Recensione
Altitude

Altitude: visiona la scheda del film A dispetto della locandina che ritengo tra le più interessanti ed evocative del cinema perturbante degli ultimi anni, Altitude si dispiega sotto gli occhi dello spettatore in modo plumbeo e ingessato, minuto dopo minuto di pellicola.

Dopo circa mezz'ora di visione viene da domandarsi che cosa esattamente si sta guardando, visto che la sceneggiatura dissemina indizi che orientano al soprannaturale fin dalle prime sequenze, attraverso rimandi che ricordano le atmosfere di un buon vecchio Creepshow (1982), riesumato per l'occasione da un regista, Kaare Andrews, peraltro autore di comics di vario genere.

Il "soprannaturale" in effetti arriva, ma solo nell'ultimo quarto d'ora di un film per il resto narrativamente pietrificato all'interno di un bimotore in perenne, inverosimile avaria.

Andrews insiste sui primi piani dei protagonisti, facce rese metalliche come la fusoliera dell'aereo da turismo, attraverso l'uso di una fotografia gelida (di Norm Li) che cancella quel poco di pathos circolante. Tale insistenza diventa chiaramente un pietoso paravento dietro cui il regista pensa di poter nascondere l'inconsistenza assoluta di una storia che non coinvolge o spaventa affatto.

L'uso insistito dei primi piani è infatti un espediente estetico che può diventare molto potente, se utilizzato da mani accorte, come ad esempio quelle di Adam Green in Frozen (2010). Qui serve soltanto a sottolineare quanto si sia sciolto il mascara della fascinosa Jessica Lowndes (Sara, la protagonista e pilota del velivolo), durante una delle sue improbabili crisi di pianto.

Dialoghi e interazioni tra i cinque teenagers intrappolati sul maledetto bimotore, sono semplicemente risibili, soprattutto perchè avrebbero la presunzione di sembrare realistici.

Ma è comunque la sceneggiatura di Paul A. Birkett, a produrre in Altitude un disastro di proporzioni anaudite, che si mostra ai nostri occhi sequenza dopo sequenza, cosa peraltro prevedibile dopo le precedenti prove di un writer davvero mediocre: vedi gli inguardabili Escape Velocity (1998) e Con Express (2002). Diciamo semplicemente che Birkett è capace di inscatolare la noia allo stato puro all'interno di un aereo che vola tra il Canada e gli Stati Uniti, per poi pretendere di spaventarci collocando un monstrum anfibio pseudolovecraftiano su una nuvola, in cielo, pensando magari di essere originale perchè capovolge l'estetica e l'ambientazione di 20.000 leghe sotto i mari, spostandole verso l'alto.

Birkett tuttavia non è Jules Verne, e occorre che al più presto qualcuno glielo dica, altrimenti, senza accorgersene, un bel giorno si ritrova chiuso in un manicomio.

Dal canto suo Andrews, dopo questo pastrocchio (anche la colonna sonora riesce a risultare scissa dalle immagini), farebbe decisamente meglio a tornare ai suoi fumetti, ambito nel quale saprà di certo fare di meglio.

Altitude: una pellicola da segnalare e recensire semplicemente per indicare di evitarne con cura la visione.


Recensione originale apparsa il 02/02/2011 su Ulteriorità Precedente, il blog di Angelo Moroni.


Titolo: Altitude
Titolo originale: Altitude
Nazione: Canada, USA
Anno: 2010
Regia: Kaare Andrews
Interpreti: Jessica Lowndes, Julianna Guill, Ryan Donowho, Landon Liboiron, Mike Dopud, Jake Weary, Ryan Grantham, Chelah Horsdal, Michelle Harrison

Recensione del film Altitude
Recensione scritta da: Angelo Moroni
Pubblicata il 04/02/2011


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