Otaku

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Otaku Il termine giapponese "otaku" può essere tradotto genericamente come "la vostra casa" o più semplicemente "voi", se ci si rivolge ad uno sconosciuto.
Nello specifico, sotto questa denominazione, va catalogata tutta una generazione di giovani (e meno giovani) attratta da fumetti (nella fattispecie gli hentai manga, fumetti ad alto contenuto erotico-pornografico), videogames, bambole, uniformi e modellini.

Il termine fu introdotto per la prima volta in Giappone nel 1983 dall’umorista Akio Nakamori, il quale così intitola la serie: Otaku no kenkyū.
Come spiega Nakamori, “Otaku” è il termine usato dai nerd per indicare una personalità schiva, poco incline alla vita sociale, tutta dedita ad un ossessivo e maniacale collezionismo. Nel 1989 Nakamori applica il termine in questione, facendo espressamente riferimento al serial killer Tsutomu Miyazaki, quando venne alla luce la sua passione maniacale per gli hentai.

In una società come quella giapponese, passata istantaneamente da una grave situazione di crisi economica a una realtà altamente tecnologica ai limiti del post-moderno (senza conoscere fasi intermedie), il fenomeno Otaku non è solamente una codificazione in chiave sociale dell’inanimismo e del solipsimo patologico caratterizzante parte della nuova generazione, ma si richiama espressamente al paradigma educativo giapponese, che può essere riassunto nella formula: collezione = nozione (nozione, quindi conoscenza, quindi potere) e cioè avere tutto e sapere tutto della "cosa" in questione.

Il gioco viene quindi spogliato della sua componente ludica e acquista il valore di un feticcio da possedere a tutti i costi.
La questione si fa ben più complessa quando l’oggetto bramato dal collezionista-maniaco è qualcosa che fa parte dell’intimità di una persona e, nel caso specifico, della donna.

Nell’immaginario erotico giapponese, le joseito (le studentesse liceali vestite alla marinaretta, sullo stile di Sailor Moon), occupano largo spazio soprattutto nei soggetti più pericolosi e ciò assicura una fiorente compravendita di feticci femminili (come urina, unghie, assorbenti usati e flaconcini di saliva).

In conclusione l’Otaku non è affatto interessato ai tradizionali status symbol come i soldi, il sesso, la macchina o il vestito all’ultima moda, o ancora il conseguimento di una posizione sociale, sicura e in vista. Nel bisogno compulsivo di dover collezionare qualcosa, l’Otaku si aliena e si estranea dalla società, trascurando se stesso e gli altri. Si sente un ribelle perché crede di andare contro ciò che la massa gli dice di essere, (bello, fortunato in amore, ben visto in ambito lavorativo e, soprattutto, ricco) ma in realtà è il primo schiavo di una società costituita.
Questo, in conclusione, è il mondo di Tsutomu Miyazaki.


Otaku
Articolo scritto da: Alessandro Nespoli
Pubblicato il 15/03/2010

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