Vincenzo Verzeni: arresto, processo e morte
Vincenzo Verzeni fu arrestato nel 1873 e posto immediatamente sotto processo. L’incarico di stendere la sua perizia psichiatrica fu affidato a Cesare Lombroso, riconosciuto padre dell’odierna criminologia, il quale, dopo attenti esami (compreso quello frenologico), giunse a definire Verzeni: "un sadico sessuale, vampiro, divoratore di carne umana."
Nonostante questa valutazione, Lombroso non arrivò mai a sostenere che gli omicidi commessi dal Verzeni fossero stati compiuti in uno stato di completa infermità mentale, pur rilevando che la nella famiglia dell’omicida vi erano già stati casi di alterazioni mentali. Lombroso stabilì che il padre dell’omicida, oltre che alcolizzato e violento, soffriva di ipocondria, mentre uno zio era affetto da iperemia cerebrale, termine medico per indicare un aumento di sangue in una data parte del corpo.
Durante il processo l’omicida ammise:"Le graffiature che si trovarono sulle cosce non erano prodotte con le unghie ma con i denti perché io, dopo averla strozzata, la morsi e ne succhiai il sangue che era colato, con la quale godei moltissimo."
Verzeni scampa al plotone d’esecuzione e viene condannato ai lavori forzati a vita, ma non resisterà a lungo.
Il 13 aprile del 1874 viene trasferito nel manicomio giudiziario di Milano dove viene sottoposto a torture di ogni genere. Qui l’omicida vive nell’isolamento e nell’oscuramento più totali, ricevendo gettiti d’acqua gelata fatti calare da tre metri d’altezza, seguiti da bagni bollenti e scosse elettriche. In seguito a questo brutale trattamento, il mostro si chiude in un mutismo totale fino al 23 luglio del 1874, quando gli inservienti del manicomio lo trovano morto nella sua cella. Verzeni è nudo, solo con calze e pantofole, impiccato a un’inferriata.
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