Serial Killer: definizioni, dinamiche, patologie, modelli (pagina 4)

Serial Killer: Dinamiche di comportamento

Queste statistiche sono il risultato del primo ciclo di colloqui e test che Douglas, Ressler e Burgess hanno tenuto con gli assassini seriali detenuti che hanno accettato di collaborare.
In questa sezione vediamo le dinamiche del comportamento relative al crimine che viene convenzionalmente diviso in cinque fasi:

1. Comportamento precedente il crimine e pianificazione
2. Assassinio
3. Eliminazione del corpo
4. Comportamento dopo il crimine
5. L'arresto


Serial Killer: il comportamento precedente il crimine e pianificazione

Questa fase comprende tre elementi: i fattori stressanti, lo stato mentale e la pianificazione.

Molti assassini segnalano il precipitare di qualche situazione affettiva prima di qualche crimine. Anche se raramente sono disposti ad ammetterlo, un qualsiasi evento di questo tipo spesso è più che sufficiente nella loro mente per giustificare un'aggressione.

Un caso può essere un conflitto con una donna.
In 48 omicidi su 81 osservati la causa finale scatenante era stata un qualche conflitto con una donna.

Anche il conflitto con i genitori è considerato un fattore privilegiato di stress.

In terzo luogo, i problemi finanziari sembrano essere un fattore anch'essi.
Il 48 per cento dei casi descrive problemi finanziari nelle immediate vicinanze temporali dell'omicidio.

In questo esempio vediamo la pressione aumentare nella vita di questo soggetto per una serie di cause multiple: "Avevo delle difficoltà finanziarie, io e mia moglie eravamo sempre in conflitto perché bevevo. Avevo molta inimicizia anche con i miei suoceri. In un modo o nell'altro ero sempre a litigare con qualcuno".

Difficoltà di lavoro sono state attestate nel 39 per cento dei casi e sospettate per un altro 26 per cento. In una società moderna e competitiva come quella Statunitense, è facile sentirsi sorpassati, incapaci di tenere il ritmo, messi da parte.

Infine anche i problemi riguardanti il matrimonio sono molto influenti. Non sono stati considerati uno degli elementi chiave perchè la maggior parte dei soggetti non era sposata.

Un criminale racconta di essere stato coinvolto in più relazioni extraconiugali a un certo punto, quando il suo matrimonio non stava andando molto bene, e che dopo aver scoperto che anche sua moglie aveva una relazione le fantasie di stupro si sono intensificate fino ad essere incontrollabili.

Addizionali fattori di stress possono includere problemi legali (28 per cento); conflitti con un uomo (11 per cento); perdita di una persona cara (8 per cento) e nascita di un figlio (8 per cento).

Lo stato mentale è un altro parametro di analisi della fase pre-assassinio.
Per stato mentale si intende una condizione emozionale che funge da filtro e da meccanismo interprete degli eventi esterni. In ordine decrescente, i più riscontrati sono: frustrazione (50 per cento); ostilità e rabbia (46 per cento); agitazione (43 per cento); eccitazione (41 per cento).

Di uguale interesse sono quei sintomi e stati umorali associati con lo stress interiore come il nervosismo (17 per cento); la depressione (14.6 per cento); paura (10 per cento); confusione (7 per cento).

In un articolo scritto per il canale televisivo e telematico APB, Douglas, parlando di prevenzione e di tecniche, come le chiama lui, proattive nella ricerca dei criminali, indicava la collaborazione del pubblico televisivo e massmediatico in generale. Il suo invito era di guardarsi intorno con estreme circospezione: se si appartiene all'area dove genericamente gli inquirenti ritengono risieda l'assassino, bisogna cercare di prestare attenzione al comportamento dei compagni di lavoro, degli amici e dei conoscenti e riportare alla polizia comportamenti sospetti. In generale questi stati di ansia e di stress che sfociano in un crimine sono del tutto manifesti e ben individuabili da coloro che entrano in contatto col soggetto.

Per quanto riguarda la pianificazione del crimine il 50 per cento netto degli intervistati ha detto di sapere con una discreta precisione chi, quando e dove avrebbero ucciso. Un altro 34 per cento ha affermato che si trovavano in uno stato emotivo giusto per l'impresa criminale e che andavano in giro in cerca di occasioni. A volte i soggetti sentono un irresistibile stimolo a uccidere, alcuni cercano di soffocarlo con l'alcool, altri soccombono come sono abituati a soccombere alla tirannia delle proprie fantasie.

In ogni caso ci appare che per quanto riguarda il serial killer cosiddetto organizzato una lunga fase di preparazione sussiste nella stragrande maggioranza dei casi.

La precisione va così lontano da permettere a questi criminali l'approntamento di veri e propri kit con corde, armi, bavagli, nastro adesivo, strumenti per la tortura. E non ci dobbiamo dimenticare che le fantasie si riadattano dopo il primo omicidio, che le azioni vengono calcolate meglio e che tutto quello che riguarda il crimine tende a migliorare con l'esperienza. Durante i giorni antecedenti all'omicidio la situazione emotiva del soggetto cambia per una serie di ragioni.

Tra queste ci sono anche altri crimini minori.
Due uomini del campione hanno commesso furti di materiale feticistico come intimo femminile o oggetti appartenenti a una donna. Un soggetto che più tardi ha ucciso tre donne aveva assalito e minacciato sua moglie, forzandola a scrivere un biglietto suicida. Un altro, che ha ucciso cinque persone in una settimana, nei giorni precedenti aveva appiccato fuochi, aveva sparato dei colpi di pistola all'interno del suo appartamento e nel cortile della sua casa.

Il passo seguente coinvolge il primo livello dell'adattamento delle fantasie alla realtà dell'omicidio: la scelta della vittima.

Molti soggetti hanno raccontato di essere andati in cerca di vittime per ore, a volte giorni interi, preparandosi al momento in cui sarebbe successo tutto. Alcuni cercano in bar per singles, bar per gay, parcheggi isolati, luoghi bui. In alcuni casi la fantasia può richiedere un tipo molto particolare di vittima, di conseguenza la ricerca diventa più lunga ma non certo più estenuante. Molti al contrario descrivono questi momenti come occasione di tensione crescente, di eccitazione in costante aumento, di grandi attivazioni delle fantasie.

Ted Bundy preferiva ragazze che andavano al college, di buona famiglia, carine e con capelli neri lunghi divisi nel mezzo. Aveva dovuto organizzarsi in modo impeccabile per prelevare soltanto ragazze di questo tipo da aree affollate. La pianificazione è già una parte del crimine, un momento in cui si vive in diretta l'eccitazione di quello che sta per succedere.


Serial Killer: fase seconda, l'assassinio

In questa fase il soggetto entra in contatto con la realtà fisica dell'omicidio. Potrebbe non andare tutto come previsto, potrebbe dover usare molta più violenza di quella che aveva previsto, potrebbe provare paura, o potrebbe essere fastidioso dover fare i conti con il cadavere e con le conseguenze delle proprie azioni in senso generale.

Ma per la maggior parte dei criminali l'atto stesso va positivamente molto oltre l'eccitazione immaginata. Per la prima volta la sensazione di dominio sulla vita e la morte viene provata dall'individuo ed è solitamente un momento di forti sensazioni di grandiosità e di potere.

La componente sessuale è presente, nella stragrande maggioranza dei casi, anche dove sembrerebbe insospettabile o dove non si trovano tracce di violenza carnale. Dobbiamo ricordarci che questi individui spesso stuprano e uccidono ma altrettanto frequentemente usano la persona come un oggetto nel senso vero e proprio del termine.

Infatti se la loro storia sessuale è costruita intorno al sesso solitario, quella è sovente l'unica pratica attraverso la quale percepiscono il rapporto con altre persone. È molto facile trovare sperma dell'aggressore sulla vittima, magari anche soltanto tracce (risultato di un tentativo di pulizia) perché spesso il soggetto aspetta che la vittima sia morta o tramortita per darsi soddisfazione da solo attraverso atti masturbatori.
C'è una distinzione infatti da puntualizzare.

Gli stupratori che uccidono in genere non provano soddisfazione sessuale né praticano atti post mortem sulla vittima. In questi casi anche l'atto di liberarsi del corpo prende poco tempo e non comporta rituali significativi.
Per questi assassini, in genere disorganizzati e dipendenti dalle circostanze in cui commettono il crimine, lo stupro è l'unico crimine al quale sono interessati. L'omicidio avviene per perdita del controllo, paura di una testimonianza che possa incastrarlo, rabbia.

Per gli assassini sadici anche detti "Lust murderer" o assassini per libidine, invece, l'assassinio fa parte dell'esperienza sessuale. L'intero schema dell'atto è infatti basato sull'esperienza di dominio/controllo, quindi dallo stupro alla tortura per finire con l'omicidio ogni atto è finalizzato a soddisfare le fantasie di sesso-morte del criminale. Nello studio dei 36 assassini seriali il 56 per cento degli omicidi è preceduto da un atto sessuale con la vittima ancora in vita.

Ma la vittima può essere stuprata prima e dopo la morte, e nel frattempo può anche essere mutilata o torturata.

Per esempio in un caso un assassino ha stuprato la vittima da viva, poi l' ha uccisa lentamente strangolandola con una corda, ed infine l'ha stuprata di nuovo dopo la sua morte.

Un'altra indagine mostra che i casi in cui la vittima era stata stuprata soltanto dopo la morte erano ben il 42 per cento. In un caso un assassino ha ucciso due donne con una pistola e poi le ha stuprate entrambe.

Altre componenti di quello che si chiama overkill cioè ferite inferte post-mortem sono evidenti in questi casi. A volte la rabbia dei soggetti si placa dopo ore di torture e sevizie post-mortem che gli assassini eseguono unicamente come parte dei loro rituali di morte.

Nella stessa indagine, un terzo delle 92 vittime mostrava segni di tortura. In alcuni casi fra l'uccisione e la mutilazione può passare molto tempo, segno evidente della tendenza all'escalation delle fantasie dei criminali.
In un caso un soggetto è ritornato sulla scena del crimine 14 ore dopo per mutilare il cadavere asportando i due seni. Un altro atto che spesso viene praticato sui corpi è la depersonalizzazione.

Il criminale vuole a tutti i costi avere a che fare con un oggetto e se la persona della vittima interferisce con le sue fantasie, allora farà di tutto per neutralizzarla. A partire da forme sottili come per esempio voltare una persona o un cadavere sulla schiena fino a forme estreme come lo sfigurare, tramite coltelli o corpi contundenti, il viso. La presenza della persona è utile solamente nei termini di concretizzazione delle fantasie, in caso contrario l'aggressore può tentare di farla adeguare alle sue pretese o appunto di spersonalizzarla, privandola dei suoi attributi di essere umano e trasformandola in un oggetto attraverso la violenza e la prevaricazione.

Ed Kemper ancora una volta ci mostra la peggiore delle possibilità riscontrate. Molte delle sue vittime inclusa sua madre e l'amica di sua madre sono state violentate solamente dopo la decapitazione. In una intervista dettagliata ha detto che dovevano essere il più simili possibile ad oggetti.


Serial Killer: fase terza, l'eliminazione del corpo

In questa fase vediamo cosa succede nell'immediata fase dopo l'omicidio.
I comportamenti relativi al trattamento del corpo sono molto importanti perché ci parlano delle sensazioni e degli stati d'animo dei serial killers in questa delicata fase. Questo è il momento cruciale; la realtà dell'omicidio appare in tutta la sua crudità.

Passata l'euforia nella metà (52 per cento) dei casi c'è una fase in cui per la prima volta il criminale si accorge di cosa sia realmente accaduto. Se ci sarà pentimento, autodenuncia alle autorità, imbarazzo, dispiacere, o invece indifferenza, o addirittura godimento nello smembrare ed essere ancora in possesso del corpo questo dipende dai soggetti.

In diffusi casi accade che il trattamento del cadavere sia molto diverso negli omicidi che seguono il primo.

Un soggetto racconta che durante il primo omicidio si è fatto prendere dal panico e ha "smembrato il corpo in fretta seminando pezzi qua e là per la casa, nel frigorifero, nel cestino...". Nei casi seguenti invece si è attrezzato di coltelli bisturi e seghe apposite e ha praticato un lavoro pulito e organizzato. Non hanno sospettato niente neanche i vicini di casa che lo vedevano scendere con grosse buste piene dalla mattina alla sera.

In questo caso è ovvia la totale mancanza di rimorso. In realtà questo comportamento mette in evidenza solamente una preoccupazione per la propria insospettabilità e perfino una buona dose di godimento nel fare a pezzi il cadavere e poterne disporre a proprio piacimento come se fosse un oggetto di proprietà.

Per quanto riguarda invece i cadaveri lasciati sul luogo del delitto, si può parlare di cadavere lasciato in piena visibilità nel 42 per cento dei casi e di cadaveri nascosti in un modo o nell'altro nel 58 per cento dei casi. Il corpo può essere lasciato all'esterno perché le circostanze non permettono all'autore del delitto altre possibilità.

Oppure può essere portato in un bosco o in un luogo isolato tentando di ritardarne il ritrovamento.

A volte il posizionamento del corpo può avere a che vedere con un messaggio che il criminale vuole mandare.

È questo l'esempio dei corpi che vengono ritrovati in posizioni specifiche (il 28 per cento dei casi).
Le possibilità sono varie: il criminale vuole inscenare un crimine diverso o con delle sfumature rispetto a quello commesso. Per questo può lasciare il corpo di una donna in una posizione e in uno stato in cui sia presupponibile la violenza carnale.

Altre ragioni sono la vergogna del criminale rispetto all'atto, in questi casi troviamo il corpo girato sulla schiena oppure coperto con un lenzuolo.

Nel 17 per cento dei casi gli agenti non sono neppure sicuri se lo stato del corpo sia casuale o posizionato in modo speciale per obbedire a qualche fantasia del criminale. A volte i corpi possono essere ritrovati in pose sessuali, o perché la fantasia del killer lo esigeva oppure in segno di disprezzo della vittima o di sfida dalle autorità e della società. Un corpo lasciato in una posizione bizzarra può essere una dichiarazione di strafottenza verso il mondo di una personalità molto egocentrica e con una elevata concezione di sé.

Un modo per dire che quell'individuo può fare quello che vuole quando lo desidera e che si sente libero e giustificato nel farlo.

Riguardo allo stato si può dire che il corpo viene trovato completamente svestito nel 47 per cento dei casi, con i genitali esposti nel 5 per cento dei casi, col seno (9 per cento) e sedere (11 per cento) esposto. Oppure i vestiti della vittima possono essere stati usati per legare, imbavagliare o coprire la vittima o semplicemente lasciati intorno alla scena disordinatamente.

Alcuni assassini rivestono la vittima, la lavano da sangue , le curano le ferite.
Dennis Nielsen, un assassino quasi completamente paragonabile all'americano Jeffrey Dahmer che adescava giovani uomini e poi li portava a casa e li uccideva, intratteneva bizzarri rituali con i cadaveri. Spesso li svestiva, faceva loro il bagno e accuratamente li puliva e li rivestiva per poi piazzarli a letto insieme a lui o sul divano a vedere la televisione insieme. Lo faceva per giorni fino a che il livello di decomposizione non era insostenibile.

Per il serial killer il luogo finale di destinazione del corpo può essere importante per vari motivi.

Per esempio, i due soggetti precedentemente menzionati che hanno posizionato il corpo per far sì che gli inquirenti credessero che si trattasse di uno stupro andato male, hanno lasciato il corpo in un luogo appartato ma non troppo perché volevano che fosse scoperto presto. Altri invece gettano i cadaveri nei fiumi carichi di pesi per farli affondare perché è chiaro che non vogliono che il corpo sia scoperto.

In altri casi il luogo dell'abbandono del corpo può essere simbolico o utile all'assassino per qualche ragione. Un soggetto, che lavorava in ospedale come autista di ambulanze, stuprava e assassinava le vittime in parcheggi isolati, poi chiamava la polizia denunciando anonimamente il ritrovamento di un corpo, dopodichè entrava in servizio ed era mandato a prelevare la persona che lui stesso aveva ucciso.

Il luogo può ancora avere significato solamente per l'assassino, come per Kemper che seppellì le due teste delle donne che aveva ucciso in giardino fuori dalla camera di sua madre, che gli diceva sempre che non sarebbe mai riuscito ad uscire con loro. In questo caso il messaggio è fin troppo chiaro.

La psicosi paranoide di un altro soggetto (Richard Chase) fu manifestamente dichiarata allorché venne sorpreso con tre cadaveri nel frigo, dai quali era solito prendere il sangue per berlo perché sosteneva che le streghe gli avevano ordinato di farlo in quanto il suo stesso sangue si stava asciugando.


Serial Killer: fase quarta, il comportamento dopo il crimine

Molti soggetti dichiarano che dopo l'omicidio hanno sentito un profondo senso di sollievo e tranquillità tanto che sono andati a casa e hanno dormito profondamente tutta la notte. La fuga può essere frettolosa in caso di mancata pianificazione di questa fase oppure calma e attenta nel caso contrario.

Paradossalmente, per alcuni individui non è altro che un'altra fase dell'esperienza alimentata dalle fantasie.

Un soggetto racconta che una volta arrivato a casa di ritorno dal crimine ha vagato tutta la notte passando più volte davanti alla stazione di polizia in segno di sfida e in un ancora profondo stato di eccitazione. Il comportamento manifesto della maggior parte di questi killer è apertamente contrario alla loro comprensibile voglia di non essere incriminati.

Come nel caso sopraelencato, spesso i soggetti mantengono anche a lungo nel tempo del post-omicidio un comportamento di aperta sfida per riuscire a mantenere quello stato di eccitazione e quella sensazione di controllo e di grandiosità fornita dall'omicidio. I comportamenti messi in atto rientrano spesso fra i seguenti: ritorno alla scena del crimine, osservazione del ritrovamento del corpo e delle prime rilevazioni sul posto, conservazione di souvenir del defunto e addirittura partecipazione alle indagini.

Si dice che David Berkowitz non facesse altro che parlare con i suoi colleghi al lavoro dei delitti del killer della 44. Nessuno poteva sospettare che il placido David era in realtà l'autore di quei crimini.

Il ritorno alla scena del crimine è un luogo comune ampiamente sostanziato dalle statistiche.
Il 27 per cento dei nostri 36 assassini è tornato sulla scena.
Il 26 per cento ammettono come motivo il rivivere le sensazioni provate durante l'omicidio, il 19 per cento per assistere a quello che fa e dice la polizia quando il corpo viene trovato, l'8 per cento per ripetere l'assassinio con un'altra vittima e infine il 7 per cento per fare sesso con il cadavere.

Un esempio, Ted Bundy, un caso illustre che più avanti tratterò come al limite fra i killer "dentro i paradigmi" o con comportamento classico e prevedibile e quelli "fuori dai paradigmi" cioè con comportamento non convenzionale, era uno che sulla scena del delitto ci tornava spesso. La maggior parte delle volte era per fare sesso col cadavere ma spesso anche per sincerarsi che nessun elemento delle scena del crimine potesse ricondurre a lui, tracce, impronte, perfino capelli e peli, sperma, ecc.

I souvenir consistono in una prova per il criminale che è riuscito ad attivare le sue fantasie e spesso vengono usati come catalizzatore per riviverle.

Alcuni collezionano oggetti vistosi senza troppe preoccupazioni di nasconderli in casa, li vogliono sempre a portata di mano e a vista, più possono pensare a quello che hanno fatto e meglio si sentono.

John Wayne Gacy teneva carte di identità, guanti sciarpe e cappelli delle sua vittime sul cassettone in camera da letto. Per non parlare di Ed Gein che aveva la casa piena di macabri memento come teschi portacandele, pelli dei defunti e persino un corrimano fatto di ossa del femore e delle gambe.

Si è notato che gli assassini che uccidono con una pistola sono più inclini a tenere un diario, ritagliare articoli dei giornali, confidare il gesto a qualcuno mentre è improbabile che facciano foto della scena del crimine, o che ci tornino in qualche modo.

Dall'altra parte coloro che usano coltelli o oggetti contundenti per uccidere a volte fanno foto della vittima, ritornano sulla scena in alcuni casi e cercano in ogni modo di interagire con la polizia a proposito delle indagini.


Serial Killer: fase quinta, l'arresto

Il 50 per cento degli intervistati sono stati arrestati unicamente per causa delle indagini della polizia, sei sono stati identificati da un sopravvissuto a degli attacchi, due da un partner o da una moglie, e quattro si sono costituiti.

Famosa è la storia di Edmund Kemper che si è costituito nel modo più mite possibile subito dopo aver massacrato la madre e l'amica della madre: ha chiamato la polizia da una cabina telefonica e gentilmente ha detto: "venitemi a prendere".

I casi in cui un sopravvissuto racconta sono più unici che rari; si pensi che una delle più attendibili e curate biografie del feroce Ted Bundy si intitola The only living witness.
Come spesso succede con questo tipo di assassini, il colpevole è l'unico testimone vivente dei fatti.

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Articolo scritto da:
David Papini

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La storia del serial killer Andrei Chikatilo

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