Robert Black, la storia del serial killer

Nome completo: Robert Black

Soprannome: Bob il puzzone (Smelly Bob)

Nazionalità/Paese: Scozia, Regno Unito d'Inghilterra

Data di Nascita: 21 aprile 1947

Segno Zodiacale: Toro

Arrestato il: 14 luglio 1990

Condannato definitivamente il: 19 aprile 1994

Data di Morte: 12 gennaio 2016

Arco degli omicidi: agosto 1981 - marzo 1986

Vittime accertate: 4

Vittime presunte: 4+

Modus operandi: rapisce giovani bambine da luoghi pubblici aiutandosi con un furgone, per poi violentarle, seviziarle e ucciderle.


Sulle pagine di LaTelaNera.com presentiamo la biografia di Robert Black, scozzese, pedofilo e serial killer condannato per il rapimento, lo stupro e l’omicidio di 4 ragazzine di età compresa tra i 5 e gli 11 anni.

I fatti si sono svolti tra il 1981 e il 1986, consegnando alle cronache alcune delle pagine più brutali della recente storia del Regno Unito. L’ombra della sua firma aleggia anche intorno a diversi gialli irrisolti, che riguardano la morte violenta di alcuni minori tra Inghilterra, Irlanda, Paesi Bassi e Francia.

Sex offender e pluriomicida, muore a 68 anni in carcere, il 12 gennaio 2016, a causa di un arresto cardiaco.


Robert Black, infanzia e adolescenza

Robert Black nasce a Grangemouth (Scozia) il 21 aprile 1947. Jessie Hunter Black, sua madre, non è sposata e decide di darlo in adozione subito dopo il parto. I due non si incontreranno più.

Viene così affidato a una coppia di 50enni, Jack e Margaret Tulip: il padre adottivo, schivo e poco incline a slanci d’affetto, pare usasse picchiarlo spesso. Muore però quando Black ha appena 5 anni.

La vita scolastica si rivela molto difficile, costellata da episodi di bullismo e scherno da parte dei compagni: il soprannome “Smelly Robert Tulip” (“Robert Tulip il puzzone”) accompagna come un’ombra la sua infanzia, sino all’adolescenza.

Black mostra ben presto una certa propensione per la compagnia di bambini più piccoli, tratto che diventerà una costante della sua personalità adulta.

Nonostante non manifesti evidenti problemi psico-sociali, Black inizia in tenera età ad avvicinarsi ad alcune esperienze sessuali, bruciando le tappe e avviandosi verso lo sviluppo di una forte idolatria per la vagina.

Ha solo 5 anni quando scopre la differenza tra i genitali maschili e femminili, 8 quando, come egli stesso dichiarerà in età adulta, intraprende pratiche di autoerotismo che interessano l’utilizzo di corpi estranei (alcuni dei quali “infilati” nell’ano).

Pratiche che l’uomo non abbandonerà mai, tanto che la stessa polizia rinviene fotografie che lo ritraggono in pose oscene durante atti di sodomia (nella fattispecie con bottiglie di vino, cornette del telefono e altri improbabili oggetti di piacere).

Il 1958 segna l’appuntamento con uno degli eventi più traumatici nella vita dell’uomo: ha 11 quando la madre adottiva muore, preambolo del suo trasferimento in un orfanotrofio di Falkirk, il Redding’s Children Home. È qui che appena un anno dopo, con la complicità di altri due bambini, si renderà protagonista del primo reato a sfondo sessuale, un tentativo di stupro ai danni di una ragazzina, che i tre immobilizzano e cercano invano di penetrare.

Per l’evidente difficoltà di gestire il suo profilo sociale in un ambiente di promiscuità, Black viene trasferito nella struttura per soli maschi Red House di Musselburgh.

All’interno delle mura, per circa 2 anni, il ragazzo viene ripetutamente violentato da uno dei custodi. Lascerà la struttura all’età di 15 anni, per andare a lavorare come fattorino a Greenock, nei pressi di Glasgow.

Dichiarerà più avanti di aver molestato almeno una quarantina di ragazze senza aver, però, strascichi giudiziari.


Primi reati a sfondo sessuale: Robert Black e la pedofilia

Nel 1964 incontra per strada una bambina di 7 anni, e dopo averla convinta ad entrare in uno stabile dismesso le stringe il collo sino a farle perdere coscienza, la spoglia e si masturba davanti a lei, che crede ormai senza vita. Sarà proprio la testimonianza della minore, scampata per un soffio alla morte, a incastrarlo e permetterne l’arresto.

Il fermo dura pochissimo, in quanto non segue alcuna condanna ma semplicemente una ammonizione da parte del tribunale chiamato ad esprimersi sull’accaduto.

Trasferito a Grangemouth per lavorare in un cantiere, su disposizione dei servizi sociali, intraprende una relazione consensuale (prima e unica volta) con Pamela Hodgson. Un amore che durerà per pochi mesi, prima che la giovane decida di chiudere la storia. Si tratta di una rottura che incide profondamente nella psiche di Black.

È il 1966 quando l’anziana coppia che lo ospita lo scopre intento a molestare la loro nipote di 9 anni. Nessuna denuncia a suo carico neppure in questo caso, soltanto un allontanamento dalla famiglia della piccola. La prima condanna per reati legati alla pedofilia risale al 1967, quando viene formalmente denunciato per le molestie alla figlia di una coppia presso cui è stato trasferito, a Kinlochleven. Per Black la pena stabilita è un anno di riformatorio.

Passa poco tempo prima che si sposti a Londra, dove lavora come bagnino sino alle rivelazioni di una bambina che sostiene di essere stata molestata da lui in piscina. Perde il posto, ma riesce incredibilmente a scampare a una seconda denuncia.

Nel 1972 si stabilisce in casa di Eddie e Katie Rayson, coniugi senza figlie femmine, elemento che per un certo periodo tiene Black lontano dalla traduzione materiale delle sue pulsioni sessuali verso le ragazzine.

Passano quattro anni e nel 1976 viene assunto da una compagnia di trasporti londinese, lavoro che gli consente di proseguire nella sua vita solitaria, con frequenti spostamenti tra la capitale britannica e la Scozia.

Il volto del serial killer scozzese Robert Black


La prima vittima: Jennifer Cardy

12 agosto 1981: risale a questa data il primo omicidio attribuito a Robert Black. La vittima è Jennifer Cardy, 9 anni, rapita, violentata e uccisa.

La bicicletta della piccola viene ritrovata a meno di un km dalla sua abitazione, a Ballinderry nella contea di Antim dell'Irlanda del Nord. Le ricerche non portano a nulla, nonostante l’impegno di circa 200 volontari.

Il corpo verrà ritrovato sei giorni dopo la sparizione, a 26 km di distanza da casa. Sul cadavere i segni evidenti di un abuso sessuale.

L’esame autoptico rivelerà il decesso per annegamento ed evidenti segni di strangolamento. L’orologio di Jennifer fermo alle 5.40 del pomeriggio fa supporre immediatamente che la morte sia sopraggiunta subito dopo la scomparsa.

Il luogo del ritrovamento, lungo una delle principali arterie del traffico di mezzi pesanti tra Belfast e Dublino, induce subito la polizia a sospettare che l’autore del delitto potesse essere un individuo in grado di spostarsi agilmente in quell’area, evidentemente molto frequentata.


La seconda vittima: Susan Maxwell

30 luglio 1982: Susan Maxwell, 11 anni, scompare nel nulla mentre torna a casa, nella zona di Cornhill on Tweed, al confine tra Inghilterra e Scozia. Il cadavere della piccola viene trovato due settimane più tardi, sul ciglio di una strada vicino a Uttoxeter, borgo a circa 425 km a sud dal luogo della scomparsa.

A causa dell’avanzato stato di decomposizione del corpo, in sede di autopsia non è possibile stabilire le cause del decesso. L’unico dettaglio che conduce a una verosimile violenza sessuale sulla vittima è l’assenza delle mutandine.

Un testimone riferisce agli inquirenti di aver visto la bambina a bordo di una Triumph marrone, in compagnia di un adulto con la barba.


La terza vittima: Caroline Hogg

8 luglio 1983: Caroline Hogg, 5 anni, scompare nei pressi della frazione di Portobello a Edimburgo, Scozia. Imponenti le ricerche, che portano al rinvenimento del corpo a circa 310 miglia (quasi 500 km) dal luogo della sparizione.

Siamo sul ciglio della statale che collega Northampton a Coventry. Il corpo è nudo, e nessuna indicazione certa conduce all’autore del barbaro assassinio della minore.

Alcune testimonianze, peraltro discordanti, riferiscono di un’auto blu senza permettere alla polizia di individuare un modello preciso.


La quarta vittima: Sarah Harper

26 marzo 1986: Sarah Harper, 10 anni, scompare mentre torna a casa a Morley, vicino a Leeds, in Inghilterra. Il suo cadavere verrà trovato quasi un mese dopo, il 19 aprile 1986, da un passante lungo il fiume Trent, Nottingham, a circa 115 chilometri di distanza dal luogo del rapimento.

Dall’autopsia emerge con forza il fatto che la piccola sia stata ripetutamente sottoposta ad abusi sessuali, poi brutalmente seviziata prima di essere uccisa.

Nessuna pista porta la polizia in direzione di un’unica matrice dietro gli efferati omicidi. Nonostante alcune analogie riscontrabili tra due o più casi, la morte di Sarah Harper sembra sfuggire completamente a un inquadramento che conduca alla stessa mano criminale.


Vittime mancate e arresto

28 aprile 1988: Teresa Thornhill, 15 anni, è vittima di un tentato rapimento. Secondo le ricostruzioni di alcuni testimoni, l’autore sarebbe un uomo “peloso” e “con un cattivo odore”.

Si parla di un camioncino blu, a bordo del quale la ragazzina sarebbe stata caricata se non avesse reagito prontamente: urla e calci al basso ventre dell’aggressore lo mettono in fuga, scongiurando il peggio.

14 luglio 1990: Mandy Wilson, 16 anni, cammina per strada a Stow, ancora nei pressi della frontiera tra Inghilterra e Scozia. Un furgone la avvicina, e passano pochi istanti perché si compia il sequestro. Un uomo la rapisce, ma fortunatamente viene colto in flagrante da un residente della zona, David Herkes, pronto a segnare la targa del veicolo e avvisare la polizia.

Proprio all’arrivo degli agenti sul posto, il furgone sfreccia davanti al luogo in cui i poliziotti stanno interrogando il testimone, permettendo così che questi lo riconosca immediatamente.

La polizia si lancia all’inseguimento del mezzo, riuscendo nel tentativo di salvare la ragazza. Intercettano il furgone, lo bloccano e lo perquisiscono, trovando la giovane nascosta sotto un mucchio di stracci, legata, imbavagliata e chiusa in un sacco a pelo.

A guidare il mezzo è Robert Black.


Robert Black a processo

All’interno dell’abitazione del killer gli investigatori rinvengono una mole impressionante di materiale pornografico e pedopornografico, sintomo evidente della sua profonda e deviata inclinazione.

È il 10 agosto 1990 quando si apre il processo a suo carico per il tentato sequestro di Mandy Wilson. La difesa sostiene che non vi fosse alcun disegno omicida, supportata dalle dichiarazioni rese dall’imputato: “Le ho solo tirato giù i pantaloni e ho dato un’occhiata. L’ho un po’ toccata”.

Ammette di volerla violentare al termine del giro di consegne, utilizzando una serie di oggetti da infilare nella vagina della bambina “per vedere quanto è grande”. Tra le rivelazioni choc dell’uomo, quella allo psichiatra in sede di interrogatorio: “Se è grande abbastanza (la vagina, NdR), è vecchia abbastanza”.

La giuria non crede alla versione della difesa e per il serial killer Robert Black si aprono le porte del carcere con una condanna all’ergastolo.


Robert Black: altre condanne, detenzione e morte

Jennifer Cardy, Sarah Harper, Susan Maxwell, Caroline Hogg: sulla loro tragica fine una sola firma, quella di Robert Black. La polizia ci arriva dopo pochi anni dal processo per il rapimento di Mandy Wilson, grazie al supporto di HOLMES, il database in mano agli inquirenti britannici implementato dopo i fallimenti sul caso dello squartatore dello Yorkshire.

Black è ritenuto responsabile anche del tentato sequestro di Teresa Thornhill, dettaglio che lo incastra definitivamente entro i contorni dello stupratore e assassino seriale.

Imputato per tutti e quattro gli omicidi e per le due aggressioni alle ragazzine scampate alla morte, il 19 aprile 1994 viene condannato in via definitiva a 4 ergastoli.

Muore nel 2016, il 12 gennaio, all’interno del carcere. Su di lui pendono, ancora irrisolti, i dubbi circa una responsabilità materiale nella sparizione di altri 9 bambini: forse rapiti, stuprati e uccisi, avvolti nell’enigma sopravvissuto alla sua morte.

Il nome di Black potrebbe essere legato alla morte di altre 13 vittime tra Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Germania e Francia. A lui potrebbero essere ascritti omicidi e rapimenti tra il 1969 e il 1987. Ne è convinta la polizia, nonostante prima e dopo la morte del serial killer non siano emerse evidenze tali da accertare la verità sui misteriosi casi in questione.


Robert Black: il profilo del pedofilo pluriomicida in TV

Molteplici sono i prodotti destinati alla Tv che si sono occupati del profilo di Robert Black, pedofilo e pluriomicida.

Un documentario trasmesso da un’emittente scozzese, della durata di 25 minuti, ha affrontato la storia del serial killer con annessi video originali dell’imponente caccia all’uomo.

Channel 4 ha confezionato un documentario di 40 minuti trasmesso per la prima volta nel maggio 1997, intitolato The Death of Childhood: Unspeakable Truths, con interviste ai testimoni oculari di alcuni degli episodi contestati a Black, tra cui David Herkes, l’uomo che intercettò il furgone incriminato nel momento in cui si consumava il rapimento di Mandy Wilson.

Del ritratto criminale di Robert Black si è occupata anche la BBC con un docufilm del 23 febbraio 2016 nel programma Spotlight, in cui sono andati in onda anche stralci di audio originali dell’epoca, tra cui alcuni passaggi agghiaccianti degli interrogatori all’assassino.

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