Serial Killer: definizioni, dinamiche, patologie, modelli (pagina 9)

L'infanzia del Serial Killer

Per quanto riguarda questo argomento, ho assunto come punto di riferimento il libro Sexual Homicide, patterns and motives (1995) di Douglas e Ressler in collaborazione con Ann Burgess, che comunque consiglio a tutti. L'originale, che io sappia, non è stato tradotto in Italiano, ma la copia inglese è facilmente reperibile sul web.
Nel contesto del libro vengono analizzati i dati raccolti attraverso l'indagine da loro condotta durante il loro primo periodo di interviste con assassini seriali condannati, nella quale hanno incrociato 36 colloqui dei criminali che ritenevano più rappresentativi della categoria e ne hanno generato una statistica.

A una prima occhiata, sembra che la vita dei 36 assassini abbia avuto inizio in condizioni di privilegio. Tutti uomini e quasi tutti (33) bianchi e figli unici o maggiori. Tutti sono nati nel periodo fra gli anni '40 e gli anni '50, un periodo, in America, che privilegiava queste categorie in modo distinto.
La maggior parte di essi erano fisicamente attraenti o normali, con altezza e peso all'interno della norma.
Erano tutti di buona intelligenza, con soltanto sette di essi con coefficiente di intelligenza sotto a 90, sedici nella zona medio alta (90-119) e, dato assolutamente interessante, undici di essi avevano Q.I. sopra 120. La maggioranza di loro viveva in una casa con i due genitori, la madre sempre presente che svolge lavori di casa, il padre che svolge lavori manuali non specialistici. Più dell'80 per cento di questi uomini avevano da bambini una vita normale, con un tenore di vita regolare e rispettabile.
Cosa ha fatto di loro assassini?

Ambiente Sociale
Nonostante l'aspetto "normale" delle famiglie, all'interno delle case c'erano tensioni di ogni tipo a causa dei problemi dei genitori. Come prima cosa, l'abuso di alcool era un problema presente nel settanta per cento dei casi e un terzo delle famiglie avevano storie di abuso di droghe.
La storia delle famiglie rivela anche una evidente testimonianza di problemi psichiatrici: dieci madri, sette padri, quattro fratelli e una sorella avevano disordini psichiatrici. In molti casi i problemi della madre o del padre li rendevano assenti da casa durante i periodi passati negli ospedali.

Molti di questi criminali testimoniano di aver avuto forti problemi di aggressività in quei periodi di assenza dei genitori.
Molti dei soggetti lamentano anche dei problemi psichiatrici riguardanti se stessi. Per venticinque di questi uomini ci sono state spesso terribili e traumatiche visite psichiatriche in tenera età perché qualcuno della famiglia era convinto che così si potessero risolvere i loro problemi di comportamento.

In aggiunta a questo, la metà delle famiglie aveva storie criminali.
Erano storie di cui si sapeva (segreti di famiglia) o erano addirittura manifeste a tutti i membri della famiglia (il padre spacciava droga nel cortile di casa) oppure erano storie di cui si sapeva marginalmente o non si parlava mai (arresto della madre per guida in stato di ubriachezza o del padre durante il servizio militare). Questo genere di contesto creava molte difficoltà ai soggetti. In un caso il soggetto racconta che, una sera che il padre era fuori con gli amici, la madre è rientrata a casa ubriaca e in compagnia di un uomo e i due hanno iniziato a scambiarsi effusioni. Il soggetto che al tempo aveva sedici anni racconta di essersi scagliato sull'uomo con l'intento di ucciderlo.

In casi di relazioni extraconiugali del padre si è notato che i soggetti erano più preoccupati degli stati angosciosi della madre che dei tradimenti del padre. In questi casi il soggetto era portato a condividere le stesse paure di insicurezza e di abbandono della madre.
Sono state poi analizzate le relazioni all'interno delle famiglie e i tipi di interazioni fra il soggetto e la famiglia e nella famiglia in generale. In questo contesto sono stati rinvenuti inconsistenti se non nocivi e distorti legami fra membri.

Inoltre, soltanto un terzo degli uomini dichiara di essere cresciuto in un luogo fisso. Tutti gli altri dichiarano occasionali spostamenti o continui traslochi. In più, il 40 per cento dei soggetti viveva fuori da casa prima dei diciotto anni; centri di accoglienza, prigioni, centri di rieducazione, istituti di cura mentale.

Le storie di traslochi continui illustrano uno scarso attaccamento della famiglia stessa alle varie comunità locali che si è riflettuto sulla capacità dei ragazzi di stabilire positivi rapporti all'esterno della famiglia che avrebbero potuto compensare per i problemi vissuti all'interno di essa.
Come gia detto i genitori erano presenti entrambi in più della metà dei casi, con il padre assente in dieci casi, la madre assente in tre casi e entrambi i genitori assenti in due casi. Il dato comunque rilevante e che in diciassette casi il padre naturale ha lasciato la famiglia prima che il soggetto compiesse dodici anni.

Le ragioni variano dalla morte all'incarcerazione, ma più spesso l'assenza era dovuta a separazione o divorzio.

Grossi periodi di lutto, di rabbia e di adattamento vengono esperiti nei casi in cui il padre naturale viene sostituito da un'altra figura maschile in seno alla famiglia.

Uno dei soggetti racconta di aver commesso il suo primo delitto mentre sua madre era via in viaggio di nozze con il suo secondo marito.
Visto l'abbandono della famiglia da parte del padre, non è sorprendente che il genitore dominante nella maggioranza dei casi fosse la madre.
Ma non è la sola assenza fisica del padre ad avere la responsabilità della mancanza di una immagine maschile in famiglia, bensì la sostanziale inabilità dei padri a costruire un valido rapporto con i figli. Un soggetto racconta che al di là di alcune domeniche passate a pescare insieme il rapporto con suo padre era inesistente; sostanzialmente padre e figlio si ignoravano a vicenda.

L'elemento a cui si attribuiscono più danni psicologici è l'assenza del padre in situazioni determinanti, al manifestarsi di problemi del ragazzo, di comportamenti antisociali, insomma in tutti i casi in cui ci si sarebbe aspettata una disciplina ferrea ma giusta, un esempio, era presente soltanto la madre, che gestiva la situazione come meglio poteva.

Un altro fattore interessante notato in questa fase è il rapporto ambivalente con la madre, che oscilla dalla ricerca di amore e protezione all'odio viscerale per l'ingiustizia dei comportamenti o delle punizioni.

Anche le relazioni con gli altri familiari non sono buone, per esempio i rapporti con fratelli o sorelle sono spesso di competitività invece che di supporto reciproco.
Questa mancanza di relazioni fa sì che i soggetti fossero tutti dei solitari, che non avessero contatti con nessuno e che fossero generalmente poco notati.
L'avvocato di uno dei soggetti realizzò di essere stato nella stessa classe del suo assistito ma di non aver nessun ricordo del medesimo da adolescente.

Molta attenzione è stata posta anche nella ricerca di eventuali traumi, diretti o indiretti, che i soggetti potevano aver subito in giovane età.
Per trauma diretto si intende un trauma da violenza fisica o sessuale diretta. Per trauma indiretto si intende l'esperienza di essere testimoni di eventi disturbanti.
Frequentemente i soggetti riferiscono non solo relazioni inconsistenti ma anche una gestione ingiusta della disciplina da parte di uno o di entrambi i genitori. In particolare la descrivono inconsistente, incoerente, ingiusta, eccessiva.

Un soggetto descrive la sua situazione familiare quando aveva nove anni e viveva a casa della madre con le due sorelle. La madre passava le giornate a dirgli che schifo di padre avesse e come gli assomigliasse, la sorella maggiore lo picchiava regolarmente e la sorella minore combinava guai per cui lui era sempre incolpato. Descrive forti sentimenti di rabbia e continue fantasie di violenza e di vendetta.

Un soggetto racconta di come i genitori fossero proprietari di un negozio di alimentari e passassero tutto il giorno al lavoro. Durante la giornata passava il tempo con familiari o con vicini. Racconta di essere stato ripetutamente seviziato da un vicino e che quando denunciò l'episodio ai suoi, essi dettero la colpa a lui accusandolo di stare inventando tutto per attrarre l'attenzione.

Molto frequenti sono anche i racconti in cui i soggetti dichiarano che le liti in famiglia erano all'ordine del giorno. Un criminale descrive come fosse costretto a vedere sua madre picchiata brutalmente dal padre ogni giorno.

Frequenti sono i casi in cui il bambino stesso è il destinatario della violenza. Da un punto di vista fisico vengono spesso picchiati dal padre, a causa di qualcosa ma spesso anche senza un motivo particolare, da un punto di vista psicologico spesso sono le madri sole a mettere in atto punizioni eccessive ed umilianti.


Esperienze Sessuali del Serial Killer

L'abuso sessuale o le esperienze sessuali devianti in giovane età sono spesso considerate esperienze traumatiche di primo livello per giustificare la condotta dell'individuo da adulto.

Nel nostro caso, in nove casi i soggetti hanno dichiarato di essere stati vittime di violenze sessuali. Altri nove soggetti hanno descritto di aver assistito a un'attività sessuale anormale o disturbante di un genitore; in undici casi dicono di aver assistito ad attività sessuali disturbanti di parenti o amici (un soggetto dichiara di essere stato molto scioccato di aver sorpreso la sua ragazza a letto con un altro).

Altre esperienze sessuali sono state rinvenute nelle anamnesi come la contrazione di malattie (un soggetto dice di aver preso la gonorrea dopo la prima volta con una prostituta), interventi chirurgici. Un altro soggetto dichiara un atto di auto-mutilazione all'organo genitale per punirsi di cattivi pensieri.

Situazioni sessuali fortemente traumatiche erano presenti per diciannove intervistati, con esempi di cattiva reazione dei genitori alla masturbazione, offesa e messa in discussione della sessualità del bambino, e/o l'osservazione di altri compagni o amici nell'atto di praticare atti omosessuali.

Quando interrogati più dettagliatamente sulle violenze sessuali subite, dei ventotto che hanno risposto, dodici hanno riferito di essere stati abusati nella prima infanzia (da 1 a 12 anni), nove durante l'adolescenza e dieci quando erano adulti.
Queste esperienze includono principalmente episodi vissuti in famiglia: "Sono stato a letto con mia madre quando ero piccolo"; "mio padre mi ha violentato ripetutamente da quando avevo quattordici anni".
Le performance sessuali dei soggetti da adulti rimanevano nella stragrande maggioranza dei casi prevalentemente a livelli fantastico e autoerotico.
Da adulti, quasi metà dei criminali hanno confessato una aperta avversione per il sesso.

Problemi sessuali riconosciuti dall'intervistato predominavano in tre quarti dei soggetti. Più della metà descrivevano se stessi come ignoranti in materia sessuale, quasi il 70 per cento ha ammesso di sentirsi sessualmente incompetente. Il 56 per cento confessa disfunzioni sessuali e infine il 30 per cento esprime preoccupazione per quello che concerne le dimensioni del membro.

Alcuni erano preoccupati perché si sentivano diversi dagli altri mentre altri hanno affermato di preferire il sesso con donne morte. Gli intervistatori sospettarono che i sedici intervistati che non risposero alla domanda sull'età della prima esperienza di sesso con un partner conseziente non avessero avuto esperienza alcuna.

Fra gli interessi dal punto di vista del sesso, la pornografia ha ottenuto il punteggio più alto con l'81 per cento (venticinque su trentuno risposte), a seguire la masturbazione compulsiva (79 per cento) e il feticismo (72 per cento, ventuno della ventinove risposte). Una percentuale più piccola ha nominato sesso sado-masochistico, esibizionismo, sesso con animali, telefonate oscene, travestitismo.

Sono stati riscontrati anche casi di asfissia sessuale (la pratica di auto-strangolarsi con corde o di mettersi un sacchetto sulla testa per ridurre l'apporto di ossigeno ai polmoni), e di fantasie e messe in atto di pratiche dolorose durante la masturbazione; un soggetto riferisce delle sue abitudini a pizzicarsi la regione dell'addome con pinze, ami da pesca o piccoli coltelli durante la masturbazione.

A sedici anni lo stesso soggetto commise un gesto suicida sparandosi all'addome con una pistola calibro .38.

Corrispondenze statisticamente rilevanti sono state trovate nell'attività sessuale da adulto dei soggetti che avevano ammesso esperienze bizzarre in gioventù. Da questi dati emergono elementi preoccupanti e, a mio avviso, molto significativi, come il fatto per esempio che ventidue su trentasei intervistati abbia ammesso di aver avuto fantasie di stupro e ben la metà di questi abbiano detto di aver avuto le prime fra i dodici ed i quattordici anni.
Altro dato molto eloquente mi sembra il 43 per cento di abusi sessuali durante l'infanzia.

Una estesa comparazione è stata eseguita fra i soggetti che avevano subito violenze durante l'infanzia e quelli che non ne avevano subite rispetto ad alcune variabili della vita familiare.

Dei dodici soggetti vittime di violenze nella prima infanzia il 42 per cento ha detto di avere una relazione fredda e inconsistente con la madre, il doppio esatto rispetto allo stesso dato (21 per cento) dei soggetti che non avevano subito violenze.

Per quanto riguarda le relazioni col padre si conferma il dato precedente in modo ancora più eclatante. I soggetti con violenze subite hanno detto di avere un rapporto freddo e ostile col padre nel 92 per cento dei casi, mentre i soggetti senza violenze subite lo hanno dichiarato solamente nel 30 per cento dei casi.

In più il 53 per cento dei soggetti vittime di violenza viveva in condizioni economiche ristrette o molto basse rispetto al 33 per cento dei soggetti non vittime di abusi. Ancora, il 46 per cento dei soggetti abusati viveva in una famiglia effettuante frequenti traslochi e completamente slegata dalle comunità locali rispetto al 20 per cento dei soggetti non abusati.

Non sono state invece riscontrate grandi differenze fra i due campioni per quanto riguarda il genitore dominante o la stabilità affettiva della famiglia.


Elementi del comportamento infantile

In questa sezione vedremo tutti quei comportamenti insoliti che gli investigatori ritengono di grande importanza per determinare poi le motivazioni degli atti criminali compiuti da adulti.
In questo settore rientra l'oramai famigerata Triade di McDonald: Enuresi, Piromania, Crudeltà sugli animali.

Questi tre comportamenti sono stati riscontrati dalla maggioranza dei serial killers intervistati e/o studiati dall'F.B.I., anche e soprattutto all'esterno di questa ricerca dei trentasei individui.

L'enuresi è un comportamento non inusuale nei bambini, quella però qui presa in considerazione è una forma quasi patologica e protratta anche fino all'età di quindici/sedici anni. Spesso ha un effetto doppiamente negativo per il soggetto. Sensazioni di inadeguatezza, immaturità e vergogna sono frequentemente aggravate dalle reazioni sproporzionate dei genitori o di altri parenti come zii o fratelli e sorelle che deridono il soggetto provocando un ulteriore trauma e una escalation di rabbia dovuta alla sensazione di impotenza.

Per piromania anche qui si intende una forma vicina alla patologia dove vi sia una sensazione rispetto all'appiccare i fuochi molto vicina alla compulsione, un atto che gratifica molto il soggetto e che pretende di essere ripetuto in modo ossessivo.
Esempio fulgido, il giovane David Berkowitz, il killer di coppiette di New York, che da adolescente era riuscito ad accendere più di duemila fuochi nell'area metropolitana di New York.

Infine, per quanto riguarda la crudeltà sugli animali non si può realmente parlare di forme patologiche e non, ma casomai di gravità delle manifestazioni. L'atto infatti è di per sé un segnale di anomalie caratteriali del bambino.

Si considerano gravi le forme in cui oltre alla tortura di animali domestici si passa all'uccisione e allo smembramento di animali da cortile o domestici. Il giovane Ed Kemper era terribilmente affascinato dalla morte e dal "funzionamento" degli esseri viventi" e, oltre a praticare pericolosi giochi con sua sorella, come vittima catturava, squartava e sezionava con rinnovato e sempre più morboso interesse i gatti del vicinato.

Il giovane Jeffrey Dahmer, dal canto suo, passava intere giornate in cerca di animali morti per strada, li portava a casa e dopo averli sezionati, fotografati, disegnati e dipinti nelle varie fasi della dissezione, compiva esperimenti sullo sciogliere i resti con l'acido oppure triturare le ossa e liberarsi per altri versi delle carni. In modo prevedibile, queste insane pratiche giovanili sono divenute le esperte tecniche di un adulto serial killer, organizzato in ogni minimo dettaglio.

Gli elementi di spicco per quanto riguarda la prima infanzia sono che più del cinquanta per cento dei soggetti ha manifestato i seguenti comportamenti: sogni ad occhi aperti o fantasie (82 per cento), masturbazione compulsiva (82 per cento), isolamento (71 per cento), enuresi (68 per cento), tendenza alla ribellione (67 per cento), incubi notturni (67 per cento), distruzione di proprietà (58 per cento), piromania (56 per cento), furto (56 per cento) e crudeltà verso i pari (54 per cento).

Per quanto riguarda l'adolescenza, il panorama è soltanto leggermente diverso, più del cinquanta per cento dei soggetti ha manifestato: iniziative violente verso gli adulti (84 per cento), tendenza alla ribellione (84 per cento), ancora masturbazione compulsiva alla stessa percentuale dell'infanzia (82 per cento), fantasie (81 per cento), ancora isolamento, in percentuale maggiore rispetto alla prima infanzia (77 per cento rispetto al 71 della fase precedente), crudeltà verso i bambini, in percentuale aumentata anche questa caratteristica (64 per cento rispetto a 54 per cento).

Ma forse la caratteristica più evidente è che quasi la metà dei soggetti porta avanti con determinazione e regolarità un progressivo pattern di violenza sugli animali.

Per quello che concerne il periodo adulto, assistiamo allo stabilizzarsi di alcuni elementi che si erano rivelati peculiari nella fase adolescenziale più l'aumento notevole di qualche altra caratteristica precedentemente poco rilevante.
Più del cinquanta per cento dei soggetti infatti presenta le seguenti caratteristiche: azioni violente verso gli adulti (aumentate dall'84 all'86 per cento a discapito della crudeltà sugli animali, che diminuisce notevolmente), fantasie (stabili all'81 per cento), masturbazione compulsiva (81 per cento), isolamento (73 per cento) e bassa considerazione di sé (62 per cento).

Prima di affrontare una visione generale, bisogna fare una distinzione fra indicatori di comportamento interni ed esterni. I comportamenti interni sono quelli propri del soggetto e che esperisce all'interno della sua emotività.
Quelli esterni sono quelli che palesemente possono essere osservati dagli altri.

I comportamenti interni più diffusi trasversalmente ai tre periodi sono: fantasie, masturbazione compulsiva e isolamento.

I comportamenti esterni più presenti in generale sono invece il mentire patologico, la tendenza alla ribellione, il furto, la crudeltà verso i bambini e l'aggressività manifesta verso gli adulti.

È stato riconosciuto a questo insieme di caratteristiche il nodo principale da cui si può formare una personalità antisociale, risentita in modo violento ed estremamente egoistica, che si manifesta più tardi nella vita attraverso l'omicidio in serie, una base solida dalla quale raramente sembrano esserci altre uscite, un insieme di costrutti mentali che porta troppo spesso alla considerazione dell'altro come un mezzo per arrivare alla propria soddisfazione, allo sfogo della rabbia, al piacere sessuale. L'impossibilità di simpatizzare o avere sentimenti positivi verso una vittima è inevitabile.

Un altro importante tema che è stato analizzato è il grado di adattamento sociale. Un altro paradigma sembra affiorare a questo proposito. Più precisamente, quello che, nonostante i mezzi mentali e familiari di ottenere successo dalle attività della vita, molto spesso queste persone hanno grosse difficoltà con la scuola, il lavoro, il servizio militare.

Per quello che riguarda le posizioni lavorative vediamo i dati più eloquenti di questa sezione. Solo il 20 per cento dei soggetti possedevano un lavoro stabile. Ben il sessantanove per cento aveva lavori vacanti.
Questo dato è molto importante, perché bisogna ricordarsi che qui è il senso di adattamento sociale che viene preso in considerazione; a esclusione di pochi, la maggior parte dei serial killers sarebbero perfettamente in grado di trovare lavori di concetto e inserirsi nella società. Nonostante ciò questo non succede nella maggior parte dei casi.

Esempi di questa categoria ce ne sono ovunque nella casistica statunitense, John Wayne Gacy, l'assassino vestito da clown, era un indefesso lavoratore: due volte cittadino dell'anno a Springfield, la capitale dell'Illinois, aveva un'impresa tutta sua ed era famoso per lavorare dalle dieci alle tredici ore al giorno. La scuola però non era il suo forte, ha ripetuto più volte il quarto grado elementare prima di abbandonare definitivamente gli studi.

Ted Bundy, conosciuto per essere un brillante studente di legge prima di iniziare la sua corsa omicida conclusa quasi in follia, non ha mai lavorato in un impiego stabile e si è alla fine lanciato in una serie di viaggi attraverso gli Stati dell'America con carte di credito false e soldi dei genitori e della sua compagna.

Neanche le prestazioni durante il servizio militare sono troppo buone: quattro dei soggetti hanno avuto problemi con la legge nel contesto del servizio, e otto di loro sono stati congedati con disonore a causa di comportamenti violenti e antipatriottici e resistenza alla disciplina degli ufficiali.
Addirittura uno dei quattro soldati congedati con onore del gruppo confessa che le sue fantasie, che avevano avuto sempre e soltanto lui come soggetto, dopo il ritorno dal Vietnam si sono trasformate in desiderio di rivalsa, vendetta e violenza verso le donne e la società.

In conclusione possiamo dire che non sappiamo con certezza se questi siano gli elementi che fanno di un uomo un assassino seriale anche perché quasi tutti gli intervistati avevano i numeri e le possibilità per diventare rispettabili membri della società. Certo è che il concorso fra i fattori ambientali, familiari e caratteriali sopra elencati fanno sì che una persona si isoli gradualmente dalla società in modo patologico e carico di risentimento. L'isolamento stesso è conseguenza e origine dello sviluppo della personalità antisociale in quanto la chiusura in se stessi dovuta a un cattivo rapporto con l'esterno fa sì che i soggetti si allontanino anche da quelle figure potenzialmente positive come gruppi di pari ma anche insegnanti, genitori, dottori.

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Articolo scritto da:
David Papini

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