La Casa Nera è un divertente giocattolo, ricco di invenzioni e di trovate originali, che dimostra come il Wes Craven pre-Scream fosse tutto sommato un cineasta che sapeva il fatto suo. Lo si può vedere, senza neanche sforzarsi troppo, dato che il film in questione sa regalarci un’ora e mezza di terrore, ironica, critica sociale e un pizzico di splatter.
E lo fa bene, senza mai sbilanciarsi, ma dando il giusto tempo a ogni sua caratteristica. Se a tratti la parte più spiccatamente umoristica viene fuori in tutta la sua follia (Papi in tenuta sadomaso), Craven non dimentica la componente horror, che torna prepotentemente un attimo dopo (le creature della cantina, la pazzia finale), e soprattutto non chiude mai un occhio su una certa critica (il razzismo e il maltrattamento dei bambini), magari vecchia, un po’ superficiale e che si basa su un sacco di luoghi comuni, ma che è sempre bella da trovare in un film del genere.
Il pregio migliore della pellicola, comunque, resta l’adrenalina, la tensione, la velocità. Il 90% de La Casa Nera si svolge nella casa di Mami e Papi, e in tutto questo tempo Grullo è costretto a scappare: dai due folli abitanti, dal loro cane bavoso, e pure dagli inquilini della cantina. È gratificante immedesimarsi nel bambino, mentre corre di qua e di là, scoprendo poco a poco i vari trabocchetti disseminati in giro per la casa e i mille e più passaggi segreti.
Non c’è un attimo di sosta, non si tira il fiato, mai, perché se Papi mette giù il fucile allora arriva Mami, e quindi tocca al cane, e via così, in un susseguirsi di inseguimenti (anche molto spassosi) che catturano lo spettatore e gli intimano l’alt sulla poltrona.
Craven non è mai stato un mostro dietro la macchina da presa, e qui lo dimostra pienamente: la regia, infatti, è piuttosto di maniera, semplice, priva di particolari spunti di interesse (a parte qualche inusuale angolo di ripresa), ma fa comunque bene il suo lavoro, e la sufficienza se la prende di diritto.
Molto meglio il Craven sceneggiatore. Lo script è buono, i personaggi sono caratterizzati con dovizia di particolari e, cosa più importante, nella loro divertente follia appaiono sempre reali e credibili (il finale, in questo caso, è da lodare, anche se un po’ troppo buonista).
Bene anche i dialoghi, mai troppo comici o troppo seri, che si inseriscono in una media che funziona e che non presenta cali di tono.
Un plauso agli attori, da Brandon Quintin Adams (lo Zeke del video di Moonwalker di Michal Jackson) e A.J. Langer (Fuga da Los Angeles), che riescono nella non facile impresa di mostrare la sofferenza degli adolescenti che crescono e scoprono la vera faccia del mondo, fino ovviamente a Wendy Robie (Horror in the Attic, Vampiro a Brooklyn, The Dentist 2) ed Everett McGill (Unico indizio la luna piena), ovvero Mami e Papi, pazzi scatenati sin dal primo istante. Impossibile non amarli.
Una nota un po’ negativa invece per quanto riguarda la musica, praticamente assente, a parte qualche piccolo sprazzo di archi, abbastanza inconcludente. Da bocciare il rap su basi elettroniche che accompagna i titoli di coda, ma qui si va sui gusti personali ed è meglio lasciar perdere.
Spassoso, ironico e beffardo: La Casa Nera non è un capolavoro, ma è un film onesto che, in un’ora e mezza scarsa, sa regalare così tante cose che pare impossibile ci siano state tutte assieme e non abbiano litigato tra loro. Magari gli horror odierni fossero così sinceri.
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