Intervista a Gianfranco Manfredi

Libri > Interviste > Quattro chiacchiere con l'autore del bel Magia Rossa (e non solo)

Intervista a Gianfranco Manfredi La Gargoyle Books ha da poco riportato sugli scaffali delle librerie italiane un imprescindibile romanzo horror Made in Italy, Magia Rossa, scritto dal poliedrico e noto Gianfranco Manfredi venticinque anni fa: era ora che una così bella opera tornasse a disposizione di tutti gli appassionati "di genere" e non solo.
Ne abbiamo approfittato per scambiare quattro chiacchiere con l'autore...


[LTN]: Magia Rossa ha visto la luce nel 1982, conosciuto una ristampa nel 1993 e ora ricompare nuovamente nel 2006. Sapresti farci un quadro generale della situazione editoriale per quanto concerne l'horror e il soprannaturale nelle tre diverse epoche, con analogie e differenze?
[GM]: Domanda difficile. Per limitarci al contesto editoriale delle uscite di Magia Rossa, direi che il 1983 era un anno precoce per un horror italiano, nel senso che l’horror non poteva certo dirsi una tendenza, d’altro canto nel cinema eravamo invece nel pieno di una stagione molto interessante; negli anni '90 il successo di Dylan Dog aveva risvegliato un certo interesse editoriale, eppure non si notava certo l’emergere di un “filone horror” anzi i nuovi scrittori sembravano preferirgli di gran lunga il thriller, il noir e il poliziesco, quanto al cinema horror era in piena decadenza; di questi tempi l’horror letterario italiano continua a segnare il passo, ma in compenso il cinema horror internazionale è in piena ripresa e offre continui esempi di grande interesse anche stilistico.

[LTN]: Al momento della proposta di una ristampa ora, nel nuovo millennio, ti sei posto il problema di una eventuale revisione del testo?
[GM]: No, anzi ho fatto il contrario. Nell’edizione degli anni '90 avevo cambiato qualche riga, pentendomene subito dopo. Qui ho restaurato quella originale. Non si dovrebbe mai tornare sulle cose fatte perché come scrivo nella Postfazione, un’opera una volta pubblicata non appartiene più allo scrittore, ma ai lettori. Un restauro di profondità può avere senso solo se dell’opera originale erano state magari per ragioni di opportunità o di censura editoriale, tolte delle parti, ma nel caso di Magia Rossa ero stato lasciato assolutamente libero di scrivere quello che volevo.

[LTN]: Nella postfazione citi Romero, Carpenter, Cronenberg e altri registi come alcuni dei principali motori ispirativi all'epoca. Ora, durante gli ultimi anni, ricordi qualche film o qualche nuovo regista che abbia proposto cose parimenti interessanti?
[GM]: Negli ultimi anni il cinema orientale ha dato un’importante scossa all’ambiente con cose forti e originali. Poi sono arrivate pellicole che hanno ripreso suggestioni narrative e fotografiche degli anni '70, reinterpretandole con maestria e grande sensibilità estetica (Wolf Creek valga come esempio, ma non è certo l‘unico). Ho trovato notevoli anche Saw e Hostel. Quest’ultimo è stato un film molto criticato, ma sinceramente me ne sfugge il motivo. Non sarà perfetto, ma è molto stimolante. Invece non sopporto molto il mainstream horror che ormai consiste in un modello terribilmente ripetitivo: si prende un gruppo di adolescenti di bella presenza e li si fanno sterminare uno per uno dal mostro di turno (vedi il recente Il Collezionista di Occhi, o il veramente assurdo remake di The Fog). Qui siamo sul piano del teen-horror, genere che non mi è mai piaciuto e che tra l’altro è sprovvisto della minima qualità estetica perché girato secondo parametri televisivi.

Gianfranco Manfredi - Magia Rossa [LTN]: In campo italiano conosci e stimi altri autori di genere perlomeno simile a quello di Magia Rossa? Facci qualche nome...
[GM]: Qualcosa è uscito, in ordine sparso e con poca costanza… però nessuno si è distinto particolarmente, al contrario di quanto è avvenuto con il giallo. Il fenomeno più notevole è avvenuto nel campo della letteratura per bambini dove l’horror (internazionale) ha trionfato, ma non conosco italiani che abbiano saputo cimentarsi in questo campo e assecondare i bisogni di quei piccoli vampiri dei nostri figli. Lo stesso Magia Rossa è stato e resta un romanzo tipicamente per adulti.

[LTN]: Pensi si possa uscire dal cul de sac in cui è finito il genere horror per quel che concerne le librerie? Gli scaffali sono curvi sotto il peso di noir spesso insipidi e approssimativi, polpettoni fantasy triti e ritriti e saghe fantascientifiche che non hanno poi molto di fanta o di scientifico mentre il soprannaturale muore di anno in anno. Qual è la cura?
[GM]: Non credo ci sia altra cura che lasciare sfogare la malattia fino alle conseguenze finali. Proprio eri sera ero a una cena di colleghi scrittori (non di horror, scrittori e basta). Una scrittrice presente ha citato un dato impressionante: pare che gli scrittori italiani (contando tutti quelli che hanno pubblicato almeno un libro tra saggistica e romanzi) ammontino a novemila! C’è una sproporzione allucinante tra scrittori e lettori. I primi crescono in proporzione geometrica, gli altri calano altrettanto rapidamente. Io non riesco (e non sono il solo) a capire come si faccia a scrivere senza leggere. Pubblicare un romanzo è diventato una sorta di status symbol (risibile peraltro, visto che dopo un quarto d’ora di gloria apparente, poi quelle tonnellate di carta finiscono al macero). Quando si scrive per assumere una veste sociale, cioè una minima, patetica patente di Personaggio/Autore, non si scrive più né per vocazione né per il pubblico e questa è la fine della scrittura. L’horror inoltre non si rivolge a tutti, ma a pochi, e gente che aspira alla fama per quale motivo dovrebbe dedicarsi con passione a un genere cosiddetto di target o di nicchia? Quelli (gli scrittori massa) vogliono raggiungere tutti, vanno in cerca del pubblico omologato nato dalla Tv generalista, scrivono gialli perché sentono dire che è di moda, ma se annusano che va di moda l’adolescenziale alla Melissa P. o alla Tre Metri sopra il cielo, si buttano con la stessa disinvoltura su quello. Da questo punto di vista mi auguro che l’horror letterario continui a restare raro e non diventi mai una moda in Italia altrimenti verremmo letteralmente infestati dalla genia degli scrittori non-lettori.

[LTN]: Consigli per qualche folle esordiente che si ostini a cercare di pubblicare in Italia?
[GM]: Come ho già detto, pubblicano in troppi. Se uno vuole pubblicare un editore lo trova sempre, magari piccolo, magari a pagamento, magari pubblicandosi da solo sul proprio blog. Il punto non è pubblicare, ma avere qualcosa da esprimere che non sia il semplice riflesso del proprio narcisismo e scrivere su uno standard quanto meno decente. Tutti possono divertirsi a ballare in discoteca, ma fare i ballerini professionisti è un altro discorso.

[LTN]: Nel nostro Paese, da circa cinque anni, si è formato in Rete un agguerritissimo movimento di scrittori horror/noir, e La Tela Nera rappresenta un pò il covo di tale movimento. Ti sei mai imbattuto negli scritti di questi “audaci” e se si, come giudichi la qualità della loro proposta letteraria?
[GM]: Chiedo scusa, ma pubblicando io da anni (tra romanzi e fumetti) una media di tremila pagine all’anno, e leggendo moltissimo perché sia i miei romanzi che le mie sceneggiature si fondano su una documentazione e una ricerca molto scrupolose, non ho molto tempo né per seguire le novità che sbucano ogni giorno in libreria, né quelle che affiorano ogni minuto in rete. Leggo però molto attentamente tutte le cose che mi vengono inviate per avere un consiglio o un parere e a questo scopo pubblico anche un corso di sceneggiatura totalmente gratuito, sul mio sito, cercando di aiutare come posso gli esordienti ad acquisire il bagaglio tecnico e di conoscenza che ritengo indispensabile per chi voglia scrivere non occasionalmente, ma come professione. Vivere di scrittura non è affatto facile: gli scrittori professionisti in Italia si contano a decine, non a migliaia. E quelli che non lo fanno come secondo lavoro, ma come lavoro esclusivo, riuscendo a vivere di questo, sono davvero pochi. Se non si legge molto, se non si è disposti a sacrificare la propria vita alla scrivania, ci sono lavori sicuramente più lucrosi e che consentono un’esistenza più vivace sul piano sociale. Gli scrittori che diventano ricchi sono un’eccezione assoluta. Dunque va benissimo scrivere perché si sente l’urgenza di esprimersi con la parola scritta, ma tra questo e farne una scelta di vita ce ne corre e bisogna rendersi conto che non si farà una vita di agi. I migliori scrittori (e ne conosco tanti) sono abituati a condurre una vita modesta ed è questo che consente loro di restare vicini e di capire i problemi e i desideri della gente comune. Ne ho anche conosciuti alcuni che dopo un successo clamoroso sono entrati in crisi creativa e non sono riusciti a scrivere più niente o quanto mano nulla di valido (per loro stessa ammissione). D’altro canto continuo a ritenere quello dello scrittore il lavoro più bello e più libero del mondo e penso che venire pagati per raccontare delle storie sia un privilegio. Bisogna battersi per meritarlo e per farcela è indispensabile essere estremamente preparati, sensibili, più aperti alla ricerca espressiva che al denaro. A meno naturalmente che la propria aspirazione non sia quella di diventare un logo, dopodiché si pagano scrittori ombra, ghost writers e redazioni che lavorano al posto tuo. Quando si firmano contratti a parola (cioè pagati per numero di parole)come fanno certi americani è quasi inevitabile finire così, non si è più uno scrittore, ma il marchio di una ditta che sforna prodotti in serie.

[LTN]: Secondo te internet può rappresentare una valida vetrina per chi cerca di imporsi come autore horror o noir nella difficile situazione editoriale italiana?
[GM]: A proposito di Internet, credo che comunque e a prescindere dall’horror i siti letterari migliori si siano imposti perché hanno dei criteri, cioè non pubblicano qualsiasi cosa, ma scelgono. Per esempio il gruppo di scrittori e collaboratori che gravitano attorno al sito di Valerio Evangelisti o a quello dei Wu Ming, vengono anzitutto stimolati ad essere dei buoni lettori, cioè quanto meno a leggere anche le cose che scrivono gli altri, e quando diventano parte attiva, redazionale, del sito, sono in grado di fare da filtro cioè di scegliere i contributi più interessanti. Se invece si spalanca il portone a chiunque, si avranno anche più contatti, lì per lì, ma alla lunga si diventa inutili, perché per l’autoespressione più o meno narcisistica ci sono già i blog. I siti dovrebbero essere dei forum permanenti dove gli esordienti e non solo loro si incontrano, si valutano, si confrontano e magari trovano persino modo di collaborare a progetti comuni. Il livello dei contributi critici dovrebbe essere sempre molto curato, come quello delle recensioni. Se si critica una traduzione, bisognerebbe quanto meno aver letto l’originale nella sua lingua. Se ci si propone come critici o esperti di letteratura americana (anche horror) dovrebbe essere un obbligo conoscere l’inglese, anche per poter segnalare testi interessanti alla case editrici che di lettori specializzati non ne hanno quasi più. La presunzione dello sparare giudizi senza preparazione andrebbe evitata con cura e con senso di umiltà. Non si è un’autorità in materia solo perché si gestisce un sito. Per fare un esempio tratto da un altro campo, trovo che la rivista di cinema Nocturno sia fatta molto bene, da persone sicuramente competenti, il cui giudizio ovviamente può essere sempre discutibile, ma mai messo in questione per superficialità. Lo stesso rigore dovrebbero avere i siti che avendo tra l’altro tempi di pubblicazione più immediati, potrebbero fornire anticipazioni succose e suggerimenti importanti quasi a getto continuo. Più un sito acquista credibilità, più saranno credibili gli scritti di esordienti che ospita, ma perché ciò sia possibile gli esordienti devono essere preparati, altrimenti il sito precipita in breve tempo nel chiacchiericcio più effimero e nell’insignificanza.

[LTN]: Domanda forse scomoda, ma hai più o meno idea delle copie vendute per quanto riguarda le due precedenti edizioni di Magia Rossa?
[GM]: Non è scomoda, è inutile. Anzitutto nello specifico non ho mai fatto i conti (presumo che Magia Rossa abbia venduto tra le varie edizioni, quelle di Feltrinelli furono due, sulle trentamila copie). Ma il numero di copie vendute corrisponde molto poco al numero dei lettori. Anni fa usciva una rivista a cura delle Biblioteche Pubbliche Italiane che riferiva i dati dei prestiti e delle letture: quei dati trasgredivano ogni classifica pubblicata dai giornali e in essi la narrativa di genere superava di gran lunga quella scolastica o generalista. La narrativa da Premio Letterario era quasi assente! Chiunque frequenti una biblioteca sa bene che le copie di un libro, che so, di Peter Straub (che ha sempre venduto molto poco in Italia) sono consunte a furia di letture. Infine, ho sperimentato personalmente che nei vari decenni le classifiche di vendita sono sempre state artatamente e in diverso modo alterate, in tutti i settori. Per esempio nei dischi, siccome sono stato anche autore di brani interpretati e pubblicati da altri (cantanti molto più celebri e popolari di me) mi sono accorto spesso che album dati per campioni di vendita e rimasti in classifica per quasi un anno intero come se avessero venduto un milione di copie, in realtà avevano a fatica superato le centomila copie stampate. Ogni volta mi chiedevo: sono falsi cioè al ribasso i dati forniti dalle case discografiche alla Siae, sono falsi i dati pubblicizzati dalle classifiche, o sono falsi entrambi? Un giorno Fabrizio De Andrè mi confessò ridendo (era molto ironico e disincantato su questo) che un suo 45 giri finito subito primo in classifica, non era stato ancora neppure distribuito nei negozi, a causa di un ritardo delle stampe. Quando uscì Magia Rossa, un altro libro Feltrinelli uscito quasi contemporaneamente ebbe immediatamente l’onore della classifica. Mi recai dall’allora direttore editoriale Franco Occhetto per capire se il mio libro (che invece non era in classifica) era fermo o si stava muovendo. Lui mi mostrò (anche lui ridacchiando) il tabulato delle vendite da cui risultata che quel libro subito in classifica, alla terza ristampa non aveva ancora raggiunto le cifre della mia prima. “Ma allora come mai Magia Rossa non è mai stato in classifica?” Gli chiesi io. E lui: ”Cosa vuoi... le classifiche. Ti stupisci proprio tu che vieni dai dischi?” In conclusione: stante che non c’è rapporto tra la qualità letteraria di un libro e il numero di copie vendute, in Italia la mera realtà di mercato nessuno la vuole vedere, non la si conosce proprio e se anche la si conosce si fa di tutto per occultarla o rivoltarla a proprio comodo. Fondare qualsiasi genere di giudizio sulla base dei presunti dati di vendita è dunque un esercizio puramente inutile.

[LTN]: Quanto tempo è passato dall'ideazione alla stesura definitiva? Quanta la mole di ricerca storica eseguita?
[GM]: A posteriori mi è sembrato che il tempo fosse stato brevissimo, diciamo un mese. Ma può anche darsi che sia stato più lungo, di certo non superiore a tre mesi (dall’ideazione alla revisione finale). La ricerca storica fu notevole, ma dato che all’epoca ero fresco di studi universitari e reduce da un paio di anni come ricercatore presso l’università, molti degli studi confluiti in Magia Rossa li avevo fatti prima.

[LTN]: Nei tuoi romanzi, Milano diventa spesso scenario dell’azione. Milano come Arkham o Castle Rock, possibile?
[GM]: Beh, la Milano di quegli anni la conoscevo in tutti i risvolti, dunque era per me uno scenario abituale. Nel caso di Magia Rossa era anche uno scenario obbligato, dato che lì c’era un richiamo alla tradizione anarchica della fine ottocento e alla letteratura degli Scapigliati. Però il mio romanzo successivo (Cromantica) già si spostava da Milano alla Valtellina e quello dopo ancora (Ultimi Vampiri) dilagava per tutta l’Europa, dunque no... Milano non è mai stato per me uno scenario fisso o centrale. Persino Magia Rossa del resto era stato influenzato dal clima che avevo vissuto a Roma, come ricordo nella Postfazione.

[LTN]: Possiamo aspettarci nell'immediato futuro qualche nuovo romanzo di genere da parte del papà di Magico Vento?
[GM]: Sto studiando molto per preparare il mio prossimo romanzo che causa impegni fumettistici non uscirà prima del 2008. Sì, è un horror, o meglio un gotico. Non ne voglio parlare adesso, posso solo dire che è un progetto molto impegnativo e stranissimo che tratta di ambienti e vicende su cui in Italia non si è mai pubblicato nulla letterariamente e di cui non si conosce assolutamente nulla. Dunque suppongo che sarà un sicuro insuccesso! E questo mi stimola il doppio. Mi comporterà una trasferta di studio all’estero per qualche tempo. Vorrei anche pubblicarlo all’estero in quasi contemporanea con l’uscita italiana.

[LTN]: Dal 1977 al 1994 ti sei dedicato molto al teatro. Che tipo di esperienza è stata per te?
[GM]: Bellissima. In una cosa l’attore e lo scrittore sono simili: rappresentano gli altri, possono essere molteplici, incarnare figure diverse, persino di secoli diversi. (Tra l’altro, Bram Stoker era un agente teatrale e il modello di Dracula non era affatto Vlad Tepes, ma Henry Irving, l’attore da lui rappresentato).

[LTN]: Forse non tutti sanno che vanti anche una notevole produzione musicale. Ancor meno credo che si sappia che hai scritto i testi di alcune bellissime canzoni di artisti come Mia Martini, Massimo Boldi, Heather Parisi, Gianna Nannini, Mina, Gino Paoli, Drupi, Ricky Gianco, Giorgio Faletti... anzi, parliamo proprio di quest’ultimo caso: sarà mica stata quest’ultima collaborazione con Faletti a dargli l’input a scrivere thriller di successo?
[GM]: Non penso proprio. È stata di sicuro una sua maturazione. Giorgio ha sempre scritto e prima di debuttare come comico era autore di testi comici per altri, dunque non mi ha affatto sorpreso che dopo un periodo di calo della sua fortuna come comico abbia scelto di dedicarsi alla scrittura.

[LTN]: Hai partecipato al Festival di San Remo con il gruppo I Figli di Bubba! Che tipo di esperienza è stata?
[GM]: No, il Manfredi dei Figli di Bubba è mio fratello Roberto, attualmente autore di Piero Chiambretti e produttore televisivo. Anche mio fratello ha cominciato con la musica e negli anni in cui esordivo come cantautore lui produceva dischi (tra l’altro produsse dischi di Roberto Benigni e di Paolo Conte). La sua partecipazione al Festival sul palco è stata occasionale, nel senso che lui ha sempre preferito stare dietro le quinte anche se ha una presenza e una vena attoriale notevole. Come strumentista poi l’ho sempre invidiato perché qualunque strumento prenda in mano, anche ignoto, si mette lì e lo suona. Io invece suono la chitarra ancore come la suonavo a tredici anni, cioè male. In questo sono un tipico cantautore. Ho anche composto delle musiche, ma facendole sempre suonare da chi è capace.

[LTN]: Passiamo al fumetto: Manfredi e Magico Vento duo imprescindibile. Una cosa che mi sono sempre chiesto è perché Poe come partner fisso? Perché non Ambrose Bierce, per esempio?
[GM]: Perché Poe (nel senso di Edgar Allan) per me è stato infinitamente più importante di Bierce.

[LTN]: La Volta Nera, nemesi perpetua del nostro MV. Sbaglio o è un pò la metafora dei Poteri Occulti nel mondo?
[GM]: Sul numero di settembre di Magico vento uscirà un pezzo abbastanza approfondito sulla Volta Nera, sul suo significato e sulle fonti cui mi sono ispirato. Comunque, sì la tua sintesi è esatta. Il Potere si nutre sempre di qualcosa di occulto e di oscuro.

[LTN]: Un’ultima domanda: immagina che la Marvel Comics ti chiedesse di sceneggiare una delle sue serie storiche, a quale ti piacerebbe metter mano?
[GM]: No, per carità, ho già abbastanza cose da fare e da scrivere per conto mio, ci mancano solo i super-eroi. Francamente, a parte Barman e l’Uomo Ragno, gli altri mi stanno tutti sulle palle. Sono appena tornato da un mese a San Francisco: è davvero agghiacciante notare come nelle librerie e nelle botteghe di fumetti a parte i manga venduti all’ingrosso non si trovi altro che super-eroi. La Marvel ha un dominio assoluto sulla distribuzione. Altre case editrici che pure pubblicano cose interessanti (come la Dark Horse) si notano appena. Una alternativa sono i fumetti Vertigo che vantano una buona presenza, e hanno temi più vari, ma per il resto è un disastro assoluto:l’underground sparito, le fanzine falcidiate, il fumetto di sperimentazione assente, quello politico alla frutta. Basta con i super-eroi, non se ne può davvero più. A furia di insistere su questo monotema gli americani si sono del tutto estraniati dal mondo. Quanto agli autori uno solo se ne vede in libreria, strapubblicato: Alan Moore. Possibile che in un continente così vasto ce ne sia solo uno che meriti rilievo?
Lasciamoli proprio perdere gli americani. In questo campo purtroppo non rappresentano più niente. E tra l’altro i loro fumetti sono carissimi (quindici dollari per cinquanta tavole scarse), vengono stampati in Cina per risparmiare sulla carta e sulla composizione e i loro autori sono pagati meno di quanto li paghi Bonelli. Dunque almeno in questo smettiamola di lamentarci e di invidiarli: siamo meglio noi.

[LTN]: Stavolta mi tolgo io la soddisfazione di salutarti nello stesso modo in cui Poe ha salutato noi ardenti lettori per (finora) 104 volte: Mitakuye Oyasin, Gianfranco, e grazie per la tua squisita disponibilità...

Intervista a Gianfranco Manfredi
Intervista realizzata da: Domenico Nigro
Pubblicata il 02/06/2009

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