Nome Completo: Luís Alfredo Garavito Cubillos
Soprannome: Trivilín (Pippo, l’amico di Topolino, in spagnolo), La Bestia
Data di nascita: 25 gennaio 1957
Data di arresto: 22 aprile 1999
Numero di vittime accertate: 142
Modus Operandi: Quasi sempre avvicina cordialmente e offre prima da bere alle sue vittime, per poi legarle, tagliuzzarle e infine squartarle e farle morire dissanguate.
Da stupratore ad assassino di bambini. La discesa agli inferi di Luis Alfredo Garavito è stata lenta ma costante, fino a diventare uno dei più pericolosi serial killer dell’America Latina.
A cadere sotto le sue grinfie sono stati soprattutto los niños de la calle, i bambini di strada della Colombia, che Garavito circuiva mediante la promessa di qualche soldo. Poi, la violenza, che iniziava con le sevizie (bruciature, tagli), continuava con lo stupro e finiva con lo sventramento e il dissanguamento delle vittime.
Una lunga, triste storia quella che raccontiamo oggi sulle pagine di LaTelaNera.com: una storia che comincia negli anni Ottanta e finisce solo nel 1999 dopo quasi 150 omicidi.
Luís Alfredo Garavito: infanzia e adolescenza
Luis Alfredo Garavito nasce il 25 gennaio 1957 - sotto il segno zodiacale dell'Aquario - a Génova, cittadina di diecimila abitanti situata nella provincia di Quindío, nella Colombia centro occidentale. È il maggiore di sette fratelli e sin dall’infanzia subisce maltrattamenti da parte del padre, un uomo violento e privo di scrupoli.
Luis Alfredo non è un bambino particolarmente dotato. Va a scuola fino alla quinta elementare, poi abbandona gli studi e, complice il clima di violenza che si vive nella regione del Quindío della lotta tra esercito ed eserciti rivoluzionari, deve abbandonare Génova con la famiglia per Ceilán, nella valle del Cauca.
Qui Luis Alfredo è testimone di come il padre accoltella la madre incinta, ma soprattutto vive un’altra esperienza che è determinante per il suo futuro. Un vicino di casa, un amico del padre, lo violenta brutalmente, legandolo al letto e praticandogli differenti sevizie.
Sembra un episodio isolato, invece l’uomo continuerà per due anni a frequentare la casa dei Garavito e a violentare sistematicamente Luis Alfredo. L’abuso finisce quando la famiglia si trasferisce di nuovo, questa volta a Trujillo, non molto lontano da Ceilán.
Sembra una nuova vita, ma presto Luis Alfredo cade di nuovo nelle grinfie di un altro violentatore.
A partire da questo momento lo stesso Garavito confessa di aver iniziato a provare un interesse morboso per le persone del suo stesso sesso, in particolare per i bambini. Ed è la polizia, avvertita da alcuni passanti, che lo arresta quando, vicino ad una stazione, poco più che adolescente ha rapito un bimbo. Vuole provare a fargli quello che hanno fatto con lui, ma il bambino grida ed attira l’attenzione della gente.
In seguito a questo episodio il padre lo caccia di casa e Garavito comincia a lavorare come bracciante in un podere agricolo.
Lavora, ma quando finisce di lavorare va in città, si ubriaca e si apparta la notte con i ragazzini che si prostituiscono.
In cerca di una normalità che non riesce a ottenere va a vivere con una donna, con la quale però non riuscirà mai ad avere un rapporto sessuale completo, pur vivendo con lei per diversi anni.
L’istinto che domina Luis Alfredo è un altro.
Dalla campagna si sposta in città, ad Armenia, grosso centro di 250.000 abitanti e capoluogo del Quindío. Garavito ha trovato lavoro in un supermercato e questa sua occupazione lo mette in contatto costante con minorenni. Durante le ore di lavoro si eccita a tal punto che durante la pausa pranzo si sposta nelle cittadine di periferia alla ricerca di bambini: li circuisce, li sequestra e poi, nelle campagne, li lega e li violenta, proprio come aveva fatto con lui l’amico del padre.
Luís Alfredo Garavito: il primo omicidio
Nel 1980, a 23 anni, le cose cambiano. Garavito comincia a sentire le "voci". Non si accontenta più di violentare i bambini, ma inizia a torturarli in un crescendo di sevizie: candele, lamette, funi, accendini diventano parte del suo repertorio.
Da allora, secondo le testimonianze, Garavito avrebbe violentato e seviziato in media un bambino al mese fino al 1992.
In quei dodici anni, qualcosa cambia di nuovo nella mente di Garavito, perché il connubio sesso-morte, l’impulso che aveva cominciato a sentire nel 1980, abbia il sopravvento.
Nel 1992, Garavito è a Jamundí, centro alle porte di Cali, è in un giardino pubblico ed è ubriaco. Vede un bambino, Juan Carlos e decide di approfittare di lui. Con la promessa di regalargli dei soldi, l’uomo si apparta con il bambino in un luogo abbandonato. "Sentivo di essere tornato alla mia infanzia" dirà poi ai giudici "e sentì odio, tantissimo odio".
Juan Carlos muore accoltellato, dopo essere stato seviziato e violentato. Non passano pochi giorni che Garavito colpisce di nuovo, a Tulúa: il suo cammino di sangue, violenza e morte, è cominciato...
Luís Alfredo Garavito: una lunga scia di sangue e di morte
Garavito segue un preciso schema. Aspetta l’oscurità della sera, si ubriaca e adesca il primo bambino che gli capita a tiro. Con uno stratagemma lo porta in un luogo appartato e lì dà sfogo ai suoi istinti.
Quasi sempre offre prima da bere alle sue vittime, poi procede a legarle e a tagliuzzarle.
È diventato esperto nello sezionare: con un taglio verticale preciso apre l’addome ai malcapitati, lasciandone mano a mano allo scoperto gli intestini. I piccoli rimangono coscienti per lunghi minuti, finché muoiono dissanguati.
In certi casi, sperimenta alcune varianti: a otto vittime strapperà le dita.
Quando l’orgia di sesso e morte finisce, Garavito è invaso dal rimorso e dal pentimento. Piange, si dispera, passa la notte a recitare versi della Bibbia per implorare il perdono. Fino a quando non sentirà di nuovo la "voce" che gli ordina un nuovo rito.
Per almeno sei anni Garavito agirà indisturbato, complice il fatto di viaggiare in continuazione da un luogo all’altro, colpendo in differenti città e in differenti regioni della Colombia. La polizia alla fine redigerà la lista dei posti dove sono avvenuti gli omicidi: sono addirittura cinquantuno.
Nei pressi di Pereira affiorano infine le fosse comuni dove l’uomo ha sepolto le vittime che ha fatto in quella città. Le autorità ritrovano 42 scheletri di bambini. I giornali parlano di un castigo divino piovuto a punire la dissolutezza, in un luogo dove la gioventù, in mancanza di opportunità, affonda tra droga e prostituzione.
Pereira è città di grandi fortune, ma soprattutto di grandi miserie. I bambini di strada sono i più esposti e sono la merce ricercata dai frequentatori delle decine di bar e discoteche che fanno di Pereira "La ciudad de la noche".
Garavito ci si ferma per mesi e si trova a proprio agio. La città è tra le più grandi della Colombia (con i dintorni fa ottocentomila abitanti) e tra le sue strade si può passare come a lui piace, da invisibile.
Perché poi questa era la qualità di Garavito, così peculiare nella terra del realismo magico: riusciva a essere invisibile, come invisibili erano i bambini. Quando Luis Alfredo entra in un bar a muoversi è un’ombra, un fantasma. Evanescente, insignificante, l’uomo si muove impercettibile tra i tavolini.
In strada, è la sua figura inoffensiva a proteggerlo: claudicante - per una malformazione a un piede e da lì il soprannome di Trivilín, il Pippo dei fumetti di Topolino - chi gli si avvicina si sente obbligato ad aiutarlo, come si aiuta uno sfortunato, un poveraccio: si cerca di dimenticarne in fretta il volto e le fattezze.
Per i bambini è la stessa cosa. A renderli invisibili è l’indifferenza. Tutti uguali, quei volti imberbi: mocciosi che si guadagnano la vita con l’elemosina, che sopravvivono con le monete che mani anonime, mani senza volto, offrono loro.
E così spariscono, senza lasciare traccia.
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