Intervista a Simone Barcelli, lo studioso degli OOPArt

Libri > Interviste > Simone Barcelli è tornato da qualche mese in libreria con un nuovo lavoro tutto dedicato agli oggetti impossibili del nostro passato

Intervista a Simone Barcelli, lo studioso degli OOPArt Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervista rilasciata dal ricercatore Simone Barcelli al Paranormal Tour Tenerife, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro OOPART Gli oggetti "impossibili" del nostro passato (Cerchio della Luna Editore, settembre 2012). Siamo particolarmente interessati all’argomento, anche perché in passato lo abbiamo più volte affrontato su queste pagine (nella sezione Misteri e Folclore de Il Pozzo senza Fondo), presentando numerosi manufatti "fuori luogo".

Paranormal Tour Tenerife, il progetto che vede impegnati Desi Astras Catalano, Vik Raho e Loris Scroffernecher, presta sempre un occhio particolare alle tematiche misteriose, ai ricercatori che operano in questo campo e, ovviamente, ai risultati delle loro ricerche.

D’altra parte non potrebbe essere altrimenti per un progetto che si pone come obiettivo principale quello della divulgazione del Mistero attraverso dei tour guidati in quello che è lo scenario ideale per questo tipo di ricerche, la splendida isola di Tenerife, unendo l’idea di un turismo alternativo alla valorizzazione del proprio tempo libero (appena pubblicato l’ebook Canarie: un viaggio nel mistero di Roberto La Paglia). Da questo punto di vista risulta di certo un valore aggiunto alle nostre finalità l’intervista concessaci dal ricercatore italiano Simone Barcelli, di recente in libreria con il suo ultimo libro: OOPART Gli oggetti "impossibili" del nostro passato.

[PARANORMAL]: Ciao Simone, grazie per averci concesso questo incontro. Tu di certo puoi essere annoverato come uno dei ricercatori italiani più attenti nel campo delle tematiche misteriose, come e quando è nata questa tua passione?
[Simone Barcelli]: Grazie a voi per l’interesse mostrato alle mie ricerche. Rispondo con piacere alle vostre domande. La passione di scrivere ce l’ho sempre avuta, fin da piccolo, come pure l’interesse per la Storia e tutte le sue sfaccettature. Con il passare del tempo, ho compreso che non potevo dedicarmi proficuamente a tutti i periodi storici, anche se avevo una particolare predilezione per la storia contemporanea. Da lì, circa vent’anni fa, la decisione di occuparmi solamente di storia antica. È stata la mia fortuna e la mia ossessione perché, a parte le soddisfazioni, ho dovuto necessariamente dedicarmi, sempre più serratamente, anche ad altre discipline: archeologia, antropologia, mitologia ed esoterismo, con sporadiche incursioni in altre discipline, non solo scientifiche. Affinando sempre più il metodo e l’approccio alle tematiche misteriose, soprattutto perché non mi convincevano del tutto né quelle di altri ricercatori indipendenti, né in parte quelle dell’ambiente accademico, posso dire di essere finalmente approdato in una "Terra di mezzo", quasi immune dalle contaminazioni dell’una e dell’altra parte. Questo dovrebbe trasparire anche dalle pagine dei miei libri.

La copertina del saggio OOPART Gli oggetti impossibili del nostro passato [P]: Parliamo subito di Oopart, la tua ultima fatica letteraria: si tratta di un argomento abbastanza particolare, nel quale spesso si è allungata l’ombra del falso, quali difficoltà hai incontrato durante la stesura e le ricerche condotte per scrivere il libro?
[SB]: Avete ragione, così particolare che nessuno si era mai preso la briga, perlomeno in Italia, di metterci il naso seriamente. Infatti, il mio testo, per assurdo che possa sembrare, va a colmare una grossa lacuna e può essere di conforto ad appassionati e ricercatori, un punto di partenza per proseguire nella ricerca. Spero vivamente che possa diventare, con gli anni, un testo di riferimento.
Non esisteva ancora un volume dedicato in maniera esclusiva a questi oggetti "impossibili" del mondo antico: autori anche molto noti avevano affrontato l’argomento marginalmente, senza peraltro approfondire adeguatamente le fonti. Ho passato al setaccio ogni informazione disponibile, sia in rete, sia in testi reperiti all’estero. Un lavoro pazzesco. Ciascun manufatto, ripulito dalle scorie accumulate nel corso degli anni da una pubblicistica che doveva solo stupire, è infine riemerso nella sua genuina valenza, spesso solo per fare la fine che meritava. Tra clamorosi falsi, inattese conferme e possibili cospirazioni, ho cercato di esporre obiettivamente tutte le fonti oggi reperibili. Leggendo il libro si avrà la sensazione, spero, che l’evidenza dei fatti diventa sempre più schiacciante, soprattutto se il ragionamento è serrato.
A quel punto la prova, pro o contro, risulterà evidente.

[P]: Nel tuo libro elenchi vari reperti, alcuni dei quali veramente sorprendenti, che lasciano molto riflettere sulla possibilità che la storia debba essere riscritta: quali tra questi ti ha particolarmente colpito e perché?
[SB]: Il fascino innegabile degli OOPArt provoca un’attrazione fatale, e questo è capitato anche a me: di fronte alla lastra di Palenque e al vaso di Donchester, per esempio, la mente può vacillare.
Credo ci sia ancora molto da investigare per cercare prove attendibili e incontrovertibili della possibile presenza di una civiltà scomparsa, affermatasi molto prima dell’invenzione della scrittura. Non escludo nemmeno la possibilità che, nelle pieghe del passato, ci possano essere stati contatti con entità aliene, ma qui siamo nel campo delle congetture. Mi riprometto di trattare l’argomento in uno dei miei prossimi lavori.

[P]: Non sempre l’archeologia ufficiale, quella accademica per intenderci, si è espressa a favore degli Oopart, spesso addirittura li ha del tutto ignorati. Quali sono state, secondo te, e quali continuano ad essere, le motivazioni di questo atteggiamento?
[SB]: Il ragionamento è di una semplicità estrema. A parte qualche caso isolato in cui possiamo davvero intravedere una sorta di cospirazione da parte degli accademici (soprattutto di fronte a manufatti che non sembrano rientrare nella casistica classica e quindi difficilmente troverebbero ospitalità nelle cronologie ormai accettate), ci troviamo, quasi sempre, di fronte alla mancanza di minimi ma basilari requisiti perché il mondo accademico possa prendere in considerazione questi oggetti: l’impossibilità di determinare una datazione certa, la mancanza di documenti verificabili e nessuna testimonianza attendibile che attesti il ritrovamento in uno scavo archeologico. Se non bastasse, di alcuni OOPArt abbiamo solamente un paio di fotografie, mentre di altri nemmeno quelle, ma nel frattempo sembrano scomparsi nel nulla. È poi naturale diffidare dei resoconti di improbabili pseudo scienziati, spesso citati quali autori di queste scoperte, perché la sensazione è che non siano esistiti nemmeno loro: è sufficiente fare una ricerca con qualsiasi motore di ricerca, quello che ho fatto io, sfogliando almeno trenta pagine e in tutte le lingue. Nonostante tutto, in rete si continua a spacciare per buoni molti di questi manufatti, allo scopo di avvalorare teorie al limite del credibile.

La copertina del saggio Tracce d'Eternità [P]: Ci hanno sempre insegnato che la storia e il progresso si muovono lungo linee rette, gli Oopart però sembrano smentire questa teoria; un tuo pensiero in merito a questa affermazione.
[SB]: Credo che il nostro passato, soprattutto il periodo chiamato stoltamente "preistoria", sia stato molto diverso da come ce l’hanno finora descritto. Sono comunque fiducioso, con il tempo certe verità verranno alla luce, e non sarà certo per il contributo, spesso discutibile, dei tanti ricercatori indipendenti e improvvisati, bensì per il lavoro degli stessi accademici che ci ostiniamo a criticare e che spesso sono riusciti a cambiare la Storia. È già successo e qui vi faccio solo tre esempi portanti. Fino al XIX secolo, cioè nemmeno duecento anni fa, i filologi che studiavano le tavolette di argilla con caratteri in cuneiforme rinvenute in Mesopotamia, negavano l’esistenza di un popolo riconducibile ai Sumeri. In una di queste tavolette, tra le migliaia rinvenute, un re babilonese, un certo Assurbanipal, citava gli "oscuri testi del sumerico" e la parola "Sumer" faceva capolino per la prima volta sugli appunti degli studiosi. Una delle prime giustificazioni al riguardo fu di considerare il sumerico una scrittura segreta inventata dagli Assiri e dai Babilonesi.
Andiamo avanti: fino alla seconda metà del XIX secolo la cultura degli Olmechi era sconosciuta. Solo nel 1862 si rinvenne a Hueyapan, in Veracruz, la prima delle teste colossali di questa enigmatica popolazione. La Venta, uno dei siti archeologici più importanti, fu scoperto sessant’anni dopo e prontamente attribuito ai Maya. Da lì a poco iniziarono scavi un po’ dappertutto e vennero alla luce altri siti olmechi. Nonostante l’evidenza si dovrà arrivare agli anni Quaranta del secolo scorso perché gli archeologi Miguel Covarrubias e Alfonso Caso affermino coraggiosamente che la civiltà olmeca era da considerare la cultura madre della Mesoamerica. Ci vorrà ancora un altro decennio per tacitare gli scettici con le datazioni prodotte dalla tecnica del C14.
E per finire, parliamo della civiltà sviluppatasi nelle città di Mohenjo Daro e Harappa, a lungo definita "dell’Indo" e che dovremmo ormai abituarci a chiamare "Indo-Sarasvati" perché oltre all’Indo è stato accertato, mediante la fotografia satellitare, che scorreva anche quest’altro corso d’acqua, ormai in secca da 4.000 anni, sulle cui sponde presero vita centinai d’altri agglomerati urbani. Il fiume Sarasvati era un tempo considerato leggendario poiché menzionato nei più antichi testi vedici mai presi seriamente in considerazione dagli studiosi, al pari di quelli sumeri e accadici. Lo stato attuale degli scavi archeologici, iniziati solamente all’inizio del secolo scorso, e le presunte interpretazioni che gli storici ne hanno tratto non consentono ancora di avere una visione completa e definitiva. Eppure, tutto ciò che è stato scritto su questa civiltà nel XX secolo è completamente fuorviante. Il compito della ricerca indipendente, secondo me, dovrebbe essere quello di avvicinarsi sempre più al mondo accademico: divulgare correttamente rimane il nostro obiettivo primario. Non è necessario imporre scelte o percorsi perché la verità, infine, verrà a galla in maniera naturale. Occorre solo aver pazienza.

[P]: Già in altre tue pubblicazioni hai affrontato tematiche misteriose, quasi sempre vicine o connesse alle ricerche archeologiche; quali difficoltà si incontrano quando si cerca di divulgare notizie non sempre in linea con il pensiero ufficiale?
[SB]: Potrebbero essere le stesse difficoltà che hanno gli accademici quando si pongono in contrasto con un sapere già cristallizzato che difficilmente si fa scardinare. Vi ho fatto prima tre esempi in cui le nuove idee, alla fine e dopo percorsi tortuosi, sono state accettate. Per chi si presta a divulgare al di fuori di quel mondo, e io sono uno di quelli, le difficoltà sono anche maggiori perché, a parte la mancanza di una solida preparazione multidisciplinare, si rischia davvero di perdere il contatto con la realtà per seguire una convinzione tutta personale, in cui gli indizi diventano prove e le ipotesi verità assolute.

[P]: Volendo tastare il polso alla ricerca volta alle tematiche misteriose, sia in Italia che all’estero, come trovi il paziente e quali cure prescriveresti?
[SB]: Oggi la ricerca mi pare giunta a un punto morto, per una serie di motivi. La crisi economica, che ha colpito parecchio il mondo editoriale, con la chiusura di numerose riviste che si occupavano di queste tematiche, ha reso impossibile divulgare a un vasto pubblico. Conseguentemente, la necessità di attirare i pochi lettori rimasti (si parla, prudentemente, di un bacino ridotto a duemila appassionati o poco più), ha sfornato le solite "storie" riciclate che consentono ancora di creare un minimo interesse, senza peraltro aggiungere niente di nuovo.
Difficile individuare una cura.
Convegni e conferenze potrebbero anche funzionare, per riacquistare credibilità, ma i costi rimangono proibitivi e non tutti possono partecipare e confrontarsi. Onestamente, bisogna ammettere che da qualche anno la divulgazione di queste tematiche non attira l’interesse di un tempo. Conosco alcuni ricercatori che, anche per queste ragioni, hanno interrotto lo studio a cui si dedicavano, nella certezza di non poter divulgare in maniera corretta le proprie idee senza scendere a compromessi.
Paradossalmente, abbiamo oggi una nutrita schiera di nuove e giovani leve che si prestano a divulgare senza peraltro possedere una preparazione adeguata. Si comprende che non studiano le fonti, se non quelle certamente più controverse. Cavalcano l’onda del sensazionalismo, e il 2012 gli sta dando una mano, ma credo che non lasceranno tracce alle loro spalle. Infine, un’altra circostanza che non gioca a favore della ricerca indipendente, è la mancanza di confronto perché ognuno è arroccato nelle sue convinzioni e non intende recedere di un passo. Tante sinergie che si disperdono.

La copertina del saggio Il Ritorno del Serpente Piumato [P]: Oltre che condurre ricerche e scrivere libri, abbiamo scoperto che ti interessi anche di editoria elettronica; come trovi l’attuale panorama editoriale italiano in riferimento ai temi che tratti?
[SB]: Mi occupo da almeno quattro anni di divulgazione gratuita (con un paio di portali e altrettante riviste digitali). Si tratta di un impegno molto faticoso, anche perché attorno a me non sento più l’entusiasmo dei primi tempi. Ho notato una certa stanchezza, anche da parte degli utenti, per queste tematiche: pare proprio che non ne possano più di farsi raccontare le solite vicende infarcite di mistero.
Seguo da vicino anche altre realtà simili alla nostra e mi pare di scorgere problemi anche maggiori. L’informazione è spesso superficiale e nessuno perde tempo a verificare l’attendibilità della fonte perché l’obiettivo è arrivare prima degli altri. Non sono pochi i portali che pubblicano notizie "sensazionali" ma prive di fondamento, senza nemmeno una successiva rettifica. Così si continua a ingannare l’utente, anche se non si può escludere che sia lui stesso, in fondo, a voler credere a certe fandonie. A parte questo, credo che la divulgazione abbia bisogno di qualche necessario cambiamento, almeno per tenersi stretti quei pochi utenti rimasti. Per questo stiamo diversificando i contenuti proposti, cercando di dare spazio a tutti, per fornire più informazioni possibili e permettere al lettore di formarsi una sua idea, senza preconcetti. Il nostro punto forte rimangono le interviste esclusive e la traduzione degli studi pubblicati all’estero, ancora inediti in Italia.

[P]: L’avvento di Internet ha rivoluzionato sia l’editoria che la divulgazione: le nuove tecnologie danneggeranno questo settore o potrebbero essere un alleato positivo e propositivo?
[SB]: È una questione molto dibattuta. L’editoria digitale è come un bambino con tanto entusiasmo, che non sa bene dove andare a parare. Diamogli il tempo per crescere, tra cinque, sei anni, ne riparleremo. È comunque un settore in forte espansione, ma non credo sarà mai in grado di infliggere un colpo mortale all’editoria tradizionale. Conviveranno, senz’altro. Il problema, semmai, saranno i contenuti, perché sul web la divulgazione è molto disordinata e ognuno s’inventa editore di se stesso senza averne le capacità. Quando il settore sarà regolarizzato, e non parlo certo di censure, il digitale potrà anche essere l’arma in più a disposizione di chi si occupa di tematiche misteriche. A patto di essere obiettivi e smetterla di ingannare l’utente.

[P]: Grazie per questo incontro. Un’ultima domanda, forse un po’ scontata, ma che di certo interesserà coloro che ci seguono e ti seguono: progetti futuri? Nuovi orizzonti del mistero da esplorare?
[SB]: Ho già terminato il quinto libro, penso vedrà la luce il prossimo anno. Proseguendo il mio personale percorso di conoscenza, stavolta ho affrontato un tema che va naturalmente a integrare i miei precedenti lavori: l’umanità che ha sempre rivolto gli occhi al cielo, fin da tempi remoti, per scrutare il volere delle divinità. L’astronomia, anche nella sua veste corrotta di astrologia, pare essere la prima scienza dell’umanità. Osservare il moto dei corpi celesti, prima del Sole e della Luna, poi delle stelle e dei pianeti, appariva necessario per comprendere il passaggio delle stagioni in un mondo in cui la caccia e l’agricoltura rappresentavano la sopravvivenza. Per raccontare l’astronomia dei nostri antenati, mi sono affidato a quella profonda memoria che ha attraversato, quasi indenne, centinaia di secoli: le pur confuse narrazioni di miti e leggende che hanno conservano intatta la loro forza nella trasmissione orale e sono simili, se non uguali, a ogni latitudine del nostro pianeta. Tumuli preistorici, calendari e monumenti orientati faranno da cornice alle incredibili conoscenze astronomiche dei nostri antenati, indizi di una scienza perduta che rifiuta di seguire qualsiasi sviluppo lineare. La ricerca dell’origine di tale sapere può permetterci di ricomporre i pezzi del mosaico e quando anche l’ultimo tassello sarà correttamente sistemato, potrà iniziare il nostro viaggio di ritorno alla casa madre, "oltre le porte del cielo", che poi è il titolo che ho scelto per questo libro.
In questo momento, proprio mentre rispondo a queste domande, le mie ricerche sono indirizzate all’antichissimo culto della Dea Madre: sono ancora in fase di "stallo" perché non immaginavo ci fosse così tanta documentazione disponibile da studiare. È la parte più pesante ma anche la più gratificante perché, quando sarà il momento, il libro che ne scaturirà sarà un compendio sull’argomento, come sempre a beneficio di chi vorrà proseguire nella ricerca.
Ho anche altri progetti in fondo al cassetto, perché sostanzialmente sono un sognatore e questo mi permette di proseguire con entusiasmo nel percorso, a volte accidentato, che ho deciso di intraprendere. Magari ne parleremo in un prossimo incontro, per ora vi ringrazio d’avermi dato l’opportunità di questa bella chiacchierata.


Intervista a Simone Barcelli, lo studioso degli OOPArt
Intervista realizzata da:
Pubblicata il 23/11/2012

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