Belzebù, principe dei demoni e signore delle mosche
Belzebù, il diavolo secondo solo a Lucifero e comandante di una schiera di 6.666 demoni...
Per avere idea dell’importanza di Belzebù (Beelzebù, Beelzebub, Belzebù, Beelzeboul) basti dire che, secondo il cristianesimo medievale, egli comanda 6.666 demoni.
Il numero 6.666 non è casuale ed è arrivato a noi grazie alle profezie della Monaca di Dresda, una giovane suora vissuta a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, che scrisse le sue profezie in tedesco e in latino. La suora profetizzò che Satana avrebbe regnato sulla terra per diciotto anni che, guarda caso, sono esattamente 6.666 giorni: questo numero risente sia del famoso 666 apocalittico (il numero della bestia, dell’Anticristo) ma, soprattutto, del numero di creature infernali sottomesse a Belzebù.
Stiamo parlando di un vero "pezzo grosso" quindi, che occupa un ruolo di vertice nella gerarchia infernale essendo secondo solo a Satana e ad Astaroth. Secondo la tradizione cabalistica invece Belzebù, assieme a Bodon, comanda il gruppo di spiriti della menzogna (chaigidel).
L’importanza di questo principe infernale è tale che Dante Alighieri, nella Divina Commedia (Inferno, XXXIV, 127), parla di Belzebù come di “principe de’ dimoni e de’ traditori di loro signori”, identificandolo con Lucifero.
Come sovente accade per molti demoni, il suo nome è fonte di discussioni e discordanze ma pare che l’ipotesi più accreditata sia quella che lo fa derivare dal grande dio-toro bianco Baal Zephon, signore della profezia e della fertilità, che era adorato a Canaan. I Cananei lo adoravano come re dell’Oltretomba settentrionale e i Filistei di Accaron avevano adottato da loro questo culto.
Era conosciuto anche con l’epiteto Baal-Zebul, il "Signore della dimora del Nord", che assegnò il nome alla tribù di Zabulon e veniva venerato sul monte Tabor. Quando il re di Israele Acozia consultò il suo oracolo ad Accaron (Ekron), fu rimproverato da Elia il Tisbita per non aver consultato l’oracolo di Israele poiché sospettava che Baal-Zebul fosse in realtà un Dionisio autunnale, adorato proprio presso il monte Tabor da fedeli che erano soliti mangiare l’Amanita muscaria (un fungo velenoso) che creava loro forti allucinazioni e stati di trance (2 Re, I, 1-4) .
All’epoca di Gesù che, tra l’altro, venne accusato di traffici poco chiari con Belzeebù, i regni d’Israele e di Filistea erano stati da molto tempo soppressi e i santuari di Accaron e di Tabor completamente distrutti. Le funzioni di Baal-Zebul erano state assunte dall’arcangelo Gabriele e il dio, precedentemente glorioso, fu ridotto a malevolo demone e chiamato sarcasticamente Baal-Zebub, signore delle mosche. Nel Nuovo Testamento, infatti, Baal-Zebub diviene il principe dei demoni (Matteo XII:24 e Luca XI:15).
La tradizione vuole comunque che i macellatori leviti avessero conservato l’antico e pagano rito di voltare verso nord la testa della vittima durante i sacrifici.
Appare comunque chiaro che il nome sia un composto di Baal, traducibile dal fenicio come signore e Zebub, che per alcuni studiosi significherebbe mosche mentre, per altri, letamaio.
È proprio la traduzione che identifica Belzebù come signore delle mosche che ci fornisce lo spunto per comprendere appieno le origini di questo potente e temuto demone.
In molte antiche culture le mosche erano considerati animali imperfetti che si generavano dalla corruzione e che si diffondevano ovunque portando malattie e contaminando i cibi. Soprattutto in Oriente questi insetti erano (e sono) un vero flagello e la visione demonologica di Zoroastro ha simboleggiato questa calamità con la diavolessa Nasu che rappresenta la putrefazione, l’impurità e la decadenza.
Sempre secondo questa visione, esistono cani e uccelli divoratori di cadaveri (necrofagi) che sono in grado di scacciare Nasu con una sola occhiata: impaurito dal loro sguardo il demone fugge dai cadaveri assumendo la forma di una grottesca mosca.
Chiaramente anche i testi apocrifi sono ricchi di riferimenti a Belzebù, come per esempio nel Vangelo di Gamaliele (maestro ebreo vissuto nel I secolo) quando si narrano le vicende di Pilato alle prese con le autorità ebraiche al sepolcro di Gesù che lo accusano di non avere “nessuna idea delle opere che Gesù ha compiuto con l'aiuto di Beelzebub, sia durante la sua vita sia alla sua morte”.
E ancora ne troviamo traccia nel Vangelo Esseno della Pace dalle stesse parole del Signore che definisce Belzebù come “principe di tutti i demoni e fonte di ogni male, è in agguato nel corpo di tutti i Figli degli Uomini”, che è anche signore di ogni male e che insidia i figli degli uomini promettendo loro agiatezze che in realtà non concederà mai.
La fama di Belzebù era ben nota anche in Occidente infatti, Pierre Le Loyer (primo consigliere del re di Francia ed esperto occultista e demonologo, 1550-1634), ci tramanda la storia di una donna indemoniata della città di Laon, dalla cui bocca, durante un esorcismo, fuggì Belzebù assumendo la forma di una mosca.
Durante il periodo del cristianesimo Belzebù era considerato il sovrano dell’impero delle tenebre e la sua fama dette origine ad altre mosche diaboliche, folletti che venivano nutriti dalle streghe inglesi e alla gigantesca mosca che punse Cuniberto, re dei longobardi, mentre era in procinto di discutere con un suo consigliere circa l’uccisione di due gentiluomini che l’avevano precedentemente provocato. I cortigiani dettero quindi la caccia all’essere mostruoso ma riuscirono solamente a tagliargli una zampa. Nel frattempo i due gentiluomini furono avvicinati da un uomo spossato e senza una gamba che li ammonì circa la collera del re riuscendo così a salvarsi.
L’importanza di tale demone nella gerarchia infernale è testimoniata anche dall’opera Dragone Rosso (Lille, 1521) nel quale Belzebù è secondo soltanto a Lucifero e viene inoltre ritratto come un principe (infernale) dal profilo sgraziato.
È curioso il fatto che John Wier, grande viaggiatore che raccoglieva informazioni sui demoni in ogni paese che visitava e convinto assertore della reale personalità corporea dei demoni e non soltanto di quella spirituale, nella sua Pseudomonarchia Daemonum (appendice del De praestigiis daemonum del 1577) non faccia menzione di Belzebù nei 69 demoni descritti: probabilmente perché identificato con il demone Bael (tutt’ora spesso i due demoni vengono confusi). Al contrario, nel famoso Dictionnaire Infernal di J.A.S. Collin de Plancy (Parigi 1863), Belzebù è visto come un demone di primaria importanza e viene rappresentato come un’enorme e terribile mosca con disegni di teschi e tibie incrociate (skull and crossbones) sulle ali.
Anche nel grimorio Goetia, che è sostanzialmente una pratica magica che concerne l'invocazione e l'evocazione di demoni e che contiene le descrizioni dei 72 demoni che si dice furono evocati da Salomone, si ribadisce l’importanza di questo demone e, infatti, sono addirittura due i sigilli necessari per la sua evocazione che, tra l’altro, pare sia sempre accompagnata da un brusio simile a quello emesso dalle mosche (oltre che da un fetore nauseabondo).
Inizialmente egli si manifesta sia come una gigantesca e mostruosa mosca oppure come un essere mostruoso di notevole altezza. Nella sua veste finale si presenta con viso e petto gonfi, narici enormi, corna, ali di pipistrello, piedi d'anatra, coda di leone e folti capelli neri.
Pare che in epoca medievale Belzebù fosse molto apprezzato dalle streghe e spesso evocato durante i sabba ed esistono diverse storie in cui viene descritto mentre copula con loro in orge selvagge. Inoltre era evocato spesso durante le messe nere dell’alta società molto in voga nel diciassettesimo secolo ma, seppur lo stregone fosse molto esperto, doveva fare molta attenzione perché il presentarsi di Belzebù spesso causava la morte per epilessia, apoplessia o strangolamento e, infine, una volta evocato era molto difficile da mandare via.
Belzebù è anche uno dei protagonisti nel poema drammatico Faust scritto da Johann Wolfgang von Goethe: viene descritto come uno dei demoni che si manifestano a Faust ed è Lucifero stesso a sottolinearne l’importanza allorché si presenta “Lucifero e costui (riferito a Belzebù) è signore in inferno accanto a me”.
Citiamo altre due frasi del Faust perché descrivono bene l’indole di questo demone: “Faust, siamo venuti in persona dall'inferno a mostrarti qualche visione che ti svaghi: siedi, e vedrai apparirti i sette peccati mortali nei loro veri aspetti…Tu non dovresti più pensare a Dio”.
Belzebù, dall’alto del suo rango privilegiato negli inferi, è sempre stato molto attivo nei casi di possessione, tra i quali è importante ricordare quello molto celebre di Nicole Obry a Laon (Francia) nel 1556, e quello delle suore (in particolare della suora Giovanna degli Angeli) del monastero di Loudun (Francia) che portò all’esecuzione capitale del sacerdote Urbain Grandier in quanto accusato di aver stipulato un patto con il diavolo. La sua colpevolezza fu provata, oltre che dalle accuse di Giovanna che parlava in nome di Lucifero, anche da un patto con il diavolo che fu rinvenuto in casa sua e che mostrava in calce i contrassegni infernali di Lucifero, Belzebù, Astaroth, Leviathan e di altri demoni. Il documento è conservato tutt’ora nella Bibliothèque Nationale a Parigi.
Numerosi esorcisti testimoniano che ancor oggi Belzebù è uno dei principali demoni che causa possessioni e anche uno dei più difficili da scacciare poiché, essendo un demone di rango superiore, spesso è accompagnato da intere legioni di demoni.
È considerato per eccellenza il demonio della discordia e non sopporta soprattutto il Credo.
L'Autore dell'articolo Ottavio Bosco nasce nel 1974, svolge i suoi studi scientifici a Pisa dove si laurea in Scienze Geologiche. Prosegue la sua formazione ottenendo l’abilitazione all’esercizio della professione di geologo presso l’Ordine dei geologi della Toscana. Attualmente vive e lavora a Pisa dove svolge la libera professione.
Ha collaborato con riviste di divulgazione scientifica (Economia e Ambiente) e ottenuto vari incarichi istituzionali che tutt’ora ricopre.
Con la casa editrice ETS di Pisa ha pubblicato il romanzo Il Purificatore (Febbraio 2011) e La Sindrome di Minosse (Novembre 2012).
Appassionato di horror, fantasy e pulp, esprime il suo hobby della scrittura con uno stile sui generis.
Fonti:
Bibbia Sacra, tradotto in lingua italiana da Monsignor Antonio Martini. Prima Edizione, Londra 1828
Dictionnaire Infernal, J.A.S. Collin de Plancy, Parigi 1863
Il ritorno dell’Anticristo, Massimo Centini, Piemme Edizioni, 1996
La Dea Bianca, Robert Graves, Editore: Adelphi Edizioni, Febbario 2009
Pseudomonarchia daemonum, J. Weyer, Basilea, 1577
Storia della Magia, Kurt Seligmann, Casa Editrice Odoya srl, 2010
The Encyclopedia of Demons and Demonology, Rosemary Guiley, @2009 by Visionary Living, Inc.
https://it.wikipedia.org/
https://www.treccani.it/enciclopedia/belzebu_(Enciclopedia-Dantesca)/
https://www.vangeliapocrifi.it/
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