Intervista a Luigi Bernardi

Libri > Interviste > Due chiacchiere con un nome noto della narrativa italiana

Intervista a Luigi Bernardi Luigi Bernardi è nato l’11 gennaio 1953 a Ozzano dell’Emilia e vive a Bologna da quando aveva nove anni.
Nel 1978 ha cominciato a occuparsi di fumetti e ha fondato la sua prima casa editrice “L’Isola Trovata”, poi inglobata nel gruppo di Sergio Bonelli. Nel 1985,insieme alle éditions Glénat e l’agenzia Quipos, ha fondato Glénat Italia, un’altra casa editrice con cui ha rilanciato il fumetto di Lupo Alberto. In seguito, nel 1989 ha creato Granata Press, una casa editrice con cui ha curato la sua prima collana editoriale dedicata al poliziesco.
Nel 1996, dopo lo scioglimento della casa editrice, ha iniziato un’intensa attività di consulente editoriale, curando le collane Euronoir per Hobby&Work e Vox per Derive Approdi.
Nel 2000 è stato chiamato a elaborare il progetto della collana editoriale Noir per Einaudi Stile Libero, serie che ha diretto fino alla fine del 2004.
Ha scritto le raccolte di racconti “Erano angeli”, “La foresta dei coccodrilli”, “Complicità” oltre che i romanzi “Una vittima facile”, “Rosa piccola” e “Tutta quell’acqua”.
È autore di saggi e di testi che gli piace definire “di confine, dove il linguaggio è insieme narrativo, giornalistico e di pensiero”. È giornalista e traduttore.
Organizza corsi e laboratori di scrittura e di tecniche editoriali. Collabora con il quotidiano Il domani di Bologna. È consulente culturale del Museo nazionale del fumetto di Lucca e presidente della giuria di Lama e Trama, il concorso letterario organizzato dal comune di Maniago (PN). Dal 2005 è consulente di Dario Flaccovio Editore per la narrativa italiana.
Il suo sito è www.luigibernardi.com.


Luigi Bernardi[LaTelaNera]: Benvenuto su La Tela Nera. Per molti anni hai fatto l’editore, quali sono le soddisfazioni maggiori che questo lavoro ti ha portato? Quali invece le problematiche?
[Luigi Bernardi]: Le soddisfazioni sono state tantissime, e anche i problemi per la verità. È stato un percorso indimenticabile, attraverso il fumetto, la narrativa, il cinema di animazione. Un'esperienza probabilmente irripetibile, una delle ultime occasioni in cui il pionierismo ha potuto essere premiato. Oggi credo sarebbe molto più difficile, il mercato non dà scampo alla passione e all'improvvisazione.

[LTN]: Perché hai cominciato a "fare l'editor" anziché avere una casa editrice tua? Qual è la preparazione necessaria per poter svolgere questa attività?
[LB]: Ho cercato di vendere ad altri la mia esperienza, i mie contatti, il mio talento, e credo anche la mia passione di lettore. Nessuna preparazione specifica, quindi, solo l'esperienza che mi ero costruito quotidianamente con le mie case editrici, e la una conoscenza derivante da anni di letture.

[LTN]: Sei stato direttore editoriale della collana “Stile libero noir” di Einaudi, ci puoi descrivere com’era il lavoro in redazione per un grosso gruppo editoriale? Era molto diverso da quello delle altre case editrici con cui hai collaborato o che hai fondato?
[LB]: È comunque presto per parlare di Stile Libero, devo ancora assimilarne la lezione. Di certo, è stata l'unica esperienza editoriale dalla quale ho imparato solo cose negative.

[LTN]: Tra il 1999 e il 2002 hai curato la collana Euronoir di Hobby&Work. In un’intervista di Federica Angelini, pubblicata sulla rivista Fernandel, riguardo alla possibilità di pubblicare autori italiani in una collana dedicata ai romanzi polizieschi europei, dicesti che con gli autori italiani intendevi iniziare un nuovo lavoro, che sarà lungo, darà risultati lenti, ma forse in qualche modo definitivi per costruire davvero una visione italiana della narrativa di genere.
È cambiato questo scenario in questi anni? Oppure questo lavoro è ancora in corso?
[LB]: Il lavoro che intendevo ho cominciato a farlo con la casa editrice DeriveApprodi, e ha dato buoni risultati, l'ho trasferito a Einaudi e i risultati sono stati sicuramente in tono minore, se non altro rispetto alle aspettative. Adesso proseguirà con Dario Flaccovio e credo che riprenderà tono e vigore. Bisogna però dire che nel frattempo la situazione del mercato editoriale si è fatta molto più complessa, ed è sempre più difficile portare avanti un lavoro di qualità.

[LTN]: Dal 2005 sei diventato consulente per la Dario Flaccovio Editore. Come è nata questa collaborazione? Come mai hai deciso di scommettere e di legare il tuo nome a quello di questa coraggiosa casa editrice?
[LB]: Ho pubblicato un libro per Dario Flaccovio, mi è sembrato un editore corretto e intelligente. Il resto è venuto da solo.

[LTN]: “Scrivo libri da quando non faccio più l'editore. È stato un passaggio improvviso ma in qualche modo naturale, come se da una delle due parti del tavolo dovessi comunque stare. Scrivo narrativa, saggistica e testi che mi piace definire di confine, dove il linguaggio è insieme narrativo, giornalistico e di pensiero.” (Dal sito www.luigibernardi.com) È difficile immaginare la scrittura senza una componente “compulsiva”, è difficile pensare a qualcuno che “nel mezzo del cammin di nostra vita” si metta a scrivere. Quali sono state le difficoltà che hai incontrato quando, con la chiusura di Granata Press, hai deciso di “buttarti” in prima persona nella scrittura? È stato difficile far convivere il lavoro di consulente, con le relative responsabilità e scadenze, con il desiderio di creare qualcosa di tuo, con la tua espressione personale?
[LB]: È difficile, forse poco credibile, ma è vero. Prima della chiusura di Granata Press non avevo mai scritto niente. Dopo è stato come se mi fosse venuta urgenza di mettermi in discussione in un altro modo, come autore. Una scelta molto pericolosa perché mi ha esposto alle critiche e ai sospetti degli amici scrittori e degli ex colleghi editori. Far convivere il tutto è molto complicato, soprattutto a livello di tempi. È chiaro che quando scrivo non sono molto disponibile a leggere testi di altri, e così a volte si crea anche qualche incomprensione. Ma tutto sommato mi va bene così. Mi piace scrivere, mi piace quello che scrivo e mi piace anche fare il lavoro dall'altra parte della scrivania. Fino a che mi reggeranno le forze, andrò avanti, anche se ormai le priorità sono sul versante della scrittura, sia letteraria che giornalistica.

[LTN]: Pur essendo stato ai vertici e avendo probabilmente i contatti “giusti” con grandi realtà editoriali, finora hai pubblicato con case editrici medio-piccole, come Zona, Fernandel, Moby Dick, Castelvecchi, Dario Flaccovio. Come mai questa scelta? Hai cercato di vedere valorizzati i tuoi libri nel catalogo o sei fuggito dalla grande editoria?
[LB]: Sono sincero, il paio di volte che ho proposto miei testi a grandi editori, me li hanno rifiutati, con motivazioni piuttosto vaghe. In realtà mi trovo benissimo con alcune case editrici non ossessionate dal mercato. In futuro non lo so, dipende da quello che scriverò. Se, come credo, continuerò a tenermi abbastanza lontano dai prodotti facili, allora credo che la piccola e media editoria rimarranno la mia casa preferita.

[LTN]: Ho letto il tuo ultimo romanzo, “Tutta quell’acqua”, e sono rimasta molto colpita dalla sua struttura: un’alternanza di capitoli, con le voci dei due protagonisti diversificate anche a livello grafico; le pagine in cui è Bianca a tirare fuori la propria voce, come in un diario, sono rese in corsivo; i capitoli sono tra loro omogenei a livello quantitativo: confrontandoli, ci si rende conto che le battute di ogni capitolo sono sempre più o meno le stesse… Eppure leggendolo, questa pianificazione, questo impianto, passano del tutto in secondo piano rispetto alla storia.
Quanto è importante la pianificazione e quanto lo è la revisione per ottenere un risultato così spigliato e lineare allo stesso tempo?
[LB]: La pianificazione è fondamentale. Conosci la storia che vuoi raccontare, la suddividi nei vari momenti, ognuno dei quali grosso modo corrisponde a un capitolo. La revisione serve a verificare che il piano narrativo funzioni, e quello stilistico sia coerente.

[LTN]: Sempre leggendo “Tutta quell’acqua” mi è tornato alla mente, nel finale, “Nebbia e cenere” di Eraldo Baldini; come mai questi finali “neri” in libri che con la letteratura di genere c’entrano poco o nulla? La letteratura di genere è una gabbia in cui lo scrittore, come appassionato del genere, resta suo malgrado prigioniero, oppure, come dice Gianfranco Nerozzi, bisogna “scappare dalla gabbia”?
[LB]: Da sempre la letteratura affronta tematiche "nere", dalla tragedia greca in poi. Il genere come fine della narrazione non mi interessa più, probabilmente non mi ha mai interessato, a livello di scrittura. Mi interessano certi elementi della scrittura di genere, li ritengo capaci di rafforzare le storie, di costituirne una sorta di motore interno.

[LTN]: Hai pubblicato sia saggistica che narrativa, sia romanzi che racconti: credi che sia importante la versatilità per un autore oppure si può essere “bravi” esclusivamente in un settore?
[LB]: No, mi pare che la versatilità non sia una condizione necessaria. Lo diventa se si è parecchio curiosi come lo sono io. In questi casi, inventarsi una storia, raccontarne una proposta dalla cronaca, ragionare su questa, è quasi la stessa cosa.

[LTN]: Quali sono gli errori più comuni che gli aspiranti autori commettono nelle loro opere? Puoi dare loro qualche semplice consiglio per migliorarne la qualità?
[LB]: Quello di non rileggersi abbastanza. Bisogna rileggersi, possibilmente chiedere a qualcuno che legga in tua presenza, ad alta voce. È un buon modo per verificare se la tua voce di scrittore, ovvero il tuo stile, regge anche attraverso la lettura, che spesso è pure interpretazione, di una voce diversa.

[LTN]: Cosa pensi degli editori a pagamento?
[LB]: Ero contrario, adesso che la scrittura è diventata un'espressione di massa e produce un numero di pagine che l'editoria commerciale non potrebbe mai assorbire, non ci vedo niente di male a pagarsi una pubblicazione. Il problema sono quegli editori che sfruttano la brama di pubblicazione salvo poi non distribuire i libri. È molto più logico per un autore autoprodursi un libro e diffonderlo nella cerchia di amici e conoscenti. Con l'affermazione della stampa digitale credo che questa sarà la strada del futuro.

[LTN]: Sei stato giurato in un interessante concorso letterario, “Lama e trama”, che in pochi anni è diventato uno dei riferimenti per gli esordienti di genere giallo e noir. Che cosa pensi dei concorsi letterari? Possono influenzare un editore, creando “curriculum” a un autore? Quali consigli puoi dare a chi manda materiale ai concorsi?
[LB]: Non avevo esperienza di concorsi, prima di "Lama e Trama". Mi pare che possano essere un buon trampolino di lancio, soprattutto quando si tratta di concorsi seri, con una buona giuria e un editore che pubblica il meglio dei racconti di ogni edizione. Per quanto riguarda i consigli non ne ho, se non di mandare testi dei quali si è assolutamente convinti, e di rispettare sempre il regolamento.

[LTN]: Cosa ne pensi della contaminazione tra generi che va di moda ultimamente? E del fatto che ai mostri soprannaturali il pubblico spesso preferisca mostri reali, i "serial killer" ad esempio? È una moda passeggera, che si esaurirà in pochi anni, oppure un vero e proprio nuovo filone per la narrativa italiana?
[LB]: Contaminazione è una parola molto alla moda, e io non la amo per niente. La narrativa di genere ha perduto di senso. Ormai, e basta guardare le classiche di vendita in tutto il mondo, quello che era la narrativa di genere, e quindi narrativa antagonista alla cosiddetta letteratura ufficiale è diventata narrativa di potere, nel senso che si vende di più, se ne discute maggiormente, e via dicendo. È evidente che quando un antagonista perde la ragioni del proprio antagonismo, in qualche modo vende l'anima e deve sottostare alle regole del mercato. Fra le regole che il mercato impone c'è quella di essere il più possibile spettacolari. Ecco, penso che quella tu chiami contaminazione sia un modo per spettacolarizzare maggiormente i propri testi.

[LTN]: Che libro/libri stai leggendo in questo periodo?
[LB]: Saggio sulla lucidità, l'ultimo romanzo di José Saramago, un apologo nerissimo sul potere e sull'uso dei media, e Cronache dell'al di qua, una raccolta di testi giornalistici di Ottiero Ottieri.

[LTN]: Quali libri consiglieresti da leggere per "ampliare" gli orizzonti letterari dei giovani autori alla ricerca di spunti?
[LB]: I soliti tre libri che consiglio sempre. A sangue freddo, di Truman Capote, perché è l'esempio perfetto di come si racconta la storia di un crimine senza fare del sensazionalismo; A ciascuno il suo, di Leonardo Sciascia, per la sua capiacità di suggerirci che dietro una storia ce n'è sempre un'altra, e L'avversario, di Emmanuel Carrère, per rendersi conto in via definitiva che la realtà ha e avrà sempre una marcia in più rispetto alla fantasia, per cui, invece di sfidarla, è meglio raccontarla.

[LTN]: Hai scritto anche testi per il teatro. Hai progetti per il cinema e/o la televisione?
[LB]: Se è per questo, sogno anche di fare un disco, prima o poi… A parte gli scherzi, tutti i linguaggi capaci di raccontare una storia mi interessano, compreso il fumetto.

[LTN]: Grazie del tempo che ci hai dedicato.
[LB]: Grazie a voi.

Intervista a Luigi Bernardi
Intervista realizzata da: Simona Cremonini
Pubblicata il 08/06/2005

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