Liberamente ispirato alle note vicende di Anneliese Michel (una studentessa bavarese che subì il rituale dell’esorcismo nel 1976) che l’anno scorso diedero origine anche all’americano L’esorcismo di Emily Rose, questo Requiem sfrutta un metodo diametralmente opposto al suo cugino a stelle e strisce, evitando qualsiasi tipo di drammatizzazione e pescando più nei territori del documentario, tenendosi sempre a una buona distanza emotiva da tutti i personaggi ed evitando di prendere posizioni precise riguardo ai fatti, pur rimanendo più vicino alla Scienza che alla Fede.
In questo l’ottimo regista Hans-Christian Schmid è aiutato dal direttore della fotografia e dallo scenografo che mettono insieme una serie di quadri dai colori smorzati e neutri che permettono di concentrare tutta l’attenzione su quanto accade alla ragazza.
Il regista e lo sceneggiatore Bernd Lange scelgono la via più dura e non propongono pillole e psichiatri come panacea di tutti i mali, generando nello spettatore un senso di dubbio che alla fine conduce a una aperta frustrazione.
Le cure prescritte contro l’epilessia non sortiscono benefici definitivi, i susseguenti attacchi e deliri (fra cui alcune scene di forte impatto quali la mano che si contorce senza riuscire ad arrivare al crocifisso o i momenti più furiosi nel prefinale) possono essere causati sia da qualche tipo di malattia organica che dallo stress da studio eccessivo che dalle uscite in società (la ragazza comincia a bere, ballare, conoscere il sesso…) o perfino da qualche tipo di possessione.
Tutte opzioni decisamente preferibili e meno terribili di quella proposta dal prete e accettata da Michaela, ovvero l’atto di un Dio che mette alla prova più dura proprio i suoi figli prediletti.
Così come evita di schierarsi apertamente su una vicenda tanto intricata, il regista opta per un finale aperto e affida a qualche spietata riga di testo la reale risoluzione della vicenda.
Sono, a voler cercare il pelo nell’uovo, omesse alcune informazioni fra l’interessante e l’intrigante (nella realtà la ragazza aveva un concetto di fede ancora meno “aperto” di quello mostrato nel film e in certi stadi della sua malattia è giunta a parlare in latino e aramaico, lingue a lei sconosciute) ma la splendida performance di Sandra Hüller (Orso d’argento alla 56esima Berlinale proprio per la prova nei panni di Michaela), unita a uno stile registico composto e ricco di soluzioni (camera a mano, inquadrature insolite “addosso” alla protagonista…) rendono questo Requiem un titolo difficilmente dimenticabile e una visione obbligatoria per chiunque sia interessato a integrare i vari (e splendidi, sia chiaro) L'Esorcista, The Omen - Il Presagio e compagnia danzante con l’altra faccia della medaglia.
Grande colonna sonora a cura di Deep Purple, Amon Düül II e tanto krautrock d’epoca.
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