La Nascita di un romanzo Fantasy - Parte 3

L'autore de Il Signore del Canto ci parla della creazione dei personaggi fantasy.

La Nascita di un romanzo Fantasy - Parte 3 Andrea Franco si è presentato ai lettori di LaTelaNera.com due settimane fa, con una prima lezione introduttiva sul mondo della scrittura da professionista e una seconda lezione sull'ambientazione. Le hai lette?
Se sì, bene, puoi proseguire.
Se no, pentiti!, segui i link sopra e fai il tuo dovere.

Andrea terrà per te ben sette lezioni legate all'ideazione, alla scrittura e alla nascita di un romanzo fantasy.
La lezione odierna è interamente dedicata ai personaggi protagonisti del romanzo.
Si tratta, come avrai ben capito, di una parte fondamentale di ogni opera letteraria (non solo fantasy!), e qualche buon consiglio ti potrà certo essere utile...
Buona lettura.


La Nascita di un romanzo Fantasy
Lezione # 03 - La nascita di un mondo: i personaggi!

Finalmente abbiamo fatto un bel passo in avanti.
Il nostro mondo è in fase di creazione, intravediamo le strade e gli edifici delle città, valli e monti, foreste e oceani, per non parlare di religioni e organizzazioni politiche, lingue ed etnie (mi raccomando, non dimentichiamo niente, eh?).
Un lavoro complesso che ci ha portato via qualche settimana di tempo. Un lavoro faticoso, snervante, ma anche colmo di soddisfazioni: vedere nascere sotto le proprie mani una realtà nuova non è cosa da poco.
Ma per poter dire di aver completato questo nuovo mondo manca ancora qualcosa: la vita.

Nelle poche righe che seguono parleremo di questo: della creazione dei personaggi. I protagonisti, soprattutto, ma il discorso deve essere applicato a ogni altro elemento del vostro romanzo. Il mondo non è fatto solo di noi stessi, ma anche di coloro che ruotano tutt'attorno, sullo sfondo della nostra esistenza, ma non meno complessi. Per ogni tipo di personaggio l'autore deve trovare un grado di conoscenza diverso, un'intimità differente che gli permetta di giocare con i chiaro/scuro di ognuno di questi a seconda del ruolo che ricopre in funzione alla storia.

Qualche tempo fa un mio amico attore mi ha parlato con entusiasmo di un film: La meglio gioventù, un film di 6 ore, già. La trama, la regia... e gli attori, naturalmente (o personaggi, se vogliamo!). E non ha saputo resistere dal mostrarmi una scena. BÈ, ha scelto un punto del film in cui appariva un personaggio per meno di un minuto, poi la scena cambiava e di quell'attore più nessuna traccia. Cosa voleva mostrarmi questo mio amico? La cura che il regista, e il suo staff, aveva messo nella scelta di tutti i ruoli, dai maggiori alle comparse! E già. È facile dedicarsi al protagonista, ma senza comprimari all'altezza, il nostro lavoro viene vanificato.

In un romanzo dobbiamo fare la stessa cosa. Curare ogni aspetto, dare spessore a quanti più dettagli possibile. I personaggi che vivono nel nostro mondo devono essere di carne e ossa, non solo di carta, altrimenti qualcosa non funzionerà e l'incanto del lettore svanirà prima ancora che questi possa sentirsi dentro la storia.

Ma andiamo con ordine.
Parlando dell'ambientazione ho insistito molto sul grado di conoscenza necessario affinchè la storia non risenta delle lacune dell'autore. Il ragionamento dovrebbe essere diverso per i personaggi?
No, è chiaro. Quella credibilità che abbiamo sbandierato come indispensabile alla buona riuscita di un romanzo vale anche in questo caso. E dobbiamo muoverci con la stessa cura, quindi.
Stesso lavoro tedioso, sì, altre ore di non scrittura. Eh, già. A volte sembra che sia più il tempo passato a pensare piuttosto che a scrivere. E forse è proprio così.
Quindi, ripetendomi, dobbiamo avere idea del personaggio, in tutta la sua complessità, fin dall’inizio. I protagonisti poi, sono i più indicati a mettere in evidenza la non preparazione dell’autore. Presenti in gran parte del romanzo (sennò non sarebbero protagonisti, no?), molto spesso vivono una crescita di pagina in pagina che non è coerente con nessuna realtà, per quanto fantastico possa essere il mondo che avete creato.
Mi spiego meglio. Inizio il primo capitolo senza avere una scheda (mentale, scritta… non è importante) del personaggio “A”. All’inizio sarà piatto, proprio perché non l’ho caratterizzato bene, sarà uno dei tanti, forse con una o due caratteristiche particolari, non di più. Vado avanti con il romanzo. Al capitolo successivo mi viene in mente che “A” parla con voce baritonale e gesticola con un ossesso. Aggiungo questa descrizione e lo caratterizzo maggiormente. Bene, faccio qualcosa di simile a ogni passaggio, con il risultato che nell’ultima scena, sempre che io sia riuscito a rimanere coerente, ho un tizio “A” a tutto tondo: un vero personaggio, un vero protagonista.
Bene? No, per niente. Perché “A” dell’ultimo capitolo non è lontanamente paragonabile ad “A” di inizio storia, ma nemmeno di metà romanzo. Il lettore se ne accorgerà? Presumo di sì, anzi, non arriverà mai a conoscere “A” perché avrà smesso di leggere già da tante, tantissime pagine. Il mondo della narrativa è pieno di “A” ben fatti, perché il lettore dovrebbe accontentarsi dei nostri tentativi di creazione?

È così per ogni romanzo, per ogni racconto, per ogni. Punto.
I personaggi de Il Signore del Canto (Delos Books, 2009) sono nati prima che io scrivessi la frase “Quando il Canto ebbe inizio, Jamis sentì un brivido scuoterlo lungo tutto il corpo”.
Jamis, per l’appunto, è uno dei protagonisti del romanzo. È un ragazzo di appena dodici anni e sta per diventare uno studente nella scuola del canto, un do’eren. Ecco un’altra caratterizzazione che ho dovuto pensare prima. Nella sezione precedente abbiamo parlato del mondo, delle istituzioni, dei confini (non solo fisici, ma anche mentali) entro i quali i nostri personaggi si muovono. Ebbene, nella città in cui vive Jamis tutti seguono la Regola del Canto. E tutti, nessuno escluso hanno un ruolo specifico nella società: uomini e donne, studenti e professionisti, bambini e adulti. Una volta strutturato un mondo a questa maniera, anche i personaggi devono per forza essere pensati in questo ingranaggio.
Jamis sta per diventare un do’eren, uno studente. La sua vita sta cambiando e il lettore lo deve percepire. Ma per fare in modo che il lettore se ne accorga, l’autore deve lavorare molto sul personaggio, instillare in lui pensieri, idee, sentimenti conformi a quel modo di vivere. E far vivere tutto questo. Ricordate? Far vivere, non dire. Sarebbe banale (e io spero di esserci riuscito almeno un po’, nel romanzo).
Ma Jamis è anche un ragazzo. E questo non dobbiamo inventarlo, lo ricordiamo bene cosa significhi. Tutti noi, a un certo punto della nostra vita abbiamo odiato le regole, le abbiamo sfidate. Jamis quindi fa parte di questo mondo, ma non lo capisce del tutto. Jamis è innamorato e questo sembra cancellare ogni altra cosa dalla sua mente.
Tutte queste cose devono convivere insieme, sin dalla prima volta che il lettore incontra Jamis. Magari non tutte emergeranno subito, ma l’autore, che conosce bene il personaggio, a questo punto saprà dosarlo, saprà renderlo vivo e reale, in qualunque contesto lo muova. E fin dal primo incontro l’autore saprà che Jamis aspira a una carriera di du’erensell, cantante intrattenitore. L’autore non può capirlo a metà romanzo. Magari lo potrà fare il personaggio. O il lettore. Non l’autore. No.

Complicato?
No, di certo. Ma un lavoro lungo e stancante. Pensate che per il nuovo lavoro che sto facendo (non un fantasy, ma un poliziesco) ho preparato per ogni personaggio una scheda dettagliatissima che ho sempre davanti con una serie di dati, alcuni dei quali forse non mi serviranno mai, ma contribuiscono a dare colore al personaggio, a farlo pensare da subito per quello che è. Che tipo di informazioni? Eccone alcune: nome, cognome, luogo e data di nascita, occhi, capelli, altezza, peso, abbigliamento, oggetti particolari, vezzi, preferenze di cibo, bevande, locali, se è fumatore (e che marca preferisce), viaggi, passioni, hobby, famiglia (mogli, figli, genitori, altri eventuali), amicizie, carattere, fede politica e religiosa, macchina preferita, sport che pratica e che segue…
Volete che continui? No, dai, basta così.
Solo un altro, giusto per chiudere: eventi particolari della vita (positivi, negativi, ecc).
Tutto questo significa conoscere il personaggio. Il problema? È che all’inizio non si riesce a padroneggiarlo bene, soprattutto se si ha la pretesa di fare la scheda del personaggio e iniziare subito a scrivere. Per fortuna, ancora non possiamo scrivere nulla. Nulla? Nulla. Abbiamo il mondo, abbiamo i personaggi e… ah, ecco. La storia. Manca ancora quella.

Ma io scrivo d’istinto, senza sapere cosa succederà fra dieci pagine!
Qualcuno dirà questo.
Qualcuno lo fa davvero. Non discuto sull’efficacia di questo sistema. Sono sicuro però che non sempre è possibile fare così. A volte, forse. Io mi comporto diversamente e prima di iniziare a scrivere devo sapere dove andrò a parare. A volte in maniera dettagliata, altre meno. Lo vedremo a breve, promesso.

Adesso però abbiamo da fare ancora per un po’ di giorni. Immagino che il vostro romanzo avrà più di un personaggio principale, alcuni secondari, altri che passeranno di sfuggita. Se a questi ultimi potrete magari dedicare del tempo durante la stesura, tratteggiando i caratteri essenziali al passaggio (ma non fateli piatti, lavorateli per bene, anche se per sole dieci righe!), tutti gli altri dovranno essere già sul vostro comodino, nella vostra mente, in un luogo segreto che conoscete solo voi. Insomma: non ci provate. Magari li avrete nascosti bene, ma DEVONO esserci.

Mi permetto di passare per un solo istante a un altro romanzo. Se ne avete voglia e tempo (ma, sì, lasciatevi convincere) provate a leggere il romanzo del mio amico/collega Luca Di Gialleonardo, La Dama Bianca (Delos Books, 2009). Un romanzo eccezionale, che ha saputo emozionarmi, ma con un potenziale che poteva essere buttato al vento. Perché? Perché la storia che ha raccontato l’autore è difficile da scrivere. Parla del rapporto tra due fratelli, di una ricerca, di una battaglia, il tutto condito da flashback messi al punto giusto, con le informazioni giuste, ecc. Leggetelo, se vi fa piacere, e poi provate a pensare al lavoro che c’è dietro. Senza ore e ore di sofferenza, credete che sarebbe stato possibile. Un romanzo così può essere istintivo? L’idea iniziale, forse. Ma poi l’autore ci ha lavorato. E l’ha fatto alla grande. Non perchÈ è mio amico. Semplicemente perché è un grande scrittore. E non manco mai occasione per imparare qualcosa da lui. Facciamo finta che questa sia una vera lezione. Be’, oggi il libro di testo ve l’ho suggerito io. Buona lettura.

Ora tornate ai vostri personaggi.

È un lavoro duro, ma qualcuno lo deve pur fare.
A presto.

Articolo scritto da:
Alessio Valsecchi

La Nascita di un romanzo Fantasy - Parte 3
Articolo pubblicato il 28/05/2009


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