Albert De Salvo (pagina 4)

Albert DeSalvo: Dubbi e perplessità

Finalmente il mostro è stato preso e la polizia può tirare un sospiro di sollievo, ma non tutti sono del medesimo avviso. La moglie e le figlie, il suo datore di lavoro e gli amici (fra i quali anche degli agenti di polizia divenuti suoi amici dopo averlo arrestato per intrusione) negarono a priori qualsiasi coinvolgimento di De Salvo nella vicenda dello Strangolatore.

In più vi erano anche delle realtà inoppugnabili, di cui non si poteva non tenere conto.
Proseguendo per ordine:

- Nessuno dei testimoni oculari riconosce in De Salvo, le fattezze dell’assassino (né in foto né dal vivo), e tra questi testimoni c’è anche Marcella Lulka (vicina di casa di Sophie Clark, la sesta vittima).

- Sul luogo del delitto erano stati repertati dei mozziconi di sigaretta. Ma Albert DeSalvo non fumava.

- Molti dei testimoni, chiamati in carcere per il riconoscimento del presunto pluriomicida, rimangono impressionati più dal suo compagno di cella e amico, George Nassar, che non da De Salvo stesso. Pur non costituendo un indizio probatorio è questo, comunque, un aspetto molto sinistro.

- Casey Sherman, nipote di Mary Sullivan, l’ultima vittima, asserisce che alcuni particolari riportati nella confessione registrata non corrispondono a verità. Fra questi, il più inquietante, legato all’ultimo omicidio, è il manico di scopa, ficcato per quindici centimetri nella vagina. Proprio questo macroscopico particolare, viene del tutto omesso nella deposizione di De Salvo, il quale afferma di aver solo stuprato la donna.

Ci sono comunque in nastri e le numerose pagine di verbale. Come spiegare quella lunghissima confessione, minuziosa sin nel minimo dettaglio? Anche questo punto può essere contestato.

Le perizie psichiatriche effettuate su De Salvo hanno confermato che il soggetto era dotato di una straordinaria memoria visiva e questo spiega, senza ombra di dubbio, come sia riuscito a memorizzare determinati dettagli.

Ma dove sono stati desunti questi dati, se DeSalvo in quelle case non c’era mai stato? Anche a questo punto possono essere mosse delle obiezioni.

Come si è accennato in precedenza, il caso dello Strangolatore ha goduto di un largo battage mediatico: giornali che pubblicano le foto delle vittime, medici che inscenano delle fasulle conferenze stampa, durante le quali vengono rilasciate informazioni riservate. In più bisogna ricordare che De Salvo ha avuto una lunga carriera come topo d’appartamenti e, con molte probabilità, si sarà trovato ad entrare nelle stesse case dove poi si sono verificati gli omicidi.

Albert De Salvo al telefono
foto: Albert De Salvo al telefono in prigione.


Se a questo si unisce la sua grande memoria fotografica e la sua metodica tendenza alla bugia, non ci sono molte prove che lo possano inchiodare.

A chiosa di tutto ciò non bisogna dimenticare che gli omicidi seriali difficilmente mutano il loro Modus Operandi (nel caso dello Strangolatore il m.o. cambia per ben due volte) e poi vi è l’incompatibilità fra le vittime.

I serial killer non colpiscono "a macchia", ma si concentrano su di un preciso target di persone e su quello concentrano tutta la loro maniacale attenzione. In questo caso specifico l’età delle donne presentava una margine di oscillazione particolarmente ampio, dai diciannove anni di Mary Sullivan ai settant’anni di Jane Sullivan.

Alla luce quanto detto, i sostenitori dell’innocenza, giunsero ad affermare che De Salvo era un semplice maniaco sessuale e che la sua unica "vittima" fosse accertata fosse Mary Mullen, ironia della sorte, morta d’infarto, probabilmente per lo spavento.

La Polizia scorta Albert De Salvo al processo
foto: Albert De Salvo sotto scorta da parte della Polizia di Boston.

Albert De Salvo: Il processo

Il processo allo "Strangolatore di Boston" inizia il 10 gennaio 1967. Allo Stato poco importava che De Salvo fosse o meno il colpevole, l’importante era solo assicurare un criminale alla giustizia.

Non dello stesso avviso era il tribunale, il quale tendeva a considerare l’imputato un semplice stupratore seriale, ma non un mostro pluriomicida.

Lo scopo della difesa si risolse nel curioso compito di dover far incriminare Albert De Salvo per omicidio plurimo. In questo modo la difesa avrebbe chiamato in causa l’infermità mentale, in modo tale da far scontare a De Salvo la pena in un manicomio, anziché in un penitenziario.

Per mancanza di prove l’imputato venne condannato all’ergastolo.

Albert DeSalvo: La morte

Recluso nella Walpole State Prison, Albert DeSalvo viene accoltellato a morte il 25 Novembre del 1973, mentre si trovava in infermeria. Qualche giorno prima aveva avuto un colloquio telefonico col dottor Ames Robey, sostenitore della sua innocenza. Durante quella telefonata De Salvo era apparso terrorizzato da qualcosa o da qualcuno. Probabilmente, ipotizzò lo psichiatra, De Salvo voleva rivelare il vero nome dello "Strangolatore di Boston".

Albert De Salvo in prigione
foto: Albert De Salvo nella Walpole State Prison, poco prima di essere accoltellato.

Albert De Salvo: La nuova verità

Dopo quasi trent’anni, tra l’ottobre del 2000 e il dicembre del 2001, sotto richiesta delle famiglie De Salvo e di Sullivan, vengono riesumati i cadaveri di Albert e Mary, per essere sottoposti a nuove perizie compresa quella del DNA, che all’epoca dei fatti non era stata ancora introdotta.

Dopo aver comparato sessantotto campioni di capelli e sperma è emersa una totale incompatibilità fra i corpi.
De Salvo era innocente.
Il dottor Starrs, il coordinatore dell’equipe medica che ha condotto le nuove perizie ha così concluso:
“Se fossi un membro della giuria, assolverei l'imputato a occhi chiusi.”

Della medesima idea sono i Sullivan.
Lo stato del Massachussets ha escluso, nonostante i nuovi dati che scagionano pienamente De Salvo, una nuova riapertura del processo contro lo Strangolatore che a quanto pare, non verrà mai più preso.

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Dossier scritto da:
Alessandro Nespoli

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