Luís Alfredo Garavito: processo, condanna e incarcerazione
Garavito nega subito ogni addebito. Dà un nome fittizio al sergente Pedro Babatita, che aveva comandato le operazioni di ricerca dopo la denuncia di John Iván. È sorpreso di quanto gli sta succedendo.
Le telecamere nascoste che lo riprendono nella cella lo mostrano tranquillo. Anche davanti al giudice continua a recitare la parte dell’innocente: non sono io la persona che cercate, c’è un errore di persona.
Il pubblico ministero presenta la sua relazione. Garavito deve rispondere della sparizione e l’uccisione di 118 bambini.
Lui nega tutto, naturalmente. Rimane tranquillo sulla sedia, piegato in avanti, come per ascoltare meglio di cosa è accusato. Infine, lo affronta un investigatore e Garavito crolla.
L’uomo gli parla del suo passato, gli ricorda le sevizie del padre, di come sia stato violentato da due uomini, della sua incapacità di convivere con il suo lato oscuro, di come adescava i bambini, li torturava, li violentava e li uccideva.
Gli ripropone i dettagli delle sevizie: una volta legate, le vittime vengono violentate. Poi, l’aguzzino le accoltella poco sotto il cuore e procede al taglio verticale che libera gli intestini. Quindi vengono i tagli sulle natiche, sulle mani e attorno alle costole, per poi recidere infine la testa della vittima ormai dissanguata.
Garavito si mette a piangere e confessa. Al giudice rivela che le sue vittime sono molte più di 118. Ha annotato tutto e, secondo i suoi calcoli, i bambini uccisi sono 142: gli omicidi, tutti segnati per numero, luogo e data, sono annotati con maniacalità in un’agenda sdrucita.
La narrazione che segue dura sette ore e fa accapponare la pelle anche ai ben navigati giudici e poliziotti colombiani che di atrocità ne hanno viste tantissime. Luis Alfredo racconta infatti i particolari del suo rito omicida, ripetitivo, ossessivo, con dovizia di particolari.
Mauricio Arangurén, un giornalista colombiano che lo intervisterà, racconterà turbato la sua esperienza: "nella mia carriera ho intervistato criminali, guerriglieri, banditi, paramilitari, rilevando sempre l’esistenza di un’etica anche nel più temibile di loro, un’etica discutibile però da rispettare. Garavito esula da ogni comportamento umano: non ho mai sentito tanta paura nella mia vita come quando sono rimasto chiuso in cella con lui".
La condanna per Luis Alfredo Garavito è quella più severa che si possa comminare in Colombia: 40 anni di carcere.
Intanto, la lista di resti ritrovati aumenta ed arriva a 180. Il metodo è quello di Garavito, ma lui dice di non sapere o di non ricordare. Per mancanza di prove contundenti non si può aprire un altro processo.
![Una foto del serial killer Luís Alfredo Garavito](http://www.latelanera.com/serialkiller/images/LuisAlfredoGaravito/luis-alfredo-garavito-07.jpg)
Luís Alfredo Garavito: la vita in carcere e il suo futuro da uomo libero
In carcere, "La Bestia", come ormai tutti lo chiamano, si comporta da detenuto modello. Studia, si iscrive all’università e ogni giorno di studio è uno in meno di carcere. Con la buona condotta riceve altri sconti di pena e alla fine la condanna risulta di 24 anni.
Vive in isolamento e deve cambiare spesso carcere perché quando si sparge la voce della sua presenza gli altri detenuti vogliono liquidarlo.
È diventato membro della chiesa evangelica pentecostale ed insiste nell’affermare che quando uscirà dal carcere farà il pastore, portando il Vangelo per le strade della Colombia.
Diverse organizzazioni stanno cercando di evitare che questo accada ed hanno aperto vari procedimenti processuali contro di lui.
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