Recensione
Le Cinque Chiavi del Terrore

Le Cinque Chiavi del Terrore: visiona la scheda del film Potremmo quasi definire questo Le Cinque Chiavi del Terrore come la risposta inglese al "nostro" I Tre Volti della Paura visto che la struttura narrativa è pressoché identica: si ha un episodio che funge da filo conduttore di altri episodi tutti incentrati sul tema "morte" (ciascun protagonista può sottrarsi al proprio infausto futuro solo per tale via).

Davvero memorabile, sia per le interpretazioni che per la sceneggiatura, l’episodio che funge da filo conduttore dell’intero film con un affascinante personaggio interpretato divinamente da Peter Cushing, un’icona dell’horror britannico (Dracula il Vampiro, S.O.S. I Mostri Uccidono Ancora, Guerre Stellari), che intrattiene i compagni di viaggio con storie terrificanti tutte relative al loro prossimo futuro. Questo episodio vale da solo la visione dell’intera opera grazie anche al sorprendente finale che garantisce un certo colpo a effetto: lo sceneggiatore, Milton Subotsky, che cita vagamente uno dei capolavori di Ingmar Bergman, Il Settimo Sigillo.

Oltre a questo splendido episodio, citato tra l’altro anche da Sergio Stivaletti nel suo I Tre Volti del Terrore, Le cinque chiavi del terrore è composto da cinque cortometraggi di breve durata (20 minuti circa).

Il primo episodio, dedicato alla figura del licantropo (con le citazioni classiche alle pallottole di argento, ai marchi del maligno e via dicendo), è probabilmente quello in cui il regista, Freddie Francis (autore di vari horror quali Il Teschio Maledetto, Il Rifugio dei dannati), imprime il maggior tasso di tensione, tuttavia vi riesce solo a corrente alternata e questo, unitamente alla totale mancanza di effetti speciali (ci si limita d inquadrare la bocca di un cane che ringhia), si ripercuote negativamente sul risultato finale.

Interessante il soggetto del secondo corto, con una pianta carnivora che inizia ad attaccare tutti coloro che gli passano intorno, peccato però che la sceneggiatura si riveli un po’ frammentaria non sviluppando appieno le potenzialità dell’originale idea iniziale.

Brutto e tutt’altro che coinvolgente, seppure ironico, il terzo episodio in cui un musicista saccheggia le musiche di un ballo voodoo con il fine di appropriarsene e di presentarle ai suoi concerti. I suoi piani, però, vengono stravolti da una divinità caraibica che si materializza nelle fattezze di un grosso uomo di colore ed evita la diffusione "non autorizzata" della musica religiosa.

Gli ultimi due corti sono sicuramente i migliori del lotto. Nel corto con Christopher Lee (attore che non ha bisogno di presentazioni) protagonista si assiste alla vicenda di un antipatico critico d’arte perseguitato dalla mano di un pittore, amputata a causa di un incidente automobilistico provocato dal critico d’arte.

Interessante la sceneggiatura di questo corto che presenta una critica implicita alla "pratica" della vendetta con Subotsky che mostra la violenta spirale che si innesca in conseguenza di questo sentimento. Si può anche ravvisare il tentativo dello sceneggiatore di evidenziare i possibili effetti che il senso di colpa può produrre nella mente umana (il critico d’arte potrebbe esser stato vittima di allucinazioni). Risibili effetti speciali (la mano praticamente sembra un guanto trascinato sul suolo con l’ausilio di fili).

Tendente al thriller l’ultimo episodio, che si avvale della presenza di un giovanissimo Donald Sutherland. L’episodio affronta il tema del vampirismo in modo originale, sebbene siano mantenuti alcuni punti fermi (paletto di legno da inserire nel cuore del mostro, refrattarietà di quest’ultimo ai simboli religiosi) e si conclude in un modo davvero beffardo e di indubbio effetto. Purtroppo, anche in questo caso si sente la mancanza di un make up e di effetti speciali all’altezza della situazione.

Analizzando il lavoro di Francis dietro la macchina da presa pare giusto dire che si sarebbe potuto fare assai meglio visto che la regia non brilla certo per dinamicità e per la presenza di sequenze particolarmente memorabili. Addirittura in alcuni corti la regia si rivela piatta e tutt’altro che di mestiere (Mario Bava, per intenderci, era di un altro pianeta).

Prove opache anche per l’addetto alla fotografia e per il compositore della colonna sonora.

Le Cinque Chiavi del Terrore è tutt’altro che un capolavoro e ha molti limiti, tuttavia merita di esser visto per l’ottimo corto che funge da colonna portante dell’intera opera.


Titolo: Le Cinque Chiavi del Terrore
Titolo originale: Dr. Terror's House of Horrors
Nazione: Gran Bretagna
Anno: 1965
Regia: Freddie Francis
Interpreti: Christopher Lee, Peter Cushing, Roy Castle, Max Adrian, Ann Bell, Michael Gough, Jennifer Jayne, Bernard Lee, Donald Sutherland

Recensione del film Le Cinque Chiavi del Terrore
Recensione scritta da: Matteo Mancini
Pubblicata il 17/02/2013


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