Recensione
Krampus: Natale non è sempre Natale

Krampus: Natale non è sempre Natale: visiona la scheda del film È sufficiente l’incipit di Krampus: Natale non è sempre Natale (Krampus) per rassicurarci sulle capacità del suo regista Michael Dougherty: gli otto anni passati da La Vendetta di Halloween (La Vendetta di Halloween) non hanno tolto smalto al film maker dell’Ohio, che sa ancora come essere feroce con una carezza e spietato con delicatezza e stile, tirando pugni nel classico guanto di velluto.

Dopo aver sfornato uno dei migliori film di Halloween di sempre, ha saputo ora produrre un ottimo horror che si inserisce in posizioni molto alte sia nel cinema natalizio che nei film di fiaba e folklore.

La storia della famiglia Engel, con i suoi membri e parenti vari che, ognuno a modo suo, ormai non credono più ai valori fondanti del Natale e si ritrovano, nei giorni che precedono il 25 dicembre, prigionieri in casa, assediati da una fortissima tempesta di neve così come dal Krampus e dalla sua mostruosa corte, è destinata a diventare un classico.

I vari attacchi del Krampus e delle terrorizzanti creature che lo aiutano, così come le diverse situazioni da commedia, staranno d’ora in poi accanto a titoli come Gremlins per quanto riguarda le visioni horror dicembrine.

E vengono confermate altre capacità già ampiamente dimostrate nell’unico precedente horror: questo splendido quarantenne ama i film corali ed è un regista d’attori, attento alle prove e in grado di regalare a tutti, a turno, adeguato spot da protagonista.

Krampus: Natale non è sempre Natale è per larga parte commedia, pur sapendo inquietare e perturbare a dovere, con qualche picco di cattiveria inaspettata, e quindi servono attori che sappiano ridere e far ridere.

E chi meglio di David Koechner, che torna da queste parti dopo aver giocato a fare lo spassoso capo scout in Manuale scout per l’apocalisse zombi.

Per non parlare di Conchata Farrell, habitué della risata, o Allison Tolman, intravista in The Gift e qui capace di far sorridere anche solo con il suo vestiario, salvo poi scoprirsi fiera amazzone stroncamostri.

Chiude il quadro la coppia alchemica formata da un Adam Scott (L’incubo di Joanna Mills) in ascesa e una Toni Collette (Il Sesto Senso) di una spanna più brava di tutti, anche se le sue capacità non son certo un mistero, recita molto bene con gli occhi…

Tutto è classico: interni, musica, tempistica, accelerazione graduale del ritmo, costumi, ma non è questione di nostalgia quanto di stile e dna.

Il Krampus impiega ventiquattro minuti per farsi vedere, poco e da lontano, e tornerà in pratica solo nel finale, eppure non possiamo certo farne una colpa ai protagonisti umani, che si impegnano con cura e costanza nell’evocarlo: automobili che passano sopra a decorazioni; disprezzo per le tradizioni; derisione verso chi scrive a Santa Claus e, a rinforzo, lettere stracciate e proclami d’odio; alberi e Babbi Natale incendiati; clima che non è mai cordiale, figurarsi gioioso; ometti di marzapane accoltellati, raramente troveremo gioia e amore.

C’è ben poco di holy e molto di unholy in questa attesa sempre più spasmodica che si conclude verso il quarantacinquesimo minuto con l’arrivo dei vari “aiutanti” del Krampus, proprio quando il portatile che sta suonando Silent Night si spegne, la carica esaurita.

E invece la carica inizia proprio qui, Krampus muta pelle, cambia marcia e raddoppia i giocatori e non ci si ferma più, con gli archi del fido Douglas Pipes (Monster House, Trick ‘r Treat) a rafforzare e sottolineare i vari attacchi o cullare gli interludi.

Film corale significa avere parecchia gente in grado di condire e rendere interessanti anche i momenti di raccordo, moltiplicare gli inneschi narrativi e, quando serve (e serve sempre) fornire carne da cannone.

Allo stesso modo, dissacrare e ammodernare il mito folkloristico del Krampus, dotandolo di un gruppo di servitori, serve a moltiplicare occasioni e tipologie di attacco.

Attacco che viene inizialmente interrotto con un gran flashback in cartoni animati, per poi riprendere mostrando la mostra di mostri che apre le porte ai visitatori della ansiogena soffitta verso il giro di boa dell’ora.

Un teddy bear zannuto e vorace; un azzeccato clown-larva che si nutre di bambini; un inesorabile robot killer; un feroce gruppetto di stormtrooper di marzapane armati di sparachiodi; un pericoloso e weird pennuto: ce n’è per tutti i gusti e si entra subito in zona Dolls/Puppet Master.

Grandi e affollati interni con Daniel Birt (District 9, Avatar, Amabili Resti) che sparge ovunque ninnoli, soprammobili e decorazioni.

Buon lavoro di contrasto fra dentro e fuori grazie anche alle luci di Jules O’Loughlin e attenti, spassosi, minuziosi ed efficaci (per me fra gli elementi di maggiore forza dell’opera) costumi di Bob Buck.

Il vero e tardivo protagonista dell’opera corale giunge al minuto settantasette e da allora non c’è più spazio per nessuno: realizzato magnificamente, è creatura che entra nella galleria del nostro genere preferito per rimanerci, anche grazie all’indovinato mix di effetti speciali pratici e digitali realizzati da Weta Workshop/Weta Digital.

Krampus: il Natale ha una nuova, entusiasmante icona horror.


Titolo: Krampus: Natale non è sempre Natale
Titolo originale: Krampus
Nazione: USA, Nuova Zelanda
Anno: 2015
Regia: Michael Dougherty
Interpreti: Adam Scott, Toni Collette, David Koechner, Stefania LaVie Owen, Krista Stadler, Conchata Ferrell, Allison Tolman, David Koechner, Maverick Flack

Recensione del film Krampus: Natale non è sempre Natale
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 21/04/2016


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