L'intervista a Dave Zeltserman di Ignazio Rasi ed Ernesto Villa

Libri > Interviste > L'autore di Piccoli Crimini e L'occhio privato di Denver si mostra ai lettori di LaTelaNera.com

L'intervista a Dave Zeltserman di Ignazio Rasi ed Ernesto Villa Dave Zeltserman è tornato sugli scaffali italiani da qualche settimana grazie alla Fanucci, che ha pubblicato il suo Piccoli Crimini (Small Crimes).

Ignazio Rasi ed Ernesto Villa (Io e Yvonne, Dario Flaccovio Editore, 2003), due che di thriller se ne intendono, lo hanno intervistato per LaTelaera.com.

[La Tela Nera]: Dave, presentati ai nostri lettori.
[Dave Zeltserman]: Sono un tipo che ha letto molto. Quando avevo quattordici anni trovai una copia logora di un libro di Mickey Spillane, I, the Jury, e questo mi ha fatto scoprire questo genere letterario. Da lì ad avere centinaia di racconti polizieschi il passo fu breve. Dopo oltre vent’anni passati a sviluppare software, sto tentando ora di fare la vita da scrittore di noir.

[LTN]: Hai lavorato in varie aziende, dopo studi in matematica e informatica. A un certo punto della tua vita, hai deciso di diventare uno scrittore. Cos’è successo?
[DZ]: Ho sempre avuto la passione per la scrittura, ma per anni non l’ho presa molto sul serio, perché i miei interessi prioritari erano la matematica e l’informatica; inoltre avevo seguito solo pochi corsi di letteratura al college. A causa di questa mia scarsa formazione letteraria, credevo di non avere il diritto di pensare che sarei potuto diventare uno scrittore e che non avrei mai pubblicato. Ciò nonostante, mi ritrovavo a dilettarmi a scrivere racconti brevi. Quando scoprii i romanzi di Jim Thomson intorno al 1992, queste mie convinzioni cambiarono: vidi quanto feroci fossero le sue storie e come egli sapesse rompere ogni schema. Questo mi diede una certa carica, e così accadde che mi ritrovai a lavorare su Fast Lane, con l’idea di scrivere qualcosa che potesse essere pubblicato.

[LTN]: Il tuo primo romanzo l’hai auto-pubblicato. Cosa ci dici di questa esperienza?
[DZ]: E’ ciò che poi sarebbe diventato Fast Lane, benché il titolo originale fosse In his Shadow. Lo scrissi intorno al 1992, e lo spedii agli editori, sentendo sempre la stessa risposta: piacevole, ma troppo "nero" per essere un’opera prima. Lo riposi nel cassetto e smisi di scrivere, concentrandomi sulla mia carriera nel campo dell’Information Technology. Intorno al 2002, ricominciai a prendere in considerazione seriamente l’idea di scrivere. A questo punto, avevo prodotto Fast Lane e Bad Thoughts, e pensavo che se avessi auto-pubblicato Fast Lane avrei avuto qualche chance di trovare un editore che avrebbe voluto proporre Bad Thoughts. Luca Conti scoprì la mia pubblicazione di Fast Lane e convinse Meridiano zero a comprare i diritti, così il mio primo contratto editoriale l’ho firmato in italia! Più tardi, un piccolo editore pubblicò il libro col titolo Fast Lane.

[LTN]: Parliamo di Fast Lane, conosciuto in Italia col titolo L’occhio privato di Denver
[DZ]: Fast Lane è una contaminazione: un mix di noir psicotico e decostruzione del genere hard boiled. Il protagonista, Johnny Lane, è uno che vorrebbe essere Lew Archer [il tosto investigatore privato protagonista di 18 romanzi di Ross Macdonald N.d.R.], ma non è nelle sue corde. Per dirla tutta, è un borderline con attacchi di rabbia incontrollabile. E’ uno che ha bisogno di tenere nascosto agli altri la sua vera natura e anche, molto importante, che ha bisogno di essere riconosciuto come un eroe. Quando un caso su cui sta lavorando rischia di far saltar fuori la scomoda verità che nasconde e la sua vera natura, la vita per lui diventa insostenibile, e viene spinto in una spirale che conduce all’abisso.

[LTN]:  Chi sono gli scrittori che hanno influenzato il tuo stile?
[DZ]: Le influenze di Jim Thomson e Ross Macdonald sono abbastanza evidenti in Fast Lane. Dopo aver scritto questo romanzo, scovai un articolo sull’ultimo libro a cui stava lavorando Macdonald prima che morisse, scoprendo che le similitudini con Fast Lane erano sorprendenti. I lettori hanno paragonato Small Crimes (Piccoli Crimini) a diversi lavori, da quelli di James M. Cain a quelli di Jim Thompson e, ancora, ai romanzi di James Ellroy, ma quando lo lessi per controllare la copia sottoposta a editing, il che è accaduto anni dopo averlo scritto, notai l’influenza pulp di Dan Marlowe sopra ogni altra. Mentre scrivevo Fast Lane, cercavo di imporre un mio stile narrativo personale, ma credo di essere stato influenzato, a diversi livelli, da tutti i grandi narratori che ho letto.

[LTN]: Piccoli Crimini è la tua ultima fatica, pubblicata in Italia da Fanucci Editore. Raccontaci qualcosa.
[DZ]: Con Piccoli Crimini ho tentato di scrivere un thriller frenetico che avrebbe potuto anche essere un noir moderno, e ho incluso tra i temi dominanti quello della redenzione. Joe Denton è un ex poliziotto corrotto che ne aveva combinate di tutti i colori quando era in servizio. E’ stato sbattuto in prigione quando si è intrufolato in procura a tarda notte per distruggere le prove contro di lui. Qui si trova faccia a faccia con il procuratore distrettuale e lo sfigura orribilmente. Uscito di prigione, Joe vorrebbe vivere una vita tranquilla, senza fare più danni, ma ci sono molte forze oscure che lavorano contro di lui. Per tutti è violenza di un losco individuo, ma Small Crimes è una storia che affronta gli aspetti morali dell’esistenza.

[LTN]: La corruzione è uno dei temi dominanti dei tuoi libri. Cosa ne pensi? In Italia, i racconti di genere sono spesso considerati l’ultimo baluardo della critica sociale. E’ lo stesso negli Stati Uniti?
[DZ]: La cittadina del Vermont da dove viene John è marcia, tuttavia io non uso questo espediente letterario per fare una critica sociale o politica, piuttosto lo utilizzo per esplorare l’anima del protagonista.

[LTN]: Nella tua filosofia, esiste solo il bianco e il nero, o un’infinità scala di grigio?
[DZ]: Infinite tonalità di grigio!!!

[LTN]: Cosa ci dici di Boston, la città dove vivi?
[DZ]: Sono nato a Boston, e a parte cinque anni passati in Colorado quando ero al college, vi ho vissuto tutta la vita. Boston mi ha sicuramente influenzato: sono morto e rinato con i Red Sox [la squadra di baseball della città N.d.R.] ogni anno, sino a quando non hanno vinto il titolo nel 2004. I miei libri Pariah e Killer probabilmente non sarebbero stati scritti senza la violenza con cui sono venuto a contatto a Boston. La Boston di oggi è assai differente da quella della mia infanzia. E’ stato investito molto denaro durante gli ultimi anni per rivitalizzarla. La Boston della mia infanzia era un luogo più pericoloso, più criminale.

[LTN]: I libri e I film ci raccontano di due diverse nazioni (parlo degli Stati Uniti, ovviamente). Le grandi città, in particolare lungo le coste, e le piccole città sperdute degli stati della zona centrale e del sud. Pensi che le tue storie sarebbero state diverse se tu fossi nato e vissuto in una piccola e tranquilla città dell’Alabama?
[DZ]: In ultima analisi, si è il prodotto dell’ambiente in cui si vive. Credo che non avrei scritto i miei romanzi se fossi il frutto di un ambiente diverso da quello in cui sono cresciuto.

[LTN]: La società e, di conseguenza, l’immaginario collettivo sono assai differenti negli Stati Uniti e in Europa. Ciò ha un riflesso sulle storie che sono raccontate nei romanzi. Cosa ne pensi dei racconti dei tuoi colleghi europei?
[DZ]: Questa differenza di prospettive rende la faccenda molto interessante. Di recente, ho scoperto Derek Raymond: amo i suoi libri e le patologie sociali dell’Inghilterra che racconta; soprattutto il tema della povertà che è uno dei fili conduttori dei suoi romanzi. Sono anche un fan di Gianrico Carofiglio, i cui libri sono stati pubblicati in inglese da Bitter Lemon Press, e la corruzione è un aspetto che si riscontra spesso nelle sue trame.

[LTN]: C’è moltissima gente che ama scrivere e vorrebbe un giorno pubblicare. Hai qualche suggerimento per loro?
[DZ]: Che è dura. L’industria del libro, almeno negli Stati Uniti, non hai mai fronteggiato i problemi di oggi, con un calo dei lettori, l’incertezza sull’effetto che avrà la diffusione degli ebook e la concentrazione delle vendite su pochi autori di grande successo. Non credo che sia mai stata così dura per nuovi autori e anche per quelli che non sono in cima alle classifiche. Naturalmente, le cose potrebbero essere assai diverse in Italia: questa risposta si fonda solo sulla mia esperienza negli Stati Uniti.
Comunque… In primo luogo occorre tenacia, dato che possono volerci molti anni per sfondare. In secondo luogo, mentre i piccoli editori indipendenti, come Serpent’s Tail, ricercano i migliori libri da pubblicare, le grandi società editoriali non fanno altrettanto; piuttosto vanno alla ricerca di quelli meglio commercializzabili, e hanno spesso poca immaginazione e scarsa considerazione dei lettori quando decidono quale libro avrà maggior probabilità di successo. Il mio Small Crimes è stato giudicato dai critici come uno dei migliori racconti di genere del 2008, inclusi quelli del Washington Post e della National Public Radio. Tuttavia, nessun editore di New York vorrebbe averci a che fare, perché è troppo "nero". Se l’editore inglese Serpent’s Tail non ne avesse comprato i diritti, non sarebbe mai stato pubblicato.

[LTN]: Come organizzi la tua professione di scrittore?
[DZ]: Prima di iniziare a lavorare su un libro scrivo una scaletta dettagliata, in genere di sei, otto pagine. Poi tento di scrivere almeno 1.500 parole al giorno per sette giorni la settimana, sino a quando il libro non è finito. Posso deviare dalla scaletta: nuovi personaggi e ulteriori sviluppi della trama potrebbero aggiungersi. Tuttavia, cerco di attenermi in linea di massima alla scaletta. Mentre sto scrivendo, il libro diventa qualcosa di organico, qualcosa di "vivo" nella mia mente.

[LTN]: Cosa pensi dell’industria editoriale?
[DZ]: Ci sono un sacco di validi piccoli editori in Inghilterra e negli Stati Uniti, editori come Serpent’s Tail, Bitter Lemon Press, Akashic e Soho Press. Io ho capito che quelli delle grosse case editrici andrebbero messi al muro e fucilati.

[LTN]: Quando vedremo un libro tratto da uno dei tuoi romanzi?
[DZ]: C’è una buona probabilità che accada presto. Constantin Film e Impact Pictures (gli stessi della serie Resident Evil), hanno opzionato uno dei mie libri, Outsourced, e siamo in fase di sviluppo.  Il soggetto è stato recentemente approvato da Constantin Film, che finanzia il film, e si è ora alla ricerca del regista e del cast. Tutto ciò che posso dire è che si tratta di gente molto seria che vorrebbe produrre un film di qualità.

[LTN]: Quale consideri il tuo libro migliore?
[DZ]: La miglior storia del crimine che abbia mai venduto è Killer. Il miglior libro venduto è The Caretaker of Lorne Field. Il miglior libro che abbia scritto non è stato ancora venduto, ma sono fiducioso che accada presto.

[LTN]: Raccontaci qualcosa dei tuoi personaggi.
[DZ]: Kyle Nevin di Pariah è una vera bestia. Questo tipo lascia morte e distruzione ovunque passi. Ho un debole per Kyle.

[LTN]: Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?
[DZ]: Non c’è molto di me nei miei personaggi, altrimenti sarei in guai grossi.  Ma lo scrivere mi fa affrontare i problemi, e a volte piccoli pezzi di me entrano nelle mie storie.

[LTN]: Quali sono I tuoi progetti futuri?
[DZ]: Ho appena concluso un romanzo che mi ha dato molte soddisfazioni. La migliore storia noir che abbia scritto, ed è tanto un racconto sulla freddezza e sull’alienazione della società contemporanea quanto un thriller frenetico.


L'intervista a Dave Zeltserman di Ignazio Rasi ed Ernesto Villa
Intervista realizzata da: Ignazio Rasi ed Ernesto Villa
Pubblicata il 15/03/2010

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