Libri > Recensioni > Strappami il cuore, di Chiara Palazzolo, edito da Piemme nel 2006 al prezzo di 17.90 euro. Leggi la trama.
Prima di cominciare a parlare del nuovo romanzo di Chiara Palazzolo, notevole conferma del brillante esordio, bisogna però chiarire un concetto in modo da spazzare dubbi, convinzioni, rancori, invidie, speranze.
Il concetto è questo: la scena italiana letteraria di genere horror NON ESISTE e quindi, a maggior ragione, non possono esistere Re o Regine di questa scena. Non esiste a partire dalla base (un fandom nerd e spelacchiato buono solo a riempire quattro sitarelli dei loro piagnistei e desideri natalizi), continua a non esistere nei critici e saggisti (ancora impegnati a rivendicare nobile parità fra mainstream e narrativa mimetica quando bisognerebbe invece valorizzare il valore primo, ovvero il notevole escapismo offerto da queste letture) e non esiste infine negli autori (quattro gatti divisi fra editoria a pagamento e piccolissimi editori). Non esiste a tal punto, questa scena, immaginate il colmo, che l’editore della Palazzolo, dovendo pubblicare un romanzo che parla di anomali ibridi fra vampiri e zombi eternamente in lotta contro dei cacciatori umani, decide di stampare ben in vista sulla copertina la parola “thriller”.
Capito? Thriller, non horror.
Torniamo comunque alla non-scena di cui vi parlavo. Ebbene, se questa non-scena diventasse magicamente realtà allora Chiara Palazzolo ne sarebbe senza dubbio la Regina incontrastata. Questo secondo tomo della saga dei “sopramorti” giunge a circa un anno di distanza dal precedente Non mi uccidere e riprende la narrazione esattamente da dove l’aveva lasciata.
Sull'autostrada che da Assisi porta a Roma, due ragazze viaggiano a velocità sostenuta. Non sono ragazze come le altre, hanno avuto una vita precedente, una morte violenta, ma sono tornate. Mirta è appena sfuggita a un attacco dei benandanti, una setta il cui obiettivo è quello di sterminare i morti che rivivono, e Sara è quella che l'ha salvata. In un antico palazzo romano, annidato in un vicolo silenzioso, ha inizio l'apprendistato di Mirta. Lei, che pensava di essere sola, che credeva di essere rinata per ritrovare Robin, l'amore perduto, scopre l'esistenza di un mondo parallelo a quello degli umani, con regole ferree e una rigida disciplina.
Vi confesso che temevo molto i possibili esiti di questo secondo volume: avevo paura che l’autrice tendesse a sfruttare un’idea sfilacciandola in troppe pagine e dedicasse troppa attenzione ai possibili intrighi e diplomazie interne all’organizzazione dei sopramorti diluendo il tutto in sottotrame e digressioni poco interessanti. Così non è stato: la Palazzolo insiste su Mirta/Luna, le punta addosso i riflettori e non la molla un istante illustrandocene la crescita psicologica e quella “fisica” da mera e disorganizzata macchina di stermino a efficiente e letale guerriera dei sopramorti.
Lo fa lentamente, svelando forse troppo poco e risparmiando l’azione per le prime trecento pagine per poi cedere finalmente il passo a un ritmo più sincopato. L’autrice acquista maggiore confidenza e abilità nel tratteggiare le psicologie dei vari personaggi, mantiene la dicotomia Mirta/Luna (alle volte fin troppo impulsiva e irrazionale) e ci regala alcune figure notevoli (i due gemelli baschi, la coppia di sopramorti gay che convivono a suon di litigi, la stessa Sara) che riescono a togliere dalle spalle dell’io narrante parte del peso dell’attenzione del lettore.
Si chiariscono i limiti e le specifiche della figura del “sopramorto” (e con intuizioni a volte davvero notevoli quali l’esigenza di imparare a controllare la forza per non danneggiare il proprio corpo) il tutto veicolato attraverso l’ormai consueto stile sovra-punteggiato e iper-frammentato nel quale è quasi abolito il discorso diretto. Sprazzi di flusso di coscienza, sogni e allucinazioni si sovrappongono di continuo al piano del reale ponendo, una volta tanto, alcune questioni di stile in un genere di solito preoccupato esclusivamente dalla resa della trama. Prosegue anche quel mix fra alto e basso (Wittgenstein accanto a Nirvana ed Evanescence) che già aveva caratterizzato il precedente volume. Ci troviamo evidentemente di fronte a una scrittrice che, accanto alle istanze di trama, si è posta interrogativi sull’atto dello scrivere, sullo stile da adottare, sulla scelta delle parole. Questo pone Chiara Palazzolo ben al di sopra del panorama horror italiano e non possiamo che rallegraci se, una volta tanto, possiamo vantare una scrittrice la cui saga non sfigura accanto a quella di autrici più quotate quali la Hamilton o la Yarbro, fatte le dovute proporzioni.
Chiaramente non tutto fila perfettamente liscio ma diventa difficile, in questo caso, individuare le colpe: Strappami il cuore, con le sue 446 pagine, avrebbe necessitato di un editing assai più feroce e con una serie di tagli accorti si potevano tranquillamente perdere per strada una cinquantina di pagine snellendo l’opera e guadagnando in leggibilità. Alcuni dei ripetuti deliri e soliloqui della protagonista generano un leggero senso di stanchezza e la mancanza di una qualsiasi forma di raccordo/riassunto nei confronti di quanto narrato nel primo volume rende la lettura davvero difficile per chi non abbia già divorato il precedente Non mi uccidere. Si tratta di lacune appuntabili più alla casa editrice che all’autrice stessa e se per la prima questione si può dibattere a lungo se si tratti di gusto personale o meno spero invece che in futuro (in quanto è evidente ed attesa una terza “puntata” di questa saga) si possa intervenire fornendo al lettore un adeguato riassunto di quanto accaduto in precedenza.
Si ha comunque la sensazione di aver letto un volume importante per l’horror italiano che non posso far altro che raccomandare, sperando che anche altre case editrici osino di più in questo campo, aggiungendosi a Piemme e Gargoyle. Con molto lavoro da parte di TUTTI noi (dal lettore più sporadico al fan più esagitato, dai gestori di siti ai direttori di riviste, dagli estensori di anonime e grigie introduzioni ai recensori più impegnati) si potrà finalmente, anche in Italia, tornare a parlare di horror scritto e non solo di quello filmato.
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