Dolcetto o Scherzetto?

Un racconto sulla notte di Halloween scritto da Laura Cherri

"Dannato Halloween", grugnì William Scott mentre sbirciava fuori dalla finestra i gruppetti di bambini che si spostavano da una casa all'altra in cerca di dolci e caramelle.
Lui odiava Halloween. L'aveva sempre odiato, fin da bambino, posto che gli fosse mai capitata una cosa orrenda come l'infanzia. A ottantadue anni continuava a detestarlo, così come detestava i mille acciacchi che affliggevano il suo corpo di vecchio. La considerava la festa più idiota dell'universo, persino più idiota di quella di San Valentino. Quei cerebrolesi in costume suonavano il campanello di continuo, dondolandosi sulle gambette in attesa che lui venisse ad aprire. Protendevano le loro mani e lo fissavano con quegli occhietti capaci di intenerire un qualsiasi adulto dotato di un briciolo di istinto materno o paterno. Tranne lui. Perché lui li odiava in modo viscerale, ecco dove stava la differenza. Durante l'anno i bastardi non facevano altro che ideare scherzi crudeli ai suoi danni, per poi presentarsi ad Halloween sulla soglia di casa con l'aureola sopra la testa.
"Piccoli mocciosi..." sussurrò tra le pieghe di una smorfia di puro disgusto. Li vedeva dalla finestra e scuoteva la testa. Ce n'erano a decine, là fuori. Saltellavano, gridavano, sghignazzavano. Avrebbe venduto l'anima al diavolo in cambio di un acquazzone di acido solforico. Poltiglia d'infanti lungo tutte le strade. Il sogno della sua vita.
Aggrottò le sopracciglia quando vide Casper il fantasmino e Dracula il vampiro che si avvicinavano alla sua porta. Li guidava una bambina che calzava sulla testa una zucca di Halloween di plastica. La zucca era intagliata come si usa fare con quelle vere, con due triangoli al posto degli occhi, uno per il naso, e una zigzagante linea incurvata all'insù per bocca. Il suo travestimento finiva lì. Di seguito venivano un normalissimo vestitino bianco e un paio di scarpette nere di vernice.
"Ma che cariiini..." sibilò William ghignando. Il suo viso era una ragnatela di rughe, maschera di una vecchiaia acida e solitaria. Udì il campanello e si voltò verso la porta.
"Hanno davvero il coraggio di venire qui?" chiese sorpreso alla stanza vuota. Il campanello suonò di nuovo e i suoi occhi acquosi si animarono di odio e disprezzo. "Ah, sì? Adesso vi faccio vedere io."
Andò alla porta e la spalancò di colpo. Casper e Dracula trasalirono e lo fissarono intimoriti. Lui ne fu contento. Non riusciva a vedere l'espressione della bambina, ma era più che sicuro che anche lei si fosse spaventata.
"Dolcetto o scherzetto?" chiese la bambina. Tese la mano verso di lui senza esitare. La sua voce era soffocata da quella specie di casco arancione che indossava, ma William ebbe comunque l'impressione che fosse troppo matura per la sua età.
"Andatevene via, stupidi mocciosi", brontolò.
La bambina non si scompose. Prese a dondolarsi sulle gambette, proprio in quel modo che lui odiava, e ripeté: "Dolcetto o scherzetto?"
"Ma quale dolcetto e scherzetto!" gracchiò William. "Se non ve ne andate subito, io..."
"Dolcetto o scherzetto?" chiese di nuovo la bambina.
Perplesso, William fissò i due triangoli che la zucca aveva per occhi, cercando di vedere qualcosa. Il buio. Non gli riuscì di scorgere il più vago particolare del suo viso. Sembrava che dentro la zucca non ci fosse proprio nessun viso da vedere. Allungò una mano e batté le nocche sulla plastica arancione. Ne ricavò il rumore di due colpi dati a un contenitore di plastica vuoto.
"Dolcetto o scherzetto?" fece la bambina. Stessa cantilena, stessa intonazione. Come una bambola parlante.
"Ma sei sorda?" chiese William. "Ho detto di levarti dai piedi!"
"Dolcetto o scherzetto?"
William scosse la testa. "Non sei sorda, sei soltanto stupida. Levati dai piedi."
"Dolcetto o scherzetto?"
Infuriato, William fece uno scatto in avanti e ringhiò per spaventarla. Casper e Dracula fuggirono all'istante. Lei invece rimase dov'era.
"Non hai paura?" chiese William con voce pacata ma piena di minaccia.
La zucca fece segno di no e la bambina tese la mano un po' di più. "Dolcetto o scherzetto?"
"Io non ti do proprio nessun dolcetto, piccola rompiscatole."
"Scherzetto?"
"Ma certo, fammi questo scherzetto. Vediamolo, il tuo scherzetto. Voglio proprio vedere cosa..."
La bimba si frugò in tasca e tirò fuori un sacchettino di pelle nera, accuratamente chiuso con un laccio. Lo tese verso di lui e disse:"Scherzetto."
"Che cos'è?" domandò William lanciandole uno sguardo truce. Quella mossa non se l'era proprio aspettata. Avrebbe giurato che nel giro di qualche secondo gli sarebbero piovute addosso un paio di manciate di coriandoli o di stelle filanti. Lui naturalmente avrebbe dato in escandescenze e la bambina sarebbe scappata di corsa, sghignazzando stupidamente come facevano tutti i cerebrolesi della sua età. Invece la piccola vipera gli porgeva un sacchettino misterioso che, malgrado tutto, era riuscito a catturare la sua curiosità. "Avanti, che cosa sarebbe questa stupidaggine?"
"Scherzetto", rispose tranquilla la bambina e agitò il sacchettino per invitarlo a prenderlo.
"Cosa c'è lì dentro?"
"Scherzetto", ripeté la bambina e fece dondolare ancora il sacchettino. "Scherzetto, scherzetto, scherzetto!"
L'espressione sul volto di William passò dal disprezzo alla compassione. "Piccola idiota. Lo sa tua madre quanto sei idiota?"
Il sacchettino smise di oscillare e le orbite vuote della zucca lo fissarono in silenzio. La bambina depositò il sacchetto sullo zerbino.
"Niente dolcetto, perciò scherzetto", sentenziò. Gli voltò le spalle e trotterellò via, andando a unirsi agli altri bambini.
"Che scherzetto del cavolo", borbottò William e posò gli occhi sul piccolo oggetto che giaceva in mezzo allo zerbino. "Te lo do io, il dolcetto, se ti pesco un'altra volta a suonare il mio campanello." Si guardò attorno per assicurarsi che l'odiosa bambina non lo stesse tenendo d'occhio. Non si vedeva nessuna zucca arancione spuntare tra le testoline dei bambini che transitavano davanti a casa sua. Si chinò e prese il sacchettino per il laccio. Rientrò in casa e sedette sul divano. Tastò con cautela l'involucro di pelle nera per cercare di indovinare cosa contenesse, ma alla fine dovette ammettere di avere le idee piuttosto confuse. Sbuffò seccato e si decise a sciogliere il laccio. Quindi lo scosse vigorosamente per farne uscire il contenuto.
Lo scorpione cadde sulla sua coscia destra, alzò il pungiglione e lo affondò nella carne della gamba, rapido e spietato.


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