Archetipi: una domanda a Elvezio Sciallis

Libri > Notizie > Facile Preda: l'autore parla del suo racconto pubblicato all'interno della raccolta illustrata Archetipi

Archetipi: una domanda a Elvezio Sciallis Il nostro viaggio all'interno della raccolta illustrata Archetipi ha fatto il suo giro di boa.
Mancano ancora cinque tappe.
Oggi tocca a Elvezio "Malpertuis" Sciallis provare a raccontarci delle origini del suo racconto, mentre nella prossima tappa andremo a leggere le parole di Strumm.

[La Tela Nera]: La Natura che si rivolta, che si vendica dell’agire sconsiderato dell’uomo, che soddisfa quella pulsione primitiva di punizione. Cosa ti ha colpito, cosa ti ha affascinato di questo Archetipo che, da sempre, rispecchia molte paure insite nell’animo umano? E come l’hai sfruttato per scrivere un racconto così crudo ed esplicito?

[Elvezio Sciallis]: Non penso che l’agire dell’uomo possa più di tanto essere definito "sconsiderato", così come non ho pensato, mentre scrivevo il racconto, a una reazione della Natura in termini di "vendetta" o "punizione". Sono categorie di pensiero valide come tante altre ma che non riesco più a far mie da molto tempo. Impiegarle nei confronti della Natura o di qualche tipo di Divinità o Fenomeno soprannaturale significherebbe cadere in uno dei più gravi problemi che affligge da sempre la letteratura, in particolar modo quella di genere, ovvero l’eccessivo antropomorfismo e antropocentrismo.

Trovo che uno dei pochi spunti di interesse di un film peraltro mediocre come Matrix sia, per quanto banale, il discorso di Mr Smith: noi uomini siamo dei virus. Di conseguenza, pur essendo, e possono testimoniare in molti che mi hanno conosciuto, un tipo allegro che riesce a godersi la vita, mi auguro una pronta, rapida, dolorosa estinzione dell’umanità.

Quel che accade nel racconto non è che una esemplificazione, una reiterazione del tipico comportamento umano: arriviamo, ci rifiutiamo di comprendere o rispettare elementi non appartenenti alla nostra cultura e deprediamo tutto quel che possiamo. Nella mancanza di rispetto e nella voglia di accumulare egoisticamente qualsiasi elemento si annida il germe della reazione mentre nella nostra scarsa disposizione all’analisi, allo studio e alla comprensione si annida l’incapacità di reagire e sopravvivere alla reazione.

Ovviamente durante la stesura del racconto sono poi intervenuti elementi autobiografici e costrizioni di stile. Ho sempre considerato patetici i cacciatori, non tanto per qualche forma di amore per gli animali, quanto per la codarda superiorità di mezzi con la quale sterminano avversari molto più deboli. Non trovo nulla di cui vantarsi quando riesci a uccidere qualche animale grazie a una carabina ad alta precisione, si tratta più di un discorso estetico e di onore, trovo più affascinante la figura di qualcuno che riesce a uccidere un cervo con una lancia. Parimenti provo un misto di pena e disgusto per gli ammassamenti domenicali intorno ai laghetti di pesca facilitata, è come comprare la settimana enigmistica e vantarsi in giro di aver risolto le parole crociate della sezione principianti.

Mi sono quindi divertito a sodomizzare i malcapitati cacciatori di turno, scrivere serva anche a questi piccoli, meschini sfoghi. Per il resto ho cercato di concentrarmi su una costruzione di atmosfera e su qualche tratto psicologico, per quanto sia possibile in poche pagine, e ho cercato di seguire, senza riuscirci sempre, il comandamento dello show, don’t tell.

Non posso imboccare il lettore né pretendo che quel che ho voluto dire con un racconto poi passi nella sua interezza, anzi, se così accadesse sarei deluso: il lettore (così come il critico e l’editor) contribuisce alla "forma" finale di un racconto aggiungendo e togliendo segni, modificando le direzioni dei vettori, cogliendo alcuni accenti al posto di altri. Compatisco quegli scrittori che ritengono i loro racconti intoccabili dagli editor e che non sanno reggere, assimilare o confrontarsi con le critiche e le “letture” che vengono loro proposte.
Proprio per questo attendo con curiosità ogni tipo di reazione e intervento...

L'Autore Elvezio Sciallis è nato ad Alessandria, classe 1970, vive a Milano, dopo aver girovagato fra Liguria, Piemonte, Usa e Lombardia. Da sempre appassionato di letteratura fantastica, suoi racconti, saggi e recensioni appaiono spesso su svariati siti Web, riviste del settore e raccolte antologiche. Finalista in vari premi letterari, fra i quali il Premio Lovecraft per tre anni di seguito, ha collaborato con diverse riviste cartacee e online, da Yorick a Horror Magazine, da varie realtà del circuito GHoST a siti come Lo specchio di Medusa, The Gate, Positif, Mmg e Fangoria.
è stato caporedattore del trimestrale Necro, rivista dedicata al fantastico e al soprannaturale, e ha curato per anni il noto blog di critica Malpertuis. Collabora con Solocine e Solospettacolo, LaTelaNera.com, CinemaHorror.it, Splattergramma (di cui è stato ideatore), ha creato l'aggregatore Horror News 24 e lavora come traduttore dall’inglese di videogiochi e testi vari.
Fra i progetti in corso un saggio sul cinema horror dell’ultimo decennio, un gioco di carte horror, una serie di racconti e un “bestiario” criptozoologico.
Tra il 2002 e il 2008, suoi racconti sono stati pubblicati nelle raccolte: Schegge di mondi incantati, Tutto il nero del Piemonte a cura di Danilo Arona, L’ermellino, Bambini cattivi, Triora… terra di streghe, Sguardi oscuri, Brividi neri, Il ritorno di Conan d’Ausonia, Ai confini del buio, La stagione della follia. Due le sue raccolte personali: La macchina delle ossa e Il dio nell’alcova.


Archetipi: una domanda a Elvezio Sciallis
Notizia scritta da: Simone Corà
Pubblicata il 27/01/2010
Fonte: LaTelaNera.com

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