Recensione
Blood River

Blood River: visiona la scheda del film Se ci attenessimo alle prime due pellicole realizzate della coppia di cineasti inglesi Adam Mason e Simon Boyes, sinergia consolidata nella stesura a quattro mani di sceneggiature e nell'alternarsi nel prendere posto dietro la regia, la loro crescita artistica sembrerebbe direttamente proporzionale a una maggiore qualità dei loro lavori.

Constatando il notevole progresso nella successione dei precedenti Broken - Nessuno vi salverà e La sedia del diavolo, il duo sembrava proiettato a farci dimenticare ben presto il nome del lodatissimo fuoco fatuo Neil Marshall, loro connazionale.

Dal tono poco rassicurante delle parole appena dette, l'ipotesi che la terza prova dei due registi rappresenti un mezzo passo falso, privandoci della sicurezza che finora ispirava il loro nome apposto su un lungometraggio, si concretizza in modo subitaneo nelle galassie mentali di chi legge.

Blood River si pone nella schiera degli horror moralizzatori, e in questo senso la serie di Saw è prodiga di esempi, ma lo fa con un'imprevista scialbezza, abbozzando una trama ipersemplicistica con un numero massimo di attori che non arriva nemmeno a coprire quello di una mano.

A livello narrativo l'esiguità non ci permette di fare miracoli nell'articolazione della vicenda: una coppia, durante un viaggio di piacere per fare visita ai parenti, è vittima di un guasto alla propria vettura che li blocca su una strada deserta. Con l'aiuto di una mappa, i due coniugi decidono di dirigersi nella città più vicina per chiedere soccorsi. Sul posto, che si rivela essere una città fantasma, fanno la conoscenza di un poco rassicurante sconosciuto che rivolterà con forza la loro coscienza.

Di una retorica pari solamente a quella del messaggio di fine anno del presidente della repubblica, questo dramma psicologico vorrebbe essere sostenuto da un motivo religioso, tentativo alquanto rischioso da intraprendere soprattutto se diretto ad impelegarsi in un messaggio finale arcinoto. Il personaggio chiave (interpretato da un antipatico Andrew Howard), che in teoria dovrebbe salvare l'interesse del pubblico, non ha fascino a sufficienza e risulta piuttosto fastidioso nelle sue frasi da austero calendario ecclesiastico del tipo: "per ogni azione c'è una conseguenza" oppure "ogni peccatore sarà punito" e così via. In più, in questa sorta di purgatorio metaforico, i peccatori non hanno nemmeno la possibilità di redimersi, aspetto questo per nulla tollerabile.

I brandelli di violenza sono relegati a un'unica scena di tortura strarisaputa nel suo allestimento e tutto il film riesce a stento a sorreggersi sul gioco dell'indovinare la vera identità del minaccioso straniero. Unico elemento salvabile è il lento processo in cui le vittime si rendono consapevoli che il loro matrimonio non era esattamente senza scheletri nell'armadio come volevano far intendere inizialmente.

Privo delle sorprese, dell'intelligenza e della stratificazione a cui eravamo stati abituati, Blood River è un'opera debole, forse la peggiore tra tutte quelle realizzate finora dalla coppia di autori, e arriva nel momento meno opportuno della loro promettente carriera. Ora si capisce il motivo per cui non si parlava mai di questo film, a parte il solito contorno di positività delle recensioni americane.


Recensione originale pubblicata il 01/01/2010 su Tall Man's Lair e ripubblicata su Facebook.com.


Titolo: Blood River
Titolo originale: Blood River
Nazione: Gran Bretagna
Anno: 2008
Regia: Adam Mason
Interpreti: Andrew Howard, Tess Panzer, Ian Duncan

Recensione del film Blood River
Recensione scritta da: Antonio D'Astoli
Pubblicata il 04/01/2010


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