Un racconto sul Natale scritto da Laura Simonetta
La lama ricurva splende come occhi felini nella notte. È un ghigno beffardo, sospeso nel vuoto, come la falce che splende in cielo. La osservo, poi guardo a terra. Il corpo giace nudo e la luna lo illumina come acqua sulle rocce. Allento i lacci del mantello, lasciando che scivoli per perdersi tra le tenebre e affido alle radici l’acciaio. Ho il corpo caldo, candido come la neve che mi circonda e rende ogni rumore sordo. Inspiro l’aria gelida dell’inverno e mi abbandono alla notte, senza tremare: il piacere brucia la carne, divampa in me. Mi metto a cavalcioni del corpo disteso, come se lui potesse ancora eccitarsi. Inizio a strusciarmi. È ancora caldo, vigoroso. Abbandono le dita nel profilo perfetto del suo petto fino a chiuderle a pugno, stringo, decisa a non volermi fermare. Mi slancio in avanti e faccio scivolare il seno sulle sue labbra socchiuse, non fanno più male. Il rivolo di sangue che gli ricopre la tempia si allunga verso l’orecchio, forma un semicerchio, una forma amica.
Ricordo.
Cerco di sfuggire da immagini lontane, invano: non tutto si dimentica. Il mio sguardo scivola su quel corpo inerme, con odio e malinconia, mi soffermo sui suoi occhi vuoti. Sono grigi, come quelli di mio padre. Una lacrima mi bagna il volto. Gli accarezzo il collo con le punta della dita, sfiorandolo appena, per paura di cancellare la sua bellezza, poi lo bacio. La luna mi chiama, mi volto. Scompare dietro una nuvola, per riapparire più splendente di prima. Ancora oggi mi sorride, come allora.Tra qualche minuto le campane suoneranno la mezzanotte e il dolce canto bianco di Natale risuonerà nella foresta, come un eco fatato. Mi sollevo dal corpo, ora freddo e rilassato. So cosa fare. La vecchia quercia custodisce la lama, l’afferro. Un colpo, un altro, al terzo la testa rotola lungo il precipizio. Attendo che il sangue smetta di zampillare, poi mi accovaccio e con l’indice percorro l’orlo del collo. Non suona come il cristallo, ma stride di vendetta. Porto il dito alla bocca, le labbra si tingono di rosso e il gusto salato mi percorre la gola, scaldandomi il petto.
Ho ucciso, non è la prima volta. Ma la luna mi è amica, complice. A lei non riservo alcun segreto. Vede tutto, ha visto tutto. Ogni mio dolore, ogni mia paura, ogni mio pianto. La ferocia delle mani di un uomo, la bestialità del suo possesso. E nella notte di Natale, mi ha mostrato il suo sorriso. Quando ho ucciso mio padre. Quando tutto ebbe fine. Quando tutto iniziò.
Ancora ricordo la fuga dal granaio, la foresta buia e solitaria, il dolore delle botte, l’impotenza del sopruso. Lottai per divincolarmi. Nella convulsione afferrai qualcosa che mi tagliò, ma non esitai. Strinsi più forte e la ruotai sul collo di quel demonio. Il sangue schizzò ovunque, mi riempì gli occhi di lacrime. Bruciavano. Quando li riaprii, rividi il volto inanime di chi mi aveva creata, e svuotata della vita. Il suo volto non mi spaventava più. Le sue mani non mi avrebbero più fatto del male, la sua lingua non mi avrebbe più trovata e la mia intimità non sarebbe più stata violata. Alzai gli occhi al cielo, come a ringraziare chi forse c’è, e la vidi: la luna risplendeva nella stessa forma della lama che mi aveva liberata.
Fu lei, solo lei a essermi testimone fedele. Mi mostrò il precipizio, lo stesso che ancora oggi racchiude i miei segreti più bui. Quando mi sorride, so che sarà una Vigilia di buoni propositi perché farò un piccolo regalo al mondo:
labbra che non parlano, non possono ferire;
mani che non stringono, non possono tenere;
un corpo ormai freddo, non può più scaldare.
Mi avvolgo nel mantello, e mi sistemo i capelli. Le campane suonano, poi il canto si alza cristallino e dal cielo scende la neve, la stessa che pulirà il sangue del peccato.
Mi avvio verso la chiesa, i miei occhi sorridono alla luna.
L'Autrice:
"Ciao, mi chiamo Laura e bevo. Ah, no! Ho sbagliato sede! Riparto. Ciao, mi chiamo Laura Simonetta e… sì, ho la sfortuna di aver sentito dal primo anno di elementari: “Qual è il nome?” E pensare che studierei tutta la vita! Se non è amore questo?! Cosa scusate? Qual è il nome? Mica ve lo dico! Nata… in ospedale ;-) nei primi anni ottanta, sono varesotta doc (non varesina, mi raccomando!) e la mia passione è la vita. Non mi piace raccontarmi, ma dietro me ho una scia di parole da combinare all’infinito. Ho una frase che custodisco come un tesoro: non c’è, ma c’è. Per tutto “il resto”, non aspettatevi nulla: sono al verde, tra prati erbosi e boschi profumati."
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