Consigli di Editoria a un Aspirante Scrittore: le lezioni sono finite

Aspiranti scrittori ed editoria: maghi bianchi e maghi neri…

Caro Aspirante, siamo arrivati al capolinea. Questa è l'ultima lettera che ti scrivo. Non perché siano finiti gli argomenti… Anzi, ci sarebbe ancora molto da dire riguardo la scrittura e l'editoria. Tuttavia ritengo concluso il mio compito: gettare sassi, offrirti un paio di interrogativi e un paio di risposte.
Non voglio lasciarti però senza precisare alcuni concetti.
Anzitutto vorrei ribadire la convinzione che è sbagliato aspettarsi consigli obiettivamente capaci di trasformare un comune mortale in Scrittore. Scrittori si nasce, non si diventa. Proprio come si nasce etero o omosessuali, mancini, alcolisti, omicidi seriali…
Sono poi le circostanze a far sì che le nostre potenzialità vengano attualizzate. Un potenziale alcolista potrebbe non assaggiare mai dell'alcol in tutta la sua vita e non scoprire mai di essere predisposto all'alcolismo, se capisci cosa intendo.
Lo scrittore diventa tale perché non può comunicare in altra forma; non ha scelta. È come il muto Nick Andros ne L'Ombra dello Scorpione di Stephen King (un libro che ho scoperto grazie all'intelligente consiglio di Giorgia Tribuiani, aspirante anch'ella, è vero, ma dotata di straordinario talento). Nick è muto dalla nascita; perciò è ossessionato dal problema della comunicazione con gli altri. Solo scrivendo su dei fogli di carta riesce a far sì che coloro che lo attorniano capiscano cos'ha in mente.
Quest'immagine calza a pennello, secondo me. Come Nick Andros anche lo scrittore nasce handicappato, privo della possibilità di esprimersi normalmente. E il suo handicap si manifesta con sintomi costanti e abbastanza riconoscibili: la dipendenza dalla lettura (per lui è più importante la vita narrata, rispetto alla vita vissuta); l'incapacità di aderire agli stereotipi condivisi dalla maggior parte dei suoi simili; il sentimento di solitudine esistenziale che non gli permette di inserirsi in una tribù (nemmeno una tribù di aspiranti scrittori)…
Uno scrittore è uno, dunque, che non ha scelta: non può superare il baratro buio che lo separa dalle cose e SOPRATTUTTO dalle persone se non prendendo dei segni alfabetici e trasformare (attraverso un'operazione alchemica) le parole in metafore, simboli e miti.
Lo scrittore cozza ogni istante contro la vita perché ne è escluso: la vede e la comprende meglio (in certi suoi aspetti) rispetto agli altri, visto che è costretto a guardarla dall'esterno e a interrogarsi su di essa a causa del dolore che prova nel sentirsene escluso.
Credimi, o Aspirante, è il bisogno di comunicazione… è una ricerca d'amore… di comunione… è per farsi accettare che lo scrittore scrive.
Questo è l'atteggiamento mentale dello scrittore genuino: per lui la pubblicazione di un'opera è solo il MEZZO per raggiungere un cuore bendisposto.
Ma per la maggior parte degli aspiranti la pubblicazione è un fine e non un mezzo. La maggior parte degli aspiranti non ha nulla da comunicare.
Essi vedono gli effetti senza comprendere le cause e immaginano che raggiungere tali effetti (fama, ricchezza, sesso…) sia alla portata di chiunque; sia anzi il nocciolo della questione.
Non è così.
Per lo scrittore genuino fama, soldi, sesso sono al massimo la dimostrazione di quanto sia imperfetto il suo mezzo di comunicazione: voleva ottenere amore e gli vengono rifilati dei paliativi.
Per lo scrittore genuino fama, soldi e sesso non sono altro che la prova del proprio fallimento esistenziale (anche se sanciscono la sua riuscita come artista).

Sarebbe impossibile, credo, far passare tale concetto a molti aspiranti. Credo (nel mio pessimismo) che per il novantanove percento di coloro che vorrebbero diventare scrittori le cose stiano in maniera profondamente diversa.
Per questa ragione ho così a lungo insistito NON sulle tecniche di scrittura (tutte opinabili), ma sull'atteggiamento psicologico dell'aspirante e sulle sue conseguenze: se uno non ha fin da subito l'atteggiamento psicologico giusto, vuol dire che molto probabilmente non lo potrà mai avere, che non è nella sua natura.

Io e il mio buon amico Ivo Torello (che è uno dei pochi esseri umani dotati della genuinità di cui sto parlando che io abbia avuto modo di incontrare) nel corso delle nostre chilometriche chiacchierate, talvolta indulgiamo nella divisione degli aspiranti in: maghi bianchi e maghi neri.
Maghi neri sono tutti coloro che hanno come fine il conseguimento di qualche vantaggio sociale da ciò che pubblicano e sono disposti a qualsiasi prostituzione pur di ottenerlo. Spesso si tratta di "scrittori" che non solo non hanno pubblicato nulla, ma che non hanno scritto ancora nulla!
Costoro non capiranno mai, credo, la tragicità che sta alla base della mania scrittoria.
Uno scrittore non ha molto di cui vantarsi.
E non ha soprattutto molto di cui rallegrarsi.

Vorrei per concludere sfatare un pregiudizio che sembra assillarti in modo talvolta allarmante. Sembra che tu ritenga l'arte nemica giurata dell'economia; ma non è così. L'arte e l'economia lavorano insieme e concorrono a creare cose bellissime, che appassionano milioni di persone e le coinvolgono nel teatro delle emozioni collettive…
Non dovrebbe esserci alcuna contraddizione fra la posizione di un editore e quella di uno scrittore. Creare un libro che arrivi al cuore degli altri, ecco l'obiettivo che entrambi dovrebbero perseguire.
E in effetti è così: pubblicare un libro che abbia successo (nel linguaggio dello scrittore) e che si venda (nel linguaggio dell'editore) è dovuto ai medesimi meccanismi; è un'operazione di comunicazione perfettamente riuscita.
Ogni altra spiegazione del fenomeno è meramente consolatoria. Non c'è posto al mondo dove vigano leggi diverse da quelle che cerco di illustrarti. Pochi hanno le capacità scrittorie e mediatiche di un King o di un Barker e tu sai per esperienza che essi meritano il successo che hanno ottenuto, al di là di tutto quello che potresti dire contro di essi. E il mercato non li ha mai osteggiati. Anzi! Domandati il perché. Essi non sono fenomeni transitori: verranno ricordati per molto tempo; entreranno probabilmente nei libri di storia letteraria, proprio com'è accaduto per Mary Shelley o Bram Sotker o Poe. Perché? Perché erano "macchina da soldi"? Non è per caso che essi sono diventati "macchine da soldi" perché erano scrittori veri, sinceri… maghi (per quanto oscuri) bianchi?

Ma adesso ti lascio veramente. Ormai è tempo di andare, io a morire, voi a vivere, ed è ignoto a tutti chi fra noi due vada verso la soluzione migliore, tranne che alla divinità.

Articolo scritto da:
Fabio Larcher

Consigli di Editoria a un Aspirante Scrittore: le lezioni sono finite
Articolo pubblicato il 01/12/2005


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