Recensione
Pulse

Pulse: visiona la scheda del film Alla notizia che Jim Sonzero, l’ennesimo "yes man", era stato messo a far finta di dirigere Pulse il remake PG-13 a stelle e strisce del giapponese Kairo, il primo impulso è stato quello di ignorare l’intera vicenda.

L'originale di partenza è già debole per gli standard orientali, il regista del rifacimento viene liquidato da imdb.com con due spietate righe, l'abituale e pessima ingerenza da parte dei produttori, il cast indistinguibile da quello di una qualsiasi teen comedy (capitanato dalla televisiva Kristen Bell) da trasmettere di pomeriggio subito dopo Top of the Pops tanto la gente non se ne accorge...

Ma ho fatto cinque ore di training autogeno e mi sono immerso nella visione.

Inutile dire che l’agitazione e la rabbia di vedere tale scempio mi ha subito portato le pulsazioni ben oltre la media ma, per fortuna, è stata cosa passeggera: ben presto si instaura una rassicurante routine di colpi di sonno guastati da qualche strano rumore improvviso o visione flash che, lungi dal risultare terrificante, riesce solo a guastare il giusto riposo dello spettatore stremato.

La trama (alla quale, ricordiamolo, hanno lavorato due persone sulla base di uno script pre-esistente di Kiyoshi Kurosawa) è quanto di più abusato e stravisto possiate immaginare: i mostri cattivi emergono da qualche parte con qualche sistema – un gruppo di validi giovinastri viene a conoscenza/impatta con il pericolo – i migliori reggono fino alla fine e forse vincono o comunque non perdono.

Fin qui niente di male. Chi vi scrive non ritiene l’originalità un valore positivo assoluto e oggettivo e predilige una storia scontata e banale ma ben narrata piuttosto che qualcosa di innovativo ma narrato in modo disastroso. Purtroppo qui abbiamo the worst of both worlds.

In una città che non riesce mai ad apparire tale (il regista balza da un campus bruttino a un altrettanto anonimo e grigiastro caseggiato, non si vede altro tranne qualche interno) alcuni personaggi fra l’apertamente insopportabile (e oscenamente razzista) e il velatamente stupido si aggirano come scimmie inconsapevoli aspettando da bravi il loro turno per soccombere al virus, il tutto girato con mano maldestra che cerca di imitare alcuni dei maggiori registi di videoclip (Chris Cunningham, Adam Jones, Wiz e altri artisti di magnitudo assai distante da quella del planetoide Sonzero) e che si accompagna a una fotografia ora metallica, ora cinerea ma sempre superficiale e anodina.

Non pulsa nulla nelle anemiche, eteree vene di questo ammasso di celluloide e ben presto le potenzialità di una trama (che, per quanto abusata, poteva portare a ben altre apocalissi) si disperdono in un mare di stereotipi che ci spingono a tifare senza mezzi termini per il virus.

Basta con ricchi studenti che vivono in porcilai. Basta con lei che si rilassa mentre fa il bagno e arriva il mostro ma poi è solo un sogno. Basta con i neri che parlano e ballano e si muovono in quei modi. Basta con la pseudoscienza da oranghi (il nastro rosso che blocca i fantasmi elettronici? Ma perché???). Basta con i neon che non funzionano MAI. Basta con psicologia for dummies e l’horror for dummies, NON siamo dummies!

Basta con i condomini in sfacelo e sozzi, lasciateli a Se7en e compagnia varia, andate ad abitare in posti decenti, lo credo che poi volete suicidarvi. Basta con le visioni laterali, improvvise, flash, subliminali. Basta con il Male che prima segue delle regole e poi quando gira agli sceneggiatori non le segue più. Basta con l’eroina fragile che poi scopre la vena dura e tira avanti. Vogliamo donne vere, magari intelligenti e paurose o procaci e sagge, o semplicemente NORMALI.

Per far pulsare e vibrare l’armageddon, per dipingere una catastrofe che convinca almeno un minimo non bastano, mi dispiace, non bastano quattro cartacce per strada e due deficienti che scappano verso la campagna, servono occhi, mani, cervelli abituati al caos e all’entropia e Sonzero non è in possesso di queste doti mentre Wes Craven, che un minimo le conosceva, ha perso tutto per strada da ormai troppo tempo e si è giocato, negli ultimi anni, ogni residuo possibile di credibilità.

Già è difficile arrivare fino alla fine degli agonici e canonici novanta minuti, ma quando si sentono dialoghi tipo dobbiamo bloccare il sistema – No! LORO sono il sistema! Viene davvero voglia di schiacciare il pulsante dell’OFF e mettere termine a tale agonia. Ah, naturalmente tutto questo è ancora quasi sopportabile solo nell’ottica e nella speranza che si tratti di un progetto scherzoso e che regista e sceneggiatori non lo intendano piuttosto come monito e metafora della tecnologia che ci separa e disumanizza, perché altrimenti il tutto è da arresto immediato…

Pulse: inguardabile e indifendibile. Ricordate di fare un back up del vostro cervello prima di affrontare il re-boot di questo film, e deframmentate settimanalmente. Loro sono il sistema!


Titolo: Pulse
Titolo originale: Pulse
Nazione: USA
Anno: 2006
Regia: Jim Sonzero
Interpreti: Kristen Bell, Steve Talley, Ian Somerhalder, Christina Milian, Corryn Cummins, Joseph Gatt, Rick Gonzalez, Samm Levine, Riki Lindhome, Christina Milian, Amanda Tepe, Jonathan Tucker

Recensione del film Pulse
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 07/09/2006


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