I buchi neri di Charles Burns

Libri > Notizie > Un'introduzione all'imprescindibile Black Hole

I buchi neri di Charles Burns La recente pubblicazione, da parte della Coconino Press, del fondamentale e monumentale Black Hole di Charles Burns ci offre finalmente la giusta occasione per potervi parlare di una delle opere più importanti degli ultimi anni della storia dei fumetti.

Scriverne una semplice recensione mi sembrerebbe riduttivo e quindi, con un minimo di insistenza, sono riuscito a convincere l’ottimo Valsecchi a concedermi più spazio. In questo primo appuntamento vedrò di delineare gli elementi fondamentali dell’opera per poi passare, nelle prossime puntate, a esami particolareggiati dei vari volumi.

Burns è un “normale” 50enne che sguazza nel mondo dei fumetti “underground” da più di venticinque anni. Le due parole non sono state virgolettate a caso in quanto non vi è nulla di “normale” nell’autore qui presente e non vi è nulla di “underground” in Black Hole.

Burns ha impiegato undici anni a completare quello che, molto probabilmente, passerà alla storia come il suo capolavoro, una gestazione difficile, laboriosa e ulteriormente complicata da un passaggio di editore verso il quinto volume, dalla morente Kitchen Sink(1995) alle capaci e accoglienti braccia di mamma Fantagraphics(1998).

Di cosa parla, esattamente, Black Hole?

Ecco, per cominciare a rispondere a questa domanda bisogna provare a dimenticare quell’avverbio in quanto sarebbe impossibile da seguire.
Cercando a tutti i costi una sintesi efficace, potrei dirvi che Black Hole narra la storia di un gruppo di teen ager della Seattle anni ’70 che cadono preda di uno strano contagio sessuale, una malattia che provoca anomale alterazioni del corpo (spuntano nuove bocche, protuberanze, organi…). I nostri reagiscono in modo ambiguo all’incalzare della malattia e finiscono con l’isolarsi in una comunità nascosta nei boschi, vivendo di rifiuti.
Il mestiere di chi scrive i testi delle quarte di copertina, in fondo, è davvero semplice: deve solo identificare “la trama” e scriverne un riassunto semplice, lineare e comprensibile, che possa attirare il lettore in poche righe e spingerlo all’acquisto.

Ma di cosa parla “veramente” Black Hole?
Di Adolescenza.
Di Orrore.
Due sinonimi.
Pensateci: nel giro di pochi mesi quelli che poco prima erano bambini subiscono autentici processi teratomorfici. Ci si allunga o si mettono su parecchi chili. Strane protuberanze sul petto, i genitali cambiano, spuntano peli ovunque e i brufoli combattono e vincono una violenta battaglia su tutto il nostro corpo. La voce diventa ora stridula ora profonda e cambia interamente il nostro modo di valutare avvenimenti, persone e la realtà tutta.

Diventiamo dei mostri per poi trasformarci, ci si augura, in splendidi uomini e donne, soffriamo pene indicibili sia a livello psichico che fisico per purificarci e autotraghettarci verso l’età adulta. Sarà metafora facile, quella offerta dalla malattia burnsiana, ma alle volte l’interpretazione più semplice è anche quella più corretta.
Quali sono allora gli elementi che rendono la metafora operata dall’autore viva, valida, degna di interesse e attenzione?

Innanzitutto lo stile, fra arte Pop e realismo, in un bianco e nero raggelante e impietoso (discorso a parte meriteranno le copertine a colori) che riempie spazi e corpi di fantasmi post-cronenberghiani, che muta ferite nel ventre di una rana in portali aperti sul futuro e quindi in vagine raccolte nel palmo di una mano.

Quindi la trattazione dei personaggi, in particolar modo la loro reazione alla malattia, alla mutazione che invade e pervade.
Una rassegnata accettazione, a tratti indifferente, a tratti narcolettica, altre volte appena spruzzata di curiosità o vaghi moti di ribellione. E’ un punto di vista anomalo e inusitato che permette all’autore di evitare molte pastoie di plot e di tono, di morale e di contenuti.
Abbiamo di fronte dei ragazzi ai quali crolla il mondo addosso e loro, invece di scansare la rovina, accettano l’irruzione del “weird” come se fosse solo un altro tipo di banale quotidianità.

L’intero progetto Black Hole è dominato dai personaggi e dalla narrazione ad ampio respiro, in una potente e giusta “reazione” dell’autore alle sue opere precedenti, spesso fin troppo asservite alla pura trama e compresse nella nobile quanto angusta forma della striscia.

Diventa in questa sede quasi inutile sottolineare quali altri, evidentissimi simbolismi si annidano in questo fumetto, ma ne citiamo almeno due per offrire al lettore meno attento altri possibili mezzi interpretativi. La nuova malattia (nata in virtù della ormai dominante nuova carne che sembra essere tutt’ora passo imprescindibile per ogni esperimento alternativo e/o underground, perlomeno negli Stati Uniti) può essere facilmente vista come l’avvento del Peccato Originale: gli incauti non resistono all’attrazione della mela/sesso e perdono uno status privilegiato (studenti goderecci nella Seattle anni settanta) per subire la cacciata dall’Eden e iniziare una vita di lavoro e sofferenza (la protocomunità hippie fra boschi e rifiuti).
Oppure la malattia cerata dalla fantasia come paradigma di una malattia ben più reale e mortale, l’AIDS con tutto il suo carico di devastazione ed emarginazione.

Paragoni e interpretazioni scontate, vero, ma non per questo meno potenti o efficaci. Altro ci sarà da dire sulla struttura e i messaggi contenuti nel testo quando discuteremo dei singoli volumi. Meglio quindi chiudere con le parole dello stesso autore che, interrogato sui volti che ha disegnato, nel corso di una recente intervista, ha affermato di preferire nettamente, in alcuni casi, i visi post-contagio. “Sembrano più veri”, ha detto Burns. Non possiamo che trovarci pienamente d’accordo.


I buchi neri di Charles Burns
Notizia scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 02/08/2005
Fonte: elvezio-sciallis.blogspot.com

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