Recensione
Blood Creek

Blood Creek: visiona la scheda del film Blood Creek è macchina molto, molto particolare e affascinante. Parte dai box come raffinato (ed espressionista?!) bolide di Formula Uno ma già alla prima curva il telaio della logica comincia a mostrare pericolosissimi cedimenti e a perdere pezzi a ogni accelerata.

Brutta cosa questa, che di solito nel mio circuito significa esclusione dalla gara o pesante penalizzazione. Ma non per il razzo Blood Creek che, facendo tesoro degli incidenti di percorso, si libera man mano del peso di parte del suddetto telaio e carrozzeria e si trasforma di giro in giro in un dragster fra i più scheletrici mai visti e aumenta ancora di più in potenza e velocità.
Se manca la telaiologica, tengono però perfettamente il motore nazihorror, la benzina ad alti ottani d'azione, le gomme di una storia più originale e intrigante della media e il pilota di una regia di spessore ed esperienza rispetto agli altri concorrenti.

Fuor di metafora (corto)circuitante, ci troviamo di fronte a un gran titolo: salutiamo il ritorno di uno dei registi in assoluto più altalenanti del circo hollywoodiano, quel Joel Schumacher che ci ha regalato in ordine sparso Lost Boys - Ragazzi Perduti o Linea Mortale ma anche Batman e Robin o Number 23.

Questa volta, per nostra fortuna, Mr. Schumacher è in gran forma, corre a filmare in Romania con lo scadente copione firmato da David Kajganich (o meglio, con il rimaneggiamento di una storia che nelle intenzioni dello sceneggiatore doveva essere totalmente ambientata fra Anni Trenta e Quaranta), non si cura delle crivellature logiche che bombardano ogni pagina dello script e si getta a capofitto nell'organizzare da un lato un'azione montante, senza respiro e dall'altro un adeguato frame estetico nel quale inquadrare detta azione.

Caveat emptor: saranno molte le volte che vi capiterà di chiedervi, durante la visione, "ma perché hanno fatto...", "ma come mai allora", "ok ma quindi ora loro di sicuro" o "si vabbè ma allora vaffanculo eh". Non date retta, per questa volta non date retta. Non date retta perché per fortuna a fronte di tali difetti abbiamo comunque un insieme di meriti che a mio avviso vale comunque, di gran lunga, la visione.

Di quando in quando romanzi e film tentano di affrontare il tema del nazismo magico e una parte dei tentativi di narrazione al riguardo si risolve con uno scontato quanto insipido sguardo ironico, comico o derisorio, grottesco quando proprio ci è andata bene.

Schumacher e Kajganich affrontano invece il soggetto con estrema serietà, riservandogli la stessa dignità che si sono meritate tantissime altre tematiche. E la scelta ripaga, perché estromessa dalla pellicola la risata che cerca di seppellire il Mostro Nazista senza mai riuscirci, non rimane che il confronto, la lotta violenta e senza esclusione di colpi.

E questo filmaker è estremamente a suo agio quando si parla di lotta, confronto, violenza, azione: porta sbrigativamente i due fratelli dentro la fattoria (dopo averci fatto capire che bravo ragazzo sia Evan), si tiene molti segreti per la seconda parte, ci regala ottime scelte registiche (il primo colpo di fucile di un reticente Evan) che sono solo un aperitivo per altri grandi momenti quando dall’intrusione si passa all’incredibile assedio del secondo tempo, introdotto da un cavallo zombie che irrompe dentro la cucina della fattoria, un momento di perturbante che riconcilia con l’horror.

Una fattoria isolata, un assurdo vampiro nazinecromante in cerca del potere dei vichinghi, pugnali e armature d’osso, bionde e splendide ragazze più vecchie di vostra nonna, rune protettive, eclissi di luna, apertura del terzo occhio, animali zombie al servizio del loro resuscitatore e due fratelli rabbiosissimi in cerca di vendetta.

Frenare la tentazione di gettarla in caciara istrionica e risaputella, ridendo di quei falliti dei nazisti che cercano Graal ed Excalibur è davvero difficile, ma Schumacher ci riesce e, nonostante tutti i paletti e sgambetti tentati dalla sempre più cieca Lionsgate, alla fine, dopo un sacco di tempo, Blood Creek ha raggiunto la giusta visibilità.

La pellicola è graziata da un cast funzionalissimo, dallo studioso nazista Michael Fassbender a un ottimo Henry Cavill nella parte del più calmo, razionale e metodico Evan, ma è Dominic Purcell che ruba la scena a tutti quanti irrompendo e immettendo quintali di adrenalina e rabbia come nemmeno Vin Diesel nel suo giorno più storto e sotto cocaina di quella da marcia boliviana. Mai visto in una forma simile, Purcell gioca con corpo e volto tenendoli costantemente sotto stress ed esplodendo praticamente in ogni scena nella quale viene inquadrato.

Osteggiato in qualche modo dalla fotografia troppo melmosa e nerofumosa di Darko Suvak, Blood Creek rifulge comunque in troppi campi per lasciarselo sfuggire: quando avete una fattoria isolata attorno alla quale corre una mandria di cavalli zombie agli ordini di un Michael Fassbender graziato da un ottimo makeup è lecito soprassedere su certi buchi logici, e quando venite presi alla gola dalla valangante azione che non lascia quasi tempo di riflettere sui suddetti buchi allora ci siamo: sono (siamo) dentro con gli assediati, odio una volta tanto il Mostro che ho di fronte e spero che Purcell in armatura d’osso gli faccia un culo come un paiolo.

E poi c’è, ovviamente, e vale la pena di ripeterlo, la scena del cavallo non-morto in fiamme nella cucina della fattoria. Non se ne esce: è il perno del film e rimarrà impressa in retina per molto, molto tempo. Ripetiamolo: un cavallo non-morto in fiamme dentro una piccola cucina di una nazifattoria.
Fa bene all'horror ripetere cose come queste.

Sceneggiatura rimaneggiata, intralci di produzione, tagli e rimaneggiamenti, soggetto potenzialmente comico, cattivone di turno assai pacchiano: raramente ho incontrato in vita mia un film che, partendo da così tanti handicap, sia riuscito a convincermi e appassionarmi così tanto, al punto che a fine visione, quando viene prospettato un eventuale (ma, visti gli esiti al botteghino, quantomeno improbabile) sequel, mi sono trovato a tifare per una o due ulteriori dosi di nazioccultismo.
E io ho un odio pre-emptive nei confronti dei sequel.

Blood Creek: da vedere.


Titolo: Blood Creek
Titolo originale: Blood Creek
Nazione: USA
Anno: 2009
Regia: Joel Schumacher
Interpreti: Dominic Purcell, Henry Cavill, Michael Fassbender, Emma Booth, Rainer Winkelvoss, László Mátray, Joy McBrinn, Shea Whigham

Recensione del film Blood Creek
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 27/12/2010


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