Libri > Interviste > Simonetta De Bartolo è andata a intervistare la vera e propria dinamo instancabile dietro alla realtà PROGETTO BABELE
[La Tela Nera]: Marco Roberto Capelli, modenese, nato il… Vuoi continuare con il tuo curriculum vitae?
[Marco Roberto Capelli]: Beh, in realtà non c'è molto da dire... tra pochi giorni compierò 35 anni, ovvero, come si diceva ai tempi di Roma antica, entrerò nel 36 anno di età. Nel mezzo del cammin etc...
Sono di razza poco longeva, così sto tirando un po' le somme di questa prima metà della mia vita. Avrei potuto fare di più e meglio, se solo fossi meno pigro... Scherzi a parte, ho scritto e pubblicato qualche racconto e qualche articolo. Dentro e fuori da web, con discreta soddisfazione. E, sì, anche testi per canzoni, con tre album all'attivo. L'ultimo, in particolare, non è male.
Il titolo è Dinosaurs, tutti i dettagli li trovate sul sito dell'etichetta che lo ha pubblicato www.powerzonerecords.com ed alla batteria c'è quel Vinny Appice che, giovanissimo, suonava con Yoko Ono e John Lennon e, qualche anno dopo, con i Black Sabbath del periodo d'oro.
Ma, suppongo, la cosa più interessante che ho fatto fino ad ora sia stata fondare Progetto Babele. Rivista letteraria con sito omonimo (o sito con rivista letteraria allegata, non ne sono certo) che, ancora adesso che ne ne sono usciti quasi venti numeri e la novità è ampiamente passata, sta riscuotendo un discreto successo.
[LTN]: Caporedattore e fondatore di Progetto Babele. A cosa si deve il titolo? Qual è, in poche parole, il tuo compito?
[MRC]: Cosa faccio per PB? Parecchio! :)
In particolare, quasi tutto quello che, nei paesi anglosassoni, chiamano donkey job. Cioè i lavori noiosi e ripetitivi che portano avanti la baracca e nessuno vorrebbe fare.
Ad esempio, impaginazione della rivista, aggiornamento del sito, gestione del gruppo di lettura (con Claudio Palmieri e Carlo Santulli) e della sezione concorsi letterari (con Alessandra Spagnolo).
E poi, ancora, spedizione dei libri in recensione, gestione della corrispondenza con gli autori ed i collaboratori, stesura delle newsletter periodiche. Questo solo per quanto riguarda la rivista, ma ci sono anche i Libri di PB, per i quali curo impaginazione, parte grafica, stampa (che viene realizzata fisicamente da Stampalibri.it), distribuzione e vendita.
Ovviamente, c'è anche una parte creativa (e divertente), come la scelta finale del materiale da inserire sulla rivista (racconti, recensioni, articoli, traduzioni, poesie) che viene effettuata in collaborazione con Carlo Santulli, Pietro Pancamo ed altri collaboratori o la stesura di annotazioni, riempitivi e biografie.
Nel complesso, comunque, una vera e propria faticaccia!
[LTN]: Come mai nell’home page di www.progettobabele.it è riportato l'incipit de La biblioteca di Babele di Borges?
[MRC]: C'è una similitudine, quasi inquietante, tra l'immaginaria Biblioteca di Babele di Borges ed Internet, contenitore non reale e quindi potenzialmente infinito di tutta la conoscenza umana, dei nostri sogni ed anche dei nostri errori (od orrori).
PB non è che un frammento (uno scaffale) di questa infinita biblioteca di cui il genio di Borges aveva intuito la possibilità.
[LTN]: Quando e come nascono sito Web e rivista elettronica?
[MRC]: Ah, questo è facile. PB nasce tra il 2002 ed il 2003 come conseguenza di una “pizzata” organizzata da Beppe Severgnini a Dublino. All'epoca abitavo in Irlanda (a Cork, per la precisione) ed era il periodo di massimo splendore dei siti di narrativa “contenitore” (come SF2 o Liberi di Scrivere, per citarne un paio) di cui già si avvertivano i limiti ed i rischi di congestione. Si era parlato molto, durante la cena, di libri, racconti e scrittori. Ritornando a casa mi è venuta questa idea di dar vita ad una rivista letteraria vecchio stile nell'impostazione e nella forma. Con una redazione, un lato quasi ... didattico/divulgativo e tutte le componenti tradizionali. Ma che potesse anche viaggiare attraverso Internet, così da azzerare i costi di stampa e distribuzione, senza però essere soltanto “un sito”.
Così è nata PB, un “PDF” scaricabile, ma non modificabile, così come un vero prodotto cartaceo, che però non costa nulla al lettore perché la stampa vera e propria può essere effettuata in proprio (se si vuole) e tutto il lavoro di redazione è svolto da volontari.
Non credo di essere stato il primo a pensarci ma, tra le riviste di questo tipo, PB è certamente una delle più longeve.
[LTN]: Da chi è formata l’equipe?
[MRC]: Molte persone si sono avvicendate nella redazione - virtuale - di PB nel corso di questi tre anni. Dato che, come capita sempre in un'associazione culturale, il tempo effettivamente disponibile è subordinato a lavoro, studio, famiglia e cose di questo genere. Citerò alcuni nomi, ma premetto già che la lista è incompleta e che il merito (o la colpa) della sopravvivenza di PB si deve a tutti, inclusi quelli che non posso nominare per motivi di spazio. Partiamo da Carlo Santulli, coordinatore del gruppo di recensione e vera e propria “colonna” della rivista, Claudio Palmieri, che si occupa assieme a me del gruppo di lettura, e Pietro Pancamo, caporedattore della sezione poesia. Poi, in ordine sparso, Alessandra Spagnolo, Paolo Durando, Mario Laudonio, Paolo Costante (che gestisce Reietti, il romanzo a più mani), Fabio Monteduro, Fabio Battisti, Sabina Marchesi e Paolo Durando.
E tutti gli altri, ovvio!
[LTN]: Com’è organizzato il lavoro?
[MRC]: L'organizzazione del lavoro è, in effetti, un punto critico, perché, fisicamente, siamo sparsi su due continenti... Sarebbe molto bello e molto produttivo disporre di una vera redazione, di un luogo dove incontrarsi. Purtroppo, questo è totalmente impossibile, così ho cercato di definire delle “procedure”, in parte automatizzate attraverso il sito, per gestire l'arrivo, la lettura e la valutazione del materiale inviato dai collaboratori fissi e saltuari. In linea di massima, tutti i testi che entrano (classificati in: racconti, poesie, articoli, recensioni e traduzioni) sono archiviati in un database on line e sottoposti al vaglio di un gruppo di lettura che esprime un primo parere. Tra tutti gli elaborati giudicati pubblicabili, il caporedattore (io) con l'aiuto di altri membri della redazione (che possono variare di volta in volta), sceglie quelli più adatti (per attinenza tematica, di genere o contenutistica) al numero in lavorazione.
Una volta definito il materiale, inizia la lunga fase di impaginazione, durante la quale ci possono essere modifiche anche sostanziali nell'indice o possono nascere idee per l'inserimento di nuovi articoli, spunti o riflessioni.
Contemporaneamente vengono gestiti numerosi progetti paralleli tramite il sito, come le recensioni cinematografiche, il romanzo collettivo “Reietti” e le nuove rubriche “Italiani in...” e “Letterature nel mondo”.
[LTN]: Tantissimi collaboratori, quindi più materiale per la pubblicazione e, di conseguenza, più possibilità di scelta. C’è un rovescio della medaglia?
[MRC]: Sì che c'è... Anzi, due (può una medaglia avere due rovesci?).
Il primo è che, su duecento racconti di buona qualità che ci arrivano ogni anno, possiamo pubblicarne al massimo sessanta o settanta (includendo i numeri speciali estivi). Non credo che, in un campo complesso e del tutto opinabile come è la letteratura, si possano stilare delle “classifiche” esatte di merito. Come tale, dovendo decidere tra molti testi di valore equivalente, siamo costretti ad operare scelte difficili e, qualche volta, arbitrarie.
L'altro problema è la mancanza di tempo – come ho già detto, tutti noi abbiamo lavori “veri” che con la letteratura hanno poco o nulla a che vedere - che rende molto difficile poter leggere “tutto” e causa il ritardo cronico in cui ci dibattiamo e, a volte, qualche problema con i lettori più impazienti che non si rendono conto del gran lavoro che sta “dietro” la pagina stampata (o la schermata a video).
[LTN]: Quanto tempo occorre per l’impaginazione?
[MRC]: Per un numero di cento pagine, qualcosa come 80 ore-uomo!
[LTN]: Tra tanta letteratura italiana e straniera, a cosa si dà la preferenza?
[MRC]: Cerchiamo di fare un mix. Carlo Santulli, ad esempio, gestisce una rubrica molto interessante di “riscoperte” di autori italiani ingiustamente dimenticati, mentre Rossella Maria Luisa Bartolucci pubblica periodicamente schede biografiche sui “classici”, da D'Annunzio a Boccaccio. Però parliamo anche di King, Conan Doyle, John Fante o Lovecraft. Ed, ovviamente, di autori emergenti italiani.
[LTN]: La “Letteratura per divertimento” (sottotitolo di Progetto Babele) ha un valore educativo?
[MRC]: Più che un intento, il valore educativo è una conseguenza. Noi proponiamo temi che riteniamo interessanti. Non siamo esaustivi, non riusciamo ad esserlo ma non lo vorremmo neppure. Però i nostri spunti possono stimolare un interesse, abituare alla curiosità. Suggerire un approfondimento. In questo senso, sì, PB può avere una funzione educativa.
[LTN]: Quali i tuoi “Consigli di Lettura”?
[MRC]: Così, su due piedi? Bruce Chatwin, direi. In particolare Patagonia e Le vie dei canti. Ma è un amore recente. Tra quelli più sedimentati, sicuramente Piero Chiara e Guareschi, Conan Doyle e Salgari, Saint Exupery, Prevert e Simenon.
[LTN]: Hai concluso la recensione a “Il tempo sospeso” di Katia Amadio con “Peccato che la verità, a volte, sia una maledizione assai peggiore dell’ignoranza...”. Vuoi commentare?
[MRC]: Discorso molto ampio. Un po' troppo per parlarne in questa sede. Lasciamo rispondere Borges: “Essere immortale è cosa da poco, tutte le creature – tranne l'uomo - lo sono, giacché ignorano la morte”.
[LTN]: Ezine, senza fini di lucro, disponibile su supporto cartaceo. Chi e perché predilige la copia cartacea?
[MRC]: In tanti, più di quanti si potrebbe pensare. Ed io sono uno di loro. Colpa di mio padre che mi ha fatto crescere in mezzo ai libri e che mi portava con lui in certi negozi polverosi pieni di volumi usati. Ho bisogno del contatto fisico con la carta, di sentire la pagina tra le dita, del piacere solitario di un pomeriggio grigio e pigro da trascorrere con un libro sulle ginocchia. Il formato elettronico ha i suoi vantaggi, ma anche qualche problema di portabilità per uno come me che, da ragazzo, per studiare si arrampicava su un ciliegio e si sedeva a cavallo di un ramo!
[LTN]: “Il parere di PB”. Di cosa si occupa la sezione?
[MRC]: Di recensioni, ma solo per i libri che ci vengono mandati direttamente dagli autori. Qualsiasi scrittore esordiente può spedirci un romanzo, o una raccolta di poesie o di racconti (le istruzioni sono sul sito). Noi riceviamo, cataloghiamo ed inviamo ad uno dei nostri “recensori”. Una trentina di collaboratori sparsi in tutta Italia (qualcuno anche all'estero) che, pazientemente, leggono e commentano. Il servizio è, ovviamente, gratuito. Al recensore resta solo, come compenso, una copia del libro.
Lo scopo delle recensioni è, soprattutto, quello di aiutare gli autori ad evidenziare eventuali limiti della trama o della forma. Ovvero a migliorare tecnica e stile.
Non “stronchiamo” (quasi) mai, in fondo, siamo solo lettori. Niente critici letterari su PB!
[LTN]: Una valutazione sul panorama narrativo degli esordienti.
[MRC]: Il talento è abbastanza ben distribuito, il genio è un po' più raro :) (La frase non è mia, ma non ricordo la fonte...). Come a dire che, in giro, ci sono ottimi autori, gente che sa scrivere veramente bene, però si notano anche una serie di errori “strutturali” e ricorrenti. Ad esempio, una tendenza eccessiva all'autobiografismo ed all'introspezione. Cosa che può facilmente stancare il lettore: la sofferenza altrui è raramente stimolante, di solito preferiamo concentrarci sulla nostra. Abbondano anche gli autori pseudo-maledetti, che reinterpretano in chiave provinciale le sbornie di Bukowsky o le malinconie di Kerouak. Anche dove non mancano capacità e stile, il risultato è spesso poco stimolante ed ha il sapore del brodo riscaldato. Tutti gli autori sembrano pervasi da una sorta di fretta, da un desiderio famelico di bruciare le tappe che impone di pubblicare tutto e subito, senza concedersi il tempo necessario a maturare, come persone e come scrittori. Una conseguenza dei tempi incerti in cui viviamo? Può essere. Scrivere è spesso una via di fuga. Per contro (o come conseguenza), sono molto rari gli autori che si preoccupano della complessità e della coerenza della trama, che si documentano, che badano a delineare accuratamente i personaggi (che quasi sempre restano stereotipi a malapena abbozzati) per renderli credibili, autonomi... indimenticabili. Ci si scorda troppo spesso di come siano i personaggi, quel che rimane di un libro a fine lettura: tutti conoscono Ahab... ma quanti ricordano, capitolo per capitolo, la trama di Moby Dick? Similmente, questa sorta di standardizzazione si estende anche alle ambientazioni. Sarebbe forse ora di lasciar perdere discoteche affollate, vite rovinate dall'alcool, cocaina e pasticche, manager in carriera, auto di lusso ed isole tropicali. Via, c'è altro da raccontare. Mai pensato ad un bel romanzo storico? :)
[LTN]: I traguardi dell’horror straniero nella narrativa sono ancora lontani per i narratori italiani?
[MRC]: Sì e no. A giudicare dal materiale che arriva in redazione, ci sono degli autori molto interessanti che meriterebbero di essere conosciuti dal grande pubblico. Mi vengono in mente Luigi Boccia e Gordiano Lupi, ma anche Paoletti, Roberta Mochi o Giovanni Buzi e tanti altri, molti dei quali frequentano abitualmente le pagine de “La Tela Nera”. Mi sembra che non ci sia, piuttosto, la dovuta attenzione da parte del mondo editoriale (parlo dei grandi editori). È come se, in Italia, si continuasse a ritenere l'horror un genere letterario di seconda categoria. No, neppure questo è esatto. Non è scrivere horror che relega alla serie B, è il fatto di essere italiano e di scrivere horror. Le due cose insieme costituiscono, secondo i grandi editori, un passaporto perfetto per il ghetto della sottoletteratura.
Certo, per noi (italiani) scrivere horror non è facile. Stephen King, quando scrive, ha alle spalle Lovecraft, Poe, Hodgson, M.R.James o Blackwood e, con loro, tutto l'immaginario gotico ed oscuro del mondo anglosassone e scandinavo. Le atmosfere mediterranee sono più avare di sensazioni crepuscolari (con le dovute eccezioni), da qui la difficoltà per uno scrittore di casa nostra ad accostarsi al genere horror ed il rischio, continuo, di produrre solo una piacevole, ma poco originale, imitazione di modelli che non ci appartengono.
[LTN]: Se potessi intervistare Stephen King, con quale domanda inizieresti?
[MRC]: “Ma come fa a scrivere tanto”?
[LTN]: Ci sono note le tue interviste. Ti piacerebbe condurre “Che tempo che fa” di Fabio Fazio? Chi vorresti intervistare vis a vis?
[MRC]: “Che tempo che fa”? Non ci avevo mai pensato :) È che non ho presenza scenica. Comunque, sulla risposta non ho dubbi. Vorrei incontrare Enzo Biagi.
[LTN]: I Martiria: Andy, Rick, Derek, Maurizio e.. Marco Roberto?
[MRC]: Ecco, appunto. Beh, con i Martiria è una bella collaborazione. Due album all'attivo, un gran successo di critica. Poche le copie vendute, in realtà, ma chi compra più dischi adesso che c'è il peer to peer? Scrivere testi per canzoni è stata una sfida. Una metrica già definita da “riempire” di parole, cercando, al tempo stesso, musicalità, ritmo ed, ovviamente, di raccontare una storia.
In più, tutto questo, in un'altra lingua. L'inglese che, per quanto io possa conoscere bene, non è la mia lingua madre.
Il risultato è stato, per me, sorprendente.
Però io mi sorprendo facilmente.
[LTN]: Una fondamentale differenza tra scrivere una poesia e scrivere un testo musicale?
[MRC]: Sono due cose molto diverse. Il testo musicale, senza musica, è impacciato come l'albatro di Coleridge sul ponte della nave. Zoppica, si inceppa. È, persino, sgradevole, imbarazzante.
La poesia, invece, quando è vera poesia, scivola via leggera dal primo all'ultimo verso.
Non c'è neppure bisogno di recitarla, basta vederla stampata.
[LTN]: Okay, siamo giunti alla conclusione. Ti ringrazio, Marco. È stato un piacere intervistarti. Di solito sei tu a fare le domande, ad avere, come si suol dire, “il coltello dalla parte del manico”. Come ci si sente, invece, dalla parte opposta?
[MRC]: È più facile. In fondo, la parte creativa di una intervista sono le domande (e le tue erano di quelle mica male). Per rispondere, basta tirare un respiro profondo e... scrivere.
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