Anatoly Onoprienko, la storia del serial killer

Nome completo: Anatoly Onoprienko

Soprannome: Terminator, Citizen O, Bestia dell'Ucraina

Nato il: 25 luglio 1959

Morto il: 27 agosto 2013

Vittime accertate: 52

Modus operandi: irrompe in case isolate alle prime luci dell'alba, riunisce i membri della famiglia e li uccide sparando col suo fucile calibro dodici.

Ultimo aggiornamento del dossier: 21 novembre 2014


L'investigatore Bogdan Teslya disse: "Vuoi parlare con un generale? Ti porterò il tuo generale, ti porterò dieci generali, se vuoi. Ma se te lo porto e tu non hai niente da dirgli? Perché, forse, non c'è niente da dire."
L'uomo seduto di fronte lo guardò.
"Non preoccuparti. C'è di sicuro qualcosa da dire".

E quando Anatoly Onoprienko cominciò a parlare, la sua confessione fu una di quelle che non si possono dimenticare. Una storia folle di crimine e morte che ha portato quell'uomo a diventare con tutta probabilità il più letale serial killer di sempre dell'Ucraina.
Su LaTelaNera.com vi proponiamo la sua storia.


Anatoly Onoprienko: un bambino abbandonato, un uomo duro, ma giusto

Anatoly Onoprienko (Anatolij Onoprijenko, in ucraino: Анатолій Онопрієнко) nasce il 25 luglio 1959 a Laski, in Ukraina, nella regione di Zhitomirskaya Oblast e la sua vita è segnata presto da un'infanzia dolorosa e difficile. A quattro anni muore sua madre e quando ne compie sette il padre e il fratello maggiore decidono di liberarsi di lui rinchiudendolo in un orfanotrofio.

Non si sa niente di quel periodo della sua vita, ma possiamo immaginare la situazione in un istituto del genere nell'ex Unione Sovietica dei primi anni sessanta: la fame, la paura, le botte. E sarà proprio questa la linea difensiva che seguirà Ruslan Moshkovsky, il suo avvocato, durante il processo che lo vedrà protagonista tanti anni dopo: "Il mio assistito all'età di quattro anni venne privato dell'amore materno e dell'attenzione necessaria nella formazione di un uomo".

Era sicuramente vero, come è sicuramente vero che furono proprio l'abbandono da parte del padre e del fratello a far maturare nella mente di Anatoly un odio sconfinato e patologico nei confronti della famiglia, quella famiglia che lui non aveva mai avuto e che lo porterà, in un periodo di mattanza relativamente breve, a sterminare 52 persone.

Ormai adulto, studia silvicoltura, viene saltuariamente curato in un ospedale psichiatrico, lavora come marinaio, fa il pompiere nella città di Dneprorudnoye dove una scheda attitudinale lo definisce un uomo "duro, ma giusto", emigra all'estero per svolgere il mestiere di operaio.

Non ci sono molti indizi che portino a immaginarlo come apparirà a tutti, alcuni anni dopo, durante il processo che lo dichiarerà colpevole e lo condannerà: un trentanovenne biondo di statura media, un fisico da sportivo, razionale, educato, eloquente, dotato di un'eccellente memoria e sprovvisto della benché minima pietà.


Anatolij Onoprijenko: l'uccisione del cervo, il complice Sergei, prime stragi

"La prima volta che ho ucciso avevo poco più di vent'anni. Ero nei boschi e sparai a un cervo. Ricordo che, mentre lo guardavo morire, mi sentivo sconvolto, non capivo perché lo avevo fatto e mi spiaceva per lui. Non ho mai più provato un sentimento simile".

Per Anatolij Onoprijenko la carriera di assassino inizia con il cervo ammazzato nei boschi vicino a casa, un delitto che nessun tribunale di uomini prenderebbe mai in considerazione. Il primo delitto che rientra nei comuni canoni di comprensione risale al 1989 quando Anatoly incontra Sergei Rogozin nella palestra dove entrambi vanno ad allenarsi. I due diventano amici, cominciano a passare diverso tempo assieme prima e dopo gli allenamenti e non è difficile immaginare due trentenni insoddisfatti della vita e scaldati dalla vodka cercare espedienti sempre più pericolosi per incrementare le loro magre entrate.

Decidono infine di cominciare a rapinare le case di gente un po' meno povera di loro.

Una notte, mentre stanno rubando in una casa isolata e fuori città, vengono scoperti dai proprietari. Anatoly e Sergei sono armati e capiscono che per non finire in prigione e far sparire le loro tracce devono uccidere tutti quelli che si trovano in casa. E così faranno: quando se ne vanno lasciano a terra due adulti e otto bambini.

Anni dopo, una volta arrestato, Anatolij dirà agli investigatori che, pochi mesi dopo lo sterminio, rompe ogni rapporto con Sergei e si dedica a una strage solitaria.
Spara a cinque persone che dormono all'interno di un'auto, una Lada, compreso un bambino di undici anni e brucia i loro corpi, ma la cosa non gli dà nessuna soddisfazione.

"Mi ero avvicinato solo per rubare, se avessi saputo che c'erano cinque persone là dentro, me ne sarei andato. I cadaveri sono brutti, puzzano e sprigionano cattive vibrazioni. Dopo aver ucciso la famiglia nella macchina, rimasi seduto là dentro con i loro corpi per due ore. Non sapevo cosa farne e l'odore era insopportabile".

Dopo gli omicidi, Anatoly va a vivere e a lavorare insieme a un lontano cugino. Non uccide più, almeno fino al 24 dicembre 1995, quando la carneficina ha nuovamente inizio.


Anatoly Onoprienko e le voci nella testa dello sterminafamiglie

Il 24 dicembre 1995, a Gamarnya, un villaggio dell'Ukraina centrale, Anatoly Onoprienko irrompe con il suo fucile a canne mozze nella casa della famiglia Zaichenko. Uccide il capofamiglia, un insegnante di silvicoltura, la moglie e i loro due bambini. Strappa alle vittime le fedi, una catenella con un piccolo crocifisso dorato, gli orecchini, porta via anche un fagotto di vestiti vecchi.
Prima di abbandonare la scena del crimine, incendia la casa.

"Gli ho solo sparato. Non mi ha dato piacere, ma ho sentito questo impulso e l'ho fatto. Da allora in poi, è stato tutto quasi come un gioco governato dallo spazio esterno".

Anatoly sente le voci, lo spiegherà anni più tardi agli investigatori e agli psichiatri che tenteranno di penetrare i misteri della sua testa, sente le voci da quando suo padre lo ha abbandonato ed è sopravvissuto forse proprio grazie a quelle voci, che prima gli hanno fatto compagnia e adesso gli ordinano di uccidere.

Qualche volta è la voce di Dio, qualche altra sono degli esseri extraterrestri dalla mente superiore.
Le voci continuano a dirgli cosa fare.

A Bratkovichi, il 2 gennaio 1996, solo nove giorni dopo, ammazza a colpi di fucile i quattro componenti della famiglia Kryuchkov e brucia la loro casa. Mentre scappa viene visto da un vicino, il signor Malinsky: Anatoly non esita e gli spara per strada.


La lunga scia di sangue del Terminator ucraino

Il 5 gennaio 1996 due uomini d'affari, Odintsov e Dolinin, stanno discutendo nella loro automobile parcheggiata poco fuori Energodar, Zaporozhskaya Oblast e proprio allora Onoprienko decide di uccidere la gente che passa in macchina sull'autostrada Berdyansk-Dnieprovskaya. Quel giorno moriranno, oltre ai due uomini, un passante chiamato Garmasha e il poliziotto Pybalko.

Il giorno dopo, sempre lungo l'autostrada verranno uccisi l'ufficiale di marina Kasai, il tassista Savitsky e il cuoco Kochergina.

"Per me era come cacciare. Me ne stavo seduto, annoiato, senza niente da fare e improvvisamente l'idea entrava nella mia testa. Avrei voluto fare qualcosa per cacciarla dalla mente, ma non potevo, era più forte di me. Così montavo in macchina, o prendevo un treno e andavo a uccidere".

I giornali cominciano a chiamarlo Terminator e le voci gli ordinano di tornare a Bratcovichi.

Il 17 gennaio 1996 Anatoly massacra tutta la famiglia Pilat, anche un bambino di sei anni, poi dà fuoco alla casa e uccide a sangue freddo un uomo e una donna, possibili testimoni.

Poco dopo, il 30 gennaio, a Fastova spara all'infermiera Marusina, ai suoi bambini e a un amico.

Anatoly non può fermarsi, che lo voglia o no è ormai ossessionato dall'idea di uccidere.

Il 19 febbraio 1996 tocca alla famiglia Dubchak di Olevsk: uccide il padre e il figlio a colpi di fucile, mentre la madre e la figlia le finisce con un martello, ma è l'atteggiamento della ragazzina a stupirlo molto.

"Prima di romperle la testa le ordinai di mostrarmi dove i suoi genitori tenevano i soldi. Lei mi guardò insolente e rabbiosa e disse, «No, non voglio». Quella forza era incredibile. Ma l'ammazzai lo stesso".

Il 27 febbraio 1996 Anatolij va a Malina, Lvivskaya Oblast, e penetra nella casa della famiglia Bodnarchuk. Come sempre usa il fucile sul marito, la moglie e le loro figlie di sette e otto anni, prima di andarsene, però, probabilmente si accorge che le bambine sono ancora vive, così prende un'ascia e finisce il lavoro.

Solo un'ora dopo uccide e mutila in casa sua un vicino che forse avrebbe potuto riconoscerlo, lo fa con la stessa ascia usata per le piccole Bodnarchuk.

Anatoly Onoprienko afferma che il suo ultimo omicidio avviene il 22 marzo 1996 nel piccolo villaggio di Busk, vicinissimo a Bratcovichi, dove stermina la famiglia Novosad, quattro persone in tutto, e brucia la loro casa.

"Non sono un maniaco, non è così semplice. C'era una forza che mi guidava, qualcosa di telepatico o di cosmico. Io sono come un coniglio in un laboratorio, una parte di un esperimento per dimostrare che l'uomo è capace di uccidere e continuare a vivere con i suoi crimini, per dimostrare che io posso farcela, posso sopportare tutto, senza dimenticare niente".


Anatoly Onoprienko: la Bestia Ucraina e il cugino spione

Gli abitanti di Bratcovichi e dei paesi vicini non ne possono più di vivere nel terrore, chiedono e ottengono misure di sicurezza estreme e così, mentre duemila poliziotti partono per una caccia all'uomo mai vista prima, la cittadina viene circondata da un'unità della Guardia Nazionale dotata di lanciarazzi e mezzi corazzati.

Ma contro un assassino senza nome e senza volto è difficile combattere e forse Anatolij Onoprijenko non sarabbe stato fermato, o perlomeno non ancora, se non si fosse imbattuto nel più banale degli intoppi: un litigio familiare.

Il 7 aprile 1996 Pyotr Onoprienko chiama la polizia di Yavoriv e racconta all'investigatore Igor Khuney una strana storia. Dice di aver trovato nascoste in casa delle armi e di aver subito sospettato di suo cugino Anatoly, dice di averlo affrontato e cacciato di casa. Anatoly non l'ha presa bene, anzi, ha minacciato lui e la sua famiglia e prima di andarsene ha gridato che sarebbero stati "puniti per Pasqua".

Pyotr descrive le armi trovate in casa e un fucile calibro dodici attira l'attenzione dell'investigatore Kryukov: sembra quello usato in un recente omicidio.

Dov'è adesso Anatoly? Questa è la domanda e Pyotr sa che è andato a vivere a Zhitomirskaya insieme ad Anna, la sua donna.


Anatoly Onoprienko, l'arresto del mostro a Zhitomirskaya

Viene formata una task force per la ricerca della casa di Onoprienko e dopo un'ora, una ventina di poliziotti e detective si ritrovano in via Ivana Khristitleya dove è situato l'appartamento di Anna, una parrucchiera di Yavoriv, e dei suoi due figli. Anna e i bambini non sono in casa, sono andati in chiesa e Anatoly li sta aspettando a minuti, per questo, quando la polizia suona alla sua porta, apre senza alcun sospetto e preso alla sprovvista, viene rapidamente bloccato e ammanettato.

Igor Khuney si guarda in giro e nota uno stereo Akai molto simile a quello rubato ai Novosad il 22 marzo. Quando gli chiedono di identificarsi, Anatoly tenta la fuga recuperando una pistola nascosta nel gabinetto di casa, ma viene di nuovo e definitivamente immobilizzato e la pistola diventa per la polizia un'ulteriore prova, perché un'arma come quella era stata usata sulla scena di un altro crimine recente.

Kryukov intuisce che ha per le mani qualcosa di molto più grave di una lite in famiglia, fa scortare Onoprienko alla centrale e ordina la perquisizione dell'appartamento: in breve tempo vengono rinvenuti centoventidue oggetti, tutti provenienti dalle case di famiglie massacrate negli ultimi mesi e viene ritrovato anche un fucile, probabilmente l'arma usata nelle stragi.

Mentre la perquisizione volge al termine, Anna torna a casa e capisce che è successo qualcosa di grave, chiede spiegazioni a Kryukov che rispode con una domanda: "Ti ricordi gli assassinii di Bratkovichi?"
Anna comincia a piangere.


Interrogatorio e confessione del Terminator ucraino

Alla centrale di polizia, Kryukov ha una montagna di prove, ma non riesce a ottenere l'unica cosa di cui ha realmente bisogno: una confessione. Anatoly non è interessato a parlare e soprattutto non vuole parlare con lui, non ha reazioni, solo qualche sporadico e tranquillo sorriso.
"Parlerò con un generale, non con te".

Kryukov decide di contattare l'investigatore capo di Yavoriv Bogdan Teslya, considerato da tutti un esperto in interrogatori difficili. Alle dieci di sera Teslya resta solo con Anatoly e comincia a parlargli.

Onoprienko prima tace, poi, improvvisamente, dopo mezz'ora, inizia a raccontare all'investigatore la sua infanzia, la sua rabbia verso il padre, allora Teslya tenta il tutto per tutto e chiede se quell'odio per il padre non è forse diventato odio per tutte le famiglie.

Anatoly tace, esita e si richiude a riccio. Vuole parlare con un generale.
Alle undici Teslya lascia il posto al Generale Romanuk e Anatoly Onoprienko dà il via alla sua confessione.


Citizen O: il processo, la condanna e la morte

Il 23 novembre 1998 il tribunale di Zhytomyr dichiara che il trentanovenne Anatoly Onoprienko "non soffre di alcuna malattia mentale, è perfettamente in grado di intendere e di volere e il suo stato non richiede ulteriori perizie psichiatriche".

Il processo inizia il 12 febbraio 1999 nella città di Zhytomyr. Anatoly, così come in passato è successo al serial killer Andrei Chikatilo, in aula è rinchiuso in una gabbia di ferro, dileggiato e sbeffeggiato dal pubblico presente che non perde occasione di dimostrargli la sua rabbia.

"Lasciatemi cinque minuti sola con lui", dice una donna presente a un'udienza, "non bisogna fucilarlo, deve avere una morte lenta e dolorosa".

Proprio per evitare che qualcuno decida di farsi giustizia da solo, la polizia perquisisce chiunque voglia assistere al processo e in tribunale viene montato un metal-detector di quelli usati negli aeroporti.

Nel frattempo Anatoly non ha molta voglia di parlare. Quando gli chiedono se vuole fare qualche dichiarazione scuote le spalle e risponde che non ha niente da dire e, informato dei suoi diritti, conclude "è la vostra legge", dichiara di non avere nazionalità e non riconosce l'autorità del tribunale.

"Tu non sei in grado di dirmi chi sono" grida al giudice Dmytro Lypsky "non vedi tutto il bene che sono venuto a fare e non mi comprenderai mai. C'è una grande forza che controlla tutto questo. Tu non sarai mai in grado di capirla. Forse solo tuo nipote potrebbe".

Il difensore di Anatoly non nega le colpe del suo cliente, ma calca la mano sulla sua infanzia disperata e chiede una pena più mite. Il Pubblico Ministero Yury Ignatenko sostiene che l'imputato possiede una natura violenta e crudele, naturalmente portata all'omicidio. Secondo lui, Onoprienko merita il massimo della pena.

Anatoly, intanto, non batte ciglio, sembra quasi che il processo non lo riguardi.
"Oggi potrei uccidere e senza nessuna ragione. Oggi sono una bestia al servizio del diavolo".

Il primo aprile 1999, dopo appena tre ore di Camera di consiglio, la giuria lo condanna a morte per fucilazione.

"Ho rubato e ho ucciso, ma sono un robot, non sento niente. Sono stato vicino alla morte così tante volte che ora penso sia più interessante avventurarmi nell'oltretomba per vedere cosa c'è dopo".


Anatoly Onoprienko: la fine dell'incubo

Qualcuno dice che finalmente la storia è finita, ma non è proprio così.
L'Ukraina da tempo sta tentando l'avvicinamento all'Unione Europea e questa condanna a morte mette un grosso punto interrogativo sulla sua possibile ammissione, per cui, su richiesta dei membri dell'Unione, la condanna di Anatoly viene prima congelata, poi trasformata in egrastolo.

L'opinione pubblica, insieme a una nutrita fetta del mondo politico, è decisamente contraria e lo stesso Onoprienko non sembra molto contento.
"Ovvio che avrei preferito la pena capitale, non mi interessa avere rapporti con la gente. Se mai riuscirò a uscire di qui, ricomincerò a uccidere, ma questa volta sarà peggio, dieci volte peggio. Per me la morte non è niente, non significa niente. Per voi sono stati cinquantadue omicidi, per me sono la norma".

Anatolij Onoprijenko spenderà il resto dei suoi giorni nella prigione di Zhytomyr, dove morirà il 27 agosto 2013 per insufficienza cardiaca all'età di 54 anni.


Anatolij Onoprijenko: l'elenco delle vittime

A seguire l'elenco di tutte le vittime del mostro ucraino nella sua corsa distruttrice cominciata nel giorno della vigilia di Natale del 1995...

24 dicembre 1995 - La famiglia Zaichenko (4 persone)

2 gennaio 1996 - La famiglia Kryuchkov (4 persone) e Malinsky, un potenziale testimone

5 gennaio 1996 - Odintsov, Dolinin, Garmasha, Pybalko

6 gennaio 1996 - Kasai, Savitsky, Kochergina

17 gennaio 1996 - La famiglia Pilat (5 elementi) e due potenziali testimoni: Kondzela e Zakharko

30 gennaio 1996 - La famiglia Marusina (3 elementi) e Zagranichniy, un ospite

19 febbraio 1996 - La famiglia Dubchak (4 persone)

27 febbraio 1996 - La famiglia Bodnarchuk (4 persone) e Tsalk, un potenziale testimone

22 marzo 1996 - La famiglia Novosad (4 persone)


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Dossier scritto da:
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