevole il lavoro degli addetti agli effetti speciali, tra i quali il “mago” francese Pitof, che qualche anno dopo troveremo alla regia di Vidocq, e di quelli addetti al make up e alla realizzazione dei vari modellini. Per fortuna si è ricorso poco alla computer grafica e le sequenze, a mio avviso, ne hanno beneficiato sensibilmente risultando altamente realistiche.
Da applausi anche il lavoro di Nigel Phels (Dredd, Batman, Full Metal Jacket) che ha curato le scenografie in un modo davvero ottimo avvicinandosi, grazie anche al notevole contributo del direttore della fotografia Darius Khondji (Seven), alle inarrivabili scenografie del primo Alien.
Completa l’opera il discreto lavoro del giovane compositore John Frizzell bravo a comporre vari pezzi di pregevole fattura (i più belli sono il tema finale e quello nella vasca che ricorda vagamente il tema di Lo Squalo) senza far rimpiangere coloro che lo avevano preceduto nella saga.
A mio avviso Alien – La Clonazione è uno dei migliori fanta-horror di sempre secondo ad Alien, ma più qualitativo e innovativo degli altri due. Sconsigliato ai conformisti, da avere decisamente in videoteca per rutti gli altri.
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