Serial Killer: cause e sviluppo della violenza estrema

Presentiamo sulle pagine de LaTelaNera.com un lungo articolo scritto dal Dottor Christopher Paulus tradotto da Cristina Comandini


Cause e Sviluppo della Violenza Estrema: Sommario

1. Motivazione estremamente aggressiva
2. Scopo dell'aggressione = vittima dell'aggressione?
3. Esperienze infantili
4 Influenza del rapporto genitore - figlio
5 Differenze nel movente dell'aggressione
6 Perversione e fantasie sadiche
7. Perché non tutti diventano assassini?
8. Formazione e sviluppo di una motivazione estremamente aggressiva


A differenza degli omicidi singoli, i pluriomicidi non sono caratterizzati da un movente chiaramente riconoscibile e spesso si distinguono per una componente estrema di violenza e perversione.

In questa sede tenteremo di definire la natura estremamente aggressiva della motivazione del criminale, la cui origine risale all'età infantile, in particolare al rapporto carente e sofferto con i genitori e alle conseguenti frustrazioni precoci e deleterie per la propria autostima.

Inoltre, tenteremo di interpretare le esperienze descritte in modo analogo da numerosi serial killer in base alla teoria della motivazione aggressiva.

Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te. (Friedrich Nietzsche, Di là dal bene e dal male, Aforisma 146)


1. Motivazione estremamente aggressiva

I delitti dettati da gelosia, stato di eccitazione o in occultamento di ulteriori reati sono caratterizzati da un movente chiaramente individuabile. Per quel che riguarda la ricerca dell'assassino, in molti casi è opportuno indagare nella vita privata della vittima (Wittneben, 1992; Porter, 1983), cosicché sia possibile provarne la colpevolezza in tempi relativamente brevi (Lempp, 1977).
Ma cosa avviene in presenza di crimini quali il seguente?

La sera del 23 gennaio 1978, una ragazza ventunenne fu ritrovata senza vita.
L'assassino le aveva lacerato completamente l'abito all'altezza del ventre e squarciato i genitali. Presentava un'enorme ferita da taglio, dal petto fino all'ombelico, e alcuni organi interni le erano stati estirpati. Le mancavano alcune parti del corpo. La mammella sinistra mostrava molteplici ferite da punta. L'assassino le aveva introdotto nella bocca degli escrementi animali. A quanto pare aveva raccolto e bevuto il sangue in un vasetto da yogurt (Ressler & Shachtman, 1993).

La competenza dell'FBI (1) statunitense nell'ambito dell'elaborazione di profili criminali ha dimostrato che nell'interpretazione di crimini estremamente violenti è essenziale astenersi dall'utilizzo di categorie prestabilite (per esempio "psicopatici"), mentre è opportuno tentare di individuare la motivazione di fondo del criminale (Ressler & Shachtman, 1993). Questo è particolarmente vero per i "serial killer", ossia assassini che mettono in atto omicidi in successione in luoghi diversi, al contrario degli "sterminatori", cioè criminali che uccidono più persone contemporaneamente e nello stesso luogo, come è avvenuto per esempio durante il nazismo, nelle camere a gas dei campi di concentramento.

Le motivazioni più ricorrenti degli assassini possono essere: sete di potere, "aumento della suspense" (Fullgrabe, 1983) o volontà di esercitare controllo sul proprio destino o sull'ambiente circostante.

Diametralmente opposta è l'ipotesi secondo la quale, specialmente nei delitti a sfondo sessuale (2), c'è di base una motivazione estremamente aggressiva (FBI, 1985; Fullgrabe, 1983, 1990).

Tale ipotesi trova un chiaro riscontro principalmente nella tipologia del sadico, il quale descrive la propria motivazione per esempio in questi termini: "Non ho violentato la ragazza, volevo solo annientare quella cosa" (non lei,(3)). (Hazelwood & Douglas, 1980).

Infine, i criminali danno libero sfogo a fantasie covate a lungo e sino a quel momento represse (per quel che riguarda la concretizzazione). Nel momento in cui l'inibizione dell'aggressione radicata nel movente dell'aggressione stessa non è più sufficiente, allora scaturisce l'atto criminale, al quale ne seguono spesso degli altri.

I criminali contraddistinti da esperienze infantili di violenza, rifiuto, negligenza o anche da rapporti negativi con figure di riferimento compensano ciò attraverso un ideale di determinazione, forza e superiorità. In tal senso, fattori quali violenza, rivalsa o mutilazione svolgono un ruolo fondamentale.

Il desiderio di dominio, o comunque di controllo, sul proprio ambiente si concretizza al meglio attraverso l'aggressività: questo è quanto apprende l'assassino durante l'infanzia.
Di conseguenza, tale desiderio si manifesta in primo luogo sotto forma di fantasia (Ressler, 1985, 1988).

Prima dei delitti veri e propri, di tanto in tanto si verificano atti di violenza nei confronti di esseri viventi più deboli (principalmente animali, più raramente bambini), oggetto di torture, lesioni o uccisioni. Vengono commesse anche le prime infrazioni di natura criminale: furto, incendio colposo o lesioni corporali.

Qualora alla base di tutto questo processo evolutivo vi sia una reale motivazione aggressiva, allora esso dovrebbe essere interpretato in virtù degli schemi propri del movente dell'aggressione.

Per poter trattare tale questione in modo più approfondito, è necessario partire dal principio, esaminando in primo luogo alcuni aspetti peculiari per poi ricavarne le componenti fondamentali dell'aggressione.


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Articolo scritto da:
Dr. Christopher Paulus

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