Recensione
A prova di morte

A prova di morte: visiona la scheda del film Quentin Tarantino sarà un genio, ma questo A prova di morte è mediocre.
Sarà che Grindhouse in patria è uscito come un film solo: Planet Terror di Robert Rodriguez (ottimo) più appunto Death Proof. Una coppia di corti che poi, per operazioni commerciali solite e squallide, sono diventati due film nella distribuzione internazionale. E quindi tanta acqua aggiunta alla minestra. Non è bene.

E di fatto Death Proof è un corto. Solo che è un corto che dura quasi due ore…
Ho colossali dubbi sulla validità del prodotto originale, la versione non estesa vista nei cinema USA. Perché se è vero che come corto potrebbe funzionare, in questo lavoro ci sono “cose” per riempire una mezz’ora, certo non i novanta minuti di tale versione.

Di fatto, anche Planet Terror ha subito le stesse modifiche, uscendone validissimo.
Sono dell’idea che se il film non c’è, non c’è. A prescindere dalla durata.

Non vedo perché dovrei sperticare lodi perché c’è un lavoro sull’immagine al fine di renderla rovinata e ricreare l’atmosfera da vecchio film grindhouse, appunto. Così come c’è una fotografia attenta e dettagliata (pur se molto monotona, e su scenari anonimi). E un’ottima recitazione, specie da parte di Kurt Russel e di Rosario Dawson (la Gail di Sin City).

E personaggi ben caratterizzati (ma davvero senza nulla di particolare). E musica ricercata. E tanti omaggi cinematografici ai film cult misconosciuti alle cui atmosfere A Prova di Morte si ispira, tante citazioni varie che saranno la gioia del cinefilo un po’ nostalgico… quando mancano del tutto ritmi, intreccio e storia. Insomma, cose in un film contano un pochetto.

A cosa servono gli aspetti tecnici (che ripeto, sono buoni, ma certo non da gridare al miracolo), se non a raccontare una storia nel migliore dei modi? Se manca la storia, e i tecnicismi sono fini a se stessi, stiamo messi male…

Inizio: tre quarti d’ora di dialoghi, attorno al tavolino di un bar (ah, no, un po’ in macchina e forse i bar sono due, anche se uguali). Non dialoghi volti alla progressione narrativa, badate bene. Chiacchiere. Pure e semplici chiacchiere. Tre quarti d’ora. D’accordo, sono dialoghi brillanti, fanno anche ridere a tratti. Ma, dio, tre quarti d’ora.

In Le Iene avevamo un incipit molto simile – ma non durava tre quarti d’ora! Arrivavamo a chiederci – anche perché il regista era relativamente nuovo – cosa diavolo avessimo infilato nel videoregistratore, ma poi Tarantino ci sorprendeva, accelerava e ci lasciava con un palmo di naso. E allora ripensavamo a quella scena iniziale e man mano ne coglievamo ammiccamenti, setup, strizzate d’occhio.

Invece in A Prova di Morte, per che cosa questi tre quarti d’ora? Per dieci minuti di (eccellente) azione, e poi…
Ero disposto, quasi, con l’inizio degli accadimenti, a perdonare i primi tre quarti d’ora di dialoghi. Okay, non approvo – pensavo – ma forse servivano per preparare il terreno alle figate che succedono adesso.

No.

Dopo l’azione, una scena divertente che cita Dal Tramonto all'Alba. Sorriso sulle mie labbra: il film è iniziato!
Poi. Altra mezz’ora di chiacchiere, dialoghi sostanzialmente uguali ai primi, quelli dei tre quarti d'ora, sì.
Altri protagonisti. Un po' di soddisfazione per l'inaspettato slittamento di focus su questi. Che si esaurisce quando ti rendi conto che lo sta facendo di nuovo. E se la prima volta perlomeno avevi la speranza, ora non l’hai più.
E un’altra mezz’ora di chiacchiere. Ti tocca.
Il ditino puntava il tastino fast forward come avesse volontà sua, ma ho resistito.
Poi, di nuovo azione, con l’inseguimento in auto. Troppo lungo e totalmente illogico (le protagoniste potrebbero tranquillamente frenare e non lo fanno).
Poi, ti aspetti il parallelismo e arriva il ribaltamento della situazione, e questo è bello. Olè.
Peccato che quando subito dopo vedi la scritta “The End”, ti chiedi: “E il film?”.

Inutile spendere altre parole su un film su cui c’è poco da dire.
Pare urlare a tutti i costi “sono un film cult!”, perché così dev’essere, senza che ci sia dentro alcunché che lo renda “film”, prima ancora che “cult”.
Pagine di sceneggiatura senz’anima e senza ispirazione riempite tanto per riempirle, tanto per fare un film, con un’unica idea alla base, tra l’altro povera e del tutto insufficiente a giustificare un racconto (perché l’esistenza di un racconto, quale che sia, sì, va giustificata). Il nucleo, il concept del film diventano, per manifesta superiorità di minutaggio, le chiacchiere, relegando per assurdo a raccordo tra le chiacchiere le scene in cui accadono eventi.
Nessun tipo di storia che non possa essere riassunta in due righe. Nessuna motivazione. Nessuna progressione. Nessun intreccio. Nessun risvolto. Solo alcune scene divertenti affondate in una valanga di chiacchiere.
Troppo facile scrivere un film così.

A prova di morte: un esercizio di stile di un regista molto bravo, non troppo riuscito, nulla più.


Titolo: A prova di morte
Titolo originale: Death Proof (Grindhouse)
Nazione: USA
Anno: 2007
Regia: Quentin Tarantino
Interpreti: Kurt Russell, Rosario Dawson, Vanessa Ferlito, Jordan Ladd, Rose McGowan, Marcy Harriell, Sydney Tamiia Poitier, Tracie Thoms, Quentin Tarantino, Eli Roth, Zoe Bell, Mary Elizabeth Winstead

Recensione del film A prova di morte
Recensione scritta da: Daniele Bonfanti
Pubblicata il 01/05/2008


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