L’infanzia dei serial killer

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L’infanzia dei serial killer Perché si diventa serial killer? Molti studiosi da tempo cercano la risposta, analizzando l’infanzia degli assassini seriali finiti in prigione per capire se ci sono stati nei primi anni della loro vita Segni Premonitori.

Nel libro Sexual Homicide, patterns and motives del 1995, i criminologi Douglas, Ressler e Ann Burgess hanno riportato le ricerche fatte sui primi anni di vita di 36 soggetti, scoprendo che hanno avuto per lo più un’infanzia, almeno all’apparenza, normale e con un tenore di vita regolare e rispettabile.

Metà dei soggetti ha confessato però che esistevano in famiglia "crimini inconfessabili", e/o tenuti ben segreti. Molti hanno anche assistito a numerosi litigi tra i genitori, anche violenti. Nelle loro famiglie erano inoltre presenti elementi con disturbi psichici di diversa entità. A volte le madri sparivano improvvisamente per lunghi periodi per essere ricoverate in ospedale, fatto che aumentava l’aggressività dei figli che si sentivano così abbandonati o rifiutati.

Causa i continui traslochi, anche in stati diversi, i serial killer non hanno sviluppato durante l’infanzia e l’adolescenza il senso di appartenenza a una comunità, né sono riusciti a costruire rapporti affettivi reali e duraturi.

In particolare, viene meno il sano "rapporto tra pari" che si impara a instaurare da piccoli: il futuro serial killer può essere stato sia il classico "bullo" che, crescendo, ha aumentato la crudeltà e la letalità, sia la vittima del bullo che, una volta grande, per una sorta di rivalsa, sfoga la rabbia covata sui più deboli.

Altri fattori comuni scatenanti riscontrabili nell’infanzia e nell’adolescenza dei serial killer sono:

1) l’essere figlio illegittimo o orfano di uno o entrambi i genitori

2) l’avere avuto entrambi i genitori violenti o un genitore abusante mentre l’altro, vittima a sua volta, non interveniva per proteggerlo

3) l’aver assistito, impotente, alle violenze – fisiche, psicologiche e/o sessuali – subite da un altro familiare, di solito la madre. Si ricorda che, un padre che abusa di continuo della moglie davanti ai figli, svilisce in loro la figura femminile, relegandola a schiava-oggetto sessuale

4) l’aver avuto una madre prostituta che, spesso, faceva assistere il figlio agli incontri con i clienti

5) privazioni materiali e affettive

In molti serial killer si nota inoltre la presenza della triade di McDonald, di lesioni alla testa e/o danni neurologici di vario genere.

La maggior parte degli assassini seriali sembrerebbe provenire da una famiglia multiproblematica che nasconde spesso il disagio a vicini, insegnanti e autorità locali. Si crea così un distacco dal mondo esterno, cercato e voluto dagli adulti, che amplifica il disagio del futuro serial killer.

Quando il soggetto durante l’adolescenza o la prima giovinezza manifesta comportamenti violenti o mette in atto i primi crimini, è orami troppo tardi: ha perso la capacità di relazionarsi in modo adeguato con gli altri.

Può mostrare, tra l’altro, difficoltà di apprendimento e scarso rendimento scolastico, precoci fantasie sessuali sempre più violente, ossessione per il fuoco, il sangue e la morte, comportamenti autodistruttivi e dipendenze da alcool o sostanze stupefacenti.

Non tutti i bambini che hanno avuto infanzie simili sono diventati serial killer da adulti, perciò alla domanda iniziale, nonostante gli studi condotti finora, non si è ancora in grado di rispondere in modo soddisfacente.


L’infanzia dei serial killer
Articolo scritto da: Biancamaria Massaro
Pubblicato il 05/05/2013

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